Esperto di Calcio

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9 febbraio 2015

Il Diavolo ha imprigionato il Milan agli inferi

Sabato sera, allo Juventus Stadium, è andata in scena una classica del calcio italiano. Juventus e Milan si sono date battaglia, e la partita è stata persino meno brutta di quanto ci si potesse aspettare. I rossoneri, che stanno facendo un campionato a parte rispetto ai rivali torinesi, non si sono chiusi. Memori dell'andata, dove fecero muro, hanno provato a giocarsela. Linea difensiva alta, attacco veloce e nessun punto di riferimento. Sulla carta la partita era ben preparata ed a livello di gioco, rispetto alle ultime uscite, il Milan non ha fatto male.
Poteva finire tutto lì, con un onesto 3-1 sul campo e la consapevolezza che, giocando così, i risultati sarebbero migliorati. E invece, nell'immediato post-match, il patatrac. Galliani scende in campo e attacca la Juventus e l'arbitro, rei di aver viziato il risultato. Ma non solo, i bianconeri vengono anche accusati di "manipolare le immagini", mandando in onda fotogrammi truccati ed oscurando la verità. In studio, tutti basiti. Ma si pensa che sia la solita boutade post-partita, destinata a sgonfiarsi.
E invece il Milan rincara la dose, twittando dal suo profilo ufficiale una dura accusa alla Juventus.

La prima risposta a Galliani arriva da Sky, che si sente parte in causa. La spiegazione di Fabio Caressa, commentatore di quel match, è di un'efficacia disarmante.
"C’è stato un tweet del Milan che dice che la linea tracciata da Sky in questo caso, non dalla Juventus, non sarebbe parallela. Guardate il taglio dell’erba: il taglio dell’erba è parallelo, ma non è parallelo nell’immagine, perchè la linea parallela si muove. L’ho spiegato a mia figlia, che però fa le medie, quindi non è difficile: questa si chiama prospettiva. Produzione tecnica significa la produzione tecnica televisiva, ovvero posizionare le camere, mettere le camere e i cameraman. Poi sono i broadcaster che forniscono i registi, 6 Sky, 3 Mediaset, RTI e uno Rai per le 10 partite del campionato. Il regista, per esempio, ieri era un regista Sky, non è quindi la Juventus che sceglie o non sceglie di mandare quelle immagini, come non è il Milan che sceglie di mandare o non mandare immagini quando la partita è prodotta in casa del Milan. Mi sorprende che questa cosa non si sappia, forse c’è stata una distrazione. Il posizionamento delle camere è scelto all’inizio dell’anno ed è approvato dalla Lega, quindi sanno dove sono le camere, perché c’è un documento che viene approvato all’inizio dell’anno: allo Juventus Stadium le camere verranno posizionate così. I l problema fondamentale è che serve un organo terzo su queste cose. Se la Lega si mette in testa di essere un organo terzo, con un presidente di Lega che fa il commissioner e quando litigano c’è uno della Lega che dice è così o non è così. Oppure se continuano a litigare tra di loro in continuazione, serve che la produzione la faccia un altro, perché non sono in grado di stabilire loro, tra di loro, chi è terzo".

I bianconeri, rinforzano il concetto con un comunicato duro e a tratti umiliante, forse addirittura eccessivo. Ma dietro c'è molto di più che una sterile polemica, ci sono anni di malumori fra le idee di Agnelli e dello stesso Galliani, che è riuscito ad imporre il suo volere per quanto riguarda la vendita dei diritti televisivi e l'elezione di Carlo Tavecchio come presidente della Lega Calcio.

Ciò che mi preme analizare, e che ad oggi non ho ancora letto da nessuna parte, è il motivo per cui Galliani ha avuto un'uscita del genere. Prendete le mie parole col beneficio del dubbio, perchè è una teoria personale.
Penso fortemente che l'attacco del plenipotenziario rossonero sia stato fuori luogo e umiliante per il Milan e i suoi tifosi. Non voglio nemmeno pensare che Galliani non sapesse che le immagini fossero di proprietà di Sky e non della Juventus. Lo sapeva benissimo, e questo rende il suo sfogo ancor più triste. Ha usato questo gretto escamotage per evitare di parlare di calcio, di risultati. Sarebbe difficile giustificare agli occhi dei tifosi l'ennesima sconfitta, anche se l'unica che anche il più ottimista dei milanisti aveva messo in conto.
Cinque punti nelle ultime sette partite sono un bottino che persino chi deve salvarsi riterrebbe basso. Difendere Inzaghi, dopo aver cacciato Allegri e Seedorf, è difficile. Piuttosto che farlo, come sarebbe giusto fare se il Milan ha in Inzaghi il suo presente e il suo futuro, si sposta l'attenzione altrove. Questo è qualunquismo prima ancora che disinformazione. E se la tanto auspicata moviola in campo ti zittisce (regolare il goal di Tevez, tenuto in gioco da Zaccardo; irregolare quello di Antonelli su corner, la palla non era uscito del tutto), ma ciononostante non arretri di un millimetro, allora c'è più di un problema. Ed è una questione di mentalità e onestà intellettuale.

L'atteggiamento di Galliani mi ha reso triste davvero. Ho avuto l'impressione che Galliani abbia cercato in ogni modo di prendere in giro i tifosi. Ha cercato di circuirli, veicolando la loro frustrazione in un risentimento verso la classe arbitrale, il sistema calcio e un odio sportivo verso l'avversario. L'attacco alla Juventus, molto di moda, è stato l'ennesimo tentativo di nascondere sotto il tappeto le proprie magagne, guadagnando tempo. Tutto questo è scoraggiante, tanto per il calcio italiano quanto per il Milan. E non sto parlando di una squadretta, ma di uno dei cinque-dieci club più importanti del mondo. Povera Italia, poveri noi.

6 febbraio 2015

Storie di calcio: Matt "Le God" Le Tissier

Ci sono storie di calcio che ti appassionano ed emozionano, anche se non parlano di campioni che hanno lasciato un segno indelebile nella storia di questo magnifico sport. Una di queste, almeno per me, è la storia di un ragazzo britannico, nato e cresciuto nell'isola di Guernsey. Ed è proprio da qui che inizia e finisce la storia di Matthew Le Tissier, meglio conosciuto come "Le God" dai tifosi del Southampton.

Le Tissier comincia a gicoare sull'isola di Guernsey, diventando ben presto una celebrità nell'amatoriale campionato locale. Matthew, che fin da giovane ha avuto una forte propensione alla bella vita, non pensa al suo futuro o alla sua carriera, vuole solo divertirsi in campo. E di talento, classe, ne ha da vendere. L'Oxford United lo nota, ma il ragazzo decide di declinare l'offerta e continuare a dispensare calcio sull'isola, dove nemmeno maggiorenne è un idolo. A 17 anni è la sua squadra del cuore a chiamarlo, ed al Southampton non si può dire di no.
Le Tissier si trasferisce nell'Hampshire nel 1985, stringendo un patto perenne con i Saints. Da quel giorno in avanti, infatti, la sua vita sportiva e calcistica sarà sempre e solo a tinte biancorosse, perchè vincere e guadagnare non rientrano nei suoi obiettivi.

Nella mia vita ho visto tantissimi grandi giocatori, talenti cristallini in grado di cambiare il volto a una partita. Le Tissier entra a pieno titolo in questa categoria, madre natura lo ha dotato di colpi da fuoriclasse vero. A livello di estro e fantasia Le Tissier è sicuramente nella top ten di tutti i tempi, l'unico suo neo era la continuità.
Il The Dell si innamora di lui nel 1986, quando appena maggiorenne schianta il Manchester United con una doppietta, sancendo la fine dell'esperienza di Ron Atkinson sulla panchina dei Red Devils. Una doppietta che entra di diritto nella storia del calcio, perchè se Alex Ferguson diventa Sir. Alex lo deve anche a Le Tissier, che da quel giorno assurge a idolo dei tifosi dei Saints.

Vive il primo quinquennio con il Southampton fra luci e ombre in First Division, per poi prendere la squadra per mano a inizio anni '90 e portarla dove deve stare, in Premier League.
I numeri basterebbero a definire quanto Le God, come hanno iniziato a chiamarlo da queste parti, sia decisivo. Numero 7 sulle spalle e testa sempre alta, Le Tissier non gioca a calcio, dispensa felicità. I suoi dribbling, i suoi colpi di tacco e le sue reti sono talmente belle da non riuscire nemmeno a pensarci. Gli ho visto fare delle cose che un calciatore normale non riuscirebbe nemmeno a pensare, immaginare.



United, Chelsea e Tottenham, le grandi d'Inghilterra, bussano alla porta del Southampton e sono pronte a ricoprire d'oro i Saints e Le Tissier. Ma Matt non vuole sentirne a parlare, a costo di guadagnare di meno o non avere l'occasione di indossare la maglia della Nazionale.

Definito spesso e volentieri "pigro e svogliato" in allenamento, Le God è stato accomunato ad un altro grande estroso centrocampista britannico, nemmeno a dirlo Paul Gascoigne. Ma la differenza fra "Gazza" e Le Tissier è abissale, totale. Gascoigne era davvero un pazzo scriteriato, capace di numeri da antologia ed un momento dopo una follia. Le  Tissier, invece, era semplicemente un anarchico del pallone, un numero dieci fuori dagli schemi. E infatti, nonostante la classe del miglior fantasista, ha sempre rifiutato di mettere sulle spalle la 10 in favore della numero 7 di un altro immenso e indimenticabile campione, George Best.

Le Tissier è la risposta perfetta a chi sostiene che in Inghilterra il calcio sia solo fisico e fatto di traversoni e lanci lunghi. Certo, la mentalità inglese è diversa da quella spagnola, ma anche loro hanno talenti cristallini, capaci di dare del "tu" al pallone in qualsiasi circostanza. Il problema è che spesso, a grandi livelli, vengono accantonati in favore di giocatori dinamici, capaci di farsi sentire in campo. Ma non è questo il calcio che amo e che amiamo.

3 febbraio 2015

L'isteria del mercato invernale, un classico italiano

Un'altra sessione di mercato è andata in archivio. Come quasi sempre capita in inverno, a farla da padrona è stata la frenesia. Le squadre maggiormente in difficoltà hanno cercato le soluzioni migliori per aumentare la qualità senza sforare il budget. Il mercato che ne è scaturito è stato strano, a tratti incomprensibile dal mio punto di vista. Tutti hanno fatto qualcosa, ma molti non si sono fatti condurre da un filo logico serio, pensando in prospettiva futura.

Partiamo dalle prime piazze del nostro campionato. La Juventus di Allegri e Marotta non ha praticamente fatto nulla. Forte del vantaggio acquisito e degli ottavi di Champions già in tasca, la Vecchia Signora non ha investito pesanti cifre sul mercato. I tifosi, che sotto l'albero di Natale si aspettavano nomi come Sneijder e Shaqiri, si devono accontentare del prematuro approdo a Torino di Sturaro e del ritorno di Matri, preso in prestito gratuito per sostituire il partente "nababbo" Giovinco. Gli acquisti più importanti, però, sono stati messi a segno per giugno, quando in bianconero arriveranno Rugani, Zaza e molto probabilmente Berardi, tre dei prospetti più interessanti del nostro calcio.

La Roma di Garcia, che ha più volte dichiarato che lo Scudetto se lo cucirà sulle maglie, ha invece adottato una strategia molto diversa. Sabatini ha provato a migliorare la rosa fin da subito, sgravando le casse capitoline dall'ingaggio pesante di Borriello e facendo cassa con la cessione di Destro e del baby talento Jedvai. Garcia si ritrova ora con due nuove punte, il possente Doumbia e la freccia nera Ibarbo, per i quali fra costo del prestito e riscatto saranno investiti altri 30 milioni di euro. Spolli, Mendez e Pepin sono ad oggi il solo contorno alle grandi operazioni, che francamente lasciano da pensare. Investire 60 milioni di euro fra Iturbe, Doumbia e Ibarbo, non è stata una mossa vincente. Il mio è un parere del tutto personale, ma credo che con quella cifra si potessero prendere giocatori più decisivi, in Italia ed in Europa. Ai posteri l'ardua sentenza.

Il Napoli si è mosso invece con grandissimo anticipo. De Laurentiis è stato il primo a comprare ed il primo a fermarsi, regalando a Benitez Strinic e Gabbiadini. Al solito colpi mirati, per puntellare la difesa, orfana del lungodegente Zuniga, e l'attacco, che ha perso da alcuni mesi lo scugnizzo Insigne. Oggettivamente non solo acquisti che cambiano il volto della squadra, ma rinforzano un gruppo già solido e coeso. La strategia è quella giusta, perchè, a gennaio si tampona, non si costruisce.

Una filosofia che forse non è condivisa in quel di Milano, dove l'Inter e il Milan hanno messo in piedi una mezza rivoluzione per salvare una stagione iniziata con grandi proclami. L'obiettivo terzo posto, sbandierato dalle due proprietà, sembra oggi una chimera. Per esorcizzarla i rispettivi direttori sportivi hanno messo mano al portafogli e alla fantasia per rinforzare le rispettive compagini.
L'Inter è tornata quella dei tempi morattiani. Il ritorno di Mancini ha scatenato Tohir, poco incline ad investire con Mazzarri in panchina. E allora ecco approdare sulla sponda nerazzurra del Naviglio Podolski, Shaqiri, Brozovic ed il figliol prodigo Santon. Solo all'ultimo sfumano Rodholfo, Rolando, Diarra e Ledesma, a conti fatti una bella fortuna per l'Inter. La domanda vera è, come verrà finanziato il mercato di giugno? Secondo me con la cessione di Icardi, ma è solo una ipotesi.
Il Milan, che di soldi ne ha invece meno, ha puntato sulla solita abilità di Galliani. Cerci arriva in prestito in cambio di Fernando Torres, un ectoplasma in rossonero ed ora in ripresa a Madrid. Destro viene ingaggiato con la possibilità di pagare a giugno, Antonelli è il solito inspiegabile regalo di Preziosi, Paletta e Bocchetti arrivano a prezzo di saldo. Rapporto qualità-prezzo nemmeno così male, ma basterà a risanare una squadra alla deriva?

La Sampdoria, che tanto bene sta facendo, ha attuato una strategia poco chiara. Nonostante i tanti punti, Ferrero ha dato via ad una vera rivoluzione. Giusto cedere Gabbiadini, ecco il talentuoso Muriel ed il vecchio leone Eto'o, subito protagonista di un feroce screzio con Sinisa Mihajlovic. Munoz e Acquah a prezzo di saldo sono due tasselli in più per i "marinai", ma i veri colpi sono i giovani Correa e Bonazzoli, pronti a spiccare il volo nei prossimi anni.
Tutte queste operazioni sono finanziate dal Bologna di Tacopina, che ha fatto la spesa a Genova: Krsticic, Gastaldello, Sansone e Da Costa.

La Fiorentina, come ho scritto giorni fa, ha fatto un buon affare con Cuadrado. Diamanti e Salah non faranno rimpiangere il colombiano, dando alla "viola" la possibilità di investire pesantemente in estate, quando si delineerà meglio il futuro tecnico della squadra e si capirà se Pepito Rossi sarà ancora un giocatore su cui puntare forte.
Per il resto tanti movimenti e scarso interesse, perchè a gennaio la squadra non la puoi cambiare, la puoi forse migliorare o rinforzare, ma di sicuro non trovi l'affare della vita al prezzo conveniente.

Fra tutti i nomi che sono stati fatti, però, i direttori sportivi italiani non sono riusciti a cogliere alcuni affari interessanti che sono andati in scena in giro per l'Europa. Penso a Fletcher, che lo United ha svincolato e che si è accasato al West Bromwich Albion. Ma anche a Lennon, svenduto all'Everton, e soprattutto a Lucas Ocampos. Il gioiellino del Monaco è approdato all'Olympique Marsiglia, che ha tutte le intenzioni di provare fino alla fine a soffiare il titolo al PSG ed al Lione. Anche questo è il mercato di gennaio, gioie e dolori, speranze e insoddisfazioni.

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