Esperto di Calcio

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31 luglio 2013

Le parole di Conte, le lacrime di Mazzarri ed il clima rovente

Dopo tanto silenzio, è tornato. Antonio Conte si toglie qualche sassolino dalla scarpa, rispondendo alle provocazioni di Guardiola e Mazzarri.

Nel giorno del suo quarantaquattresimo compleanno, Antonio Conte si è concesso ai cronisti nel ritiro americano dei bianconeri, rilasciando rumorose dichiarazioni, riportate stamane da tutti i quotidiani. Ecco quanto evidenziato da Tuttosport:

"AUMENTATE LE PRETENDENTI AL TITOLO" - "Il mercato prosegue e cambiano gli equilibri? Sì, stanno cambiando i valori dei club, come avevo detto in precedenza. Le squadre sono in evoluzione. Il numero di pretendenti al titolo è aumentato. Ci sono sempre le tre storiche: Juventus, Milan e Inter, che per tradizione e blasone sono obbligate a puntare a vincere senza se e senza ma. Poi Napoli, Fiorentina, le due romane".

"I VECCHI DEVONO DARE L'ESEMPIO. IMPRESSIONATO DAI NUOVI ARRIVATI" - "Buffon ha parlato di insidia da senso di appagamento? E’ la paura che deve accompagnarci per tutto l’anno, tenerci svegli, sul pezzo. Si tratta di un messaggio che deve arrivare da parte mia, da parte della società, da parte dello zoccolo duro, dunque dei ragazzi che sono con me da anni come appunto Buffon. Non saremmo in sintonia se qualcuno sentisse di avere la pancia piena e, si sedesse sugli allori. Mi fa piacere che il capitano abbia parlato così. Lui e gli altri ragazzi che hanno fatto la storia recente della Juve dovranno dare il buon esempio e trascinare i nuovi arrivati: ecco perché con loro sarò feroce! Nuovi arrivati che comunque mi hanno impressionato. Avevo sentito parlare tanto di Tevez, anche cose meno positive. Ma chi le diceva evidentemente non conosceva bene il ragazzo: disponibile, eccezionale, sta lavorando molto. E’ un piacere vedere lui che si allena, così come Llorente che è un atleta esemplare e Ogbonna».

"L'INTER DEL TRIPLETE NON HA COSTRUITO NULLA" - "La 'crisetta' con la società di qualche mese fa è acqua passata? Ma in realtà non c’è mai stata una crisetta. Semplicemente è doveroso, ogni fine anno, che ci sia un confronto e ci si ascolti. Con il presidente, con Marotta, con Paratici c’è sempre stato un rapporto limpido, infatti quando siamo usciti da quella famosa riunione abbiamo detto che la Juventus era pronta per continuare a crescere. E, attenzione, crescere è diverso da vincere: si può vincere e non crescere, come è successo all’Inter del triplete, ma a noi quello non interessa. Perché dopo l’anno del triplete, cos’è poi successo? Appunto... Dunque io preferisco costruire e crescere: a livello di risultati e a livello economico, cosa che in futuro può permettere di arrivare ad aprire di più il portafogli. Ora la disponibilità non c’è: per questo stiamo operando in maniera attenta, con tempestività. Finora abbiamo speso meno delle squadre che ho citato prima: noi abbiamo preso tre giocatori spendendo 22 milioni".

"NIENTE GERARCHIE, GIOCA CHI MERITA" - Questa è la miglior Juve che ho avuto a disposizione finora? Beh, è inevitabile che quando si apportano degli accorgimenti la situazione possa migliorare. Puntavamo ad alzare il livello di competizione interna, lo abbiamo fatto. La Juventus deve tornare a pensare in grande, quindi i calciatori devono sapere che solo chi merita gioca, senza corsie preferenziali. Qualcuno l’ha presa male? No, anche perché oggi non ci sono gerarchie. Quelle cambiano ogni giorno. Men che meno ci sno simpatie o antipatie: a me stanno simpatici quelli che mi fanno vincere".


"3-5-2 VESTITO MIGLIORE. 4-3-3? MI MANCA L'ESTERNO..." - "Qualche novità tattica in vista? Ho fatto tanti allenamenti a porte chiuse perché a livello didattico dovevo 'accompagnare' i nuovi giocatori, prenderli per mano. Se ci sono 3mila persone sugli spalti è più difficile. Quanto alla tattica: a me di base interessa che siano ben radicati i nostri principi di gioco, posseso, alta intensità, coralità di manovra, equilibrio. Il 3-5-2 attuale al momento mi sembra il vestito migliore. Il primo anno abbiamo fatto anche il 4-3-3, ma in questo momento non ho l’esterno destro, dunque... Qualcuno dice che sarebbe importante intervenire per colmare la lacuna? E’ inutile che io dica a voi, io ho espresso il mio pensiero a chi di dovere. Se ci sarà la possibilità interverremo, se no ci sarà l’obbligo di procedere con questo tipo di situazione".

"ALTRI ACQUISTI? CHIEDETE ALLA SOCIETA'" - "Altri acquisti? Vediamo, questi discorsi li dovete fare con la società. Per ora la priorità è fare determinate operazioni in uscita".

"ABBONDANZA A CENTROCAMPO? FALSO PROBLEMA" - A centrocampo starà fuori qualche Nazionale? Si riposeranno in vista dei Mondiali, mi ringrazieranno... Per me è un falso problema, più campioni ho e meglio è. Così favorisco la concorrenza, sarà importante resettare ciò che è succeso prima

"GUARDIOLA E' RIMASTO AI TEMPI DI BRESCIA" - "In Europa è aumentato il gap con le big? Lo scopriremo, ma so che noi abbiamo fatto un grandissimo lavoro: in questi tre anni abbiamo vinto rimettendo i conti a posto. E non bado a certe fesserie di chi dice che sono stati spesi tanti soldi! Da quando sono alla Juve, il gap tra entrate e uscite è stato contenuto. A partire dal mio primo anno, quando abbiamo vinto lo scudetto inserendo pochi giocatori, tra cui Pirlo a parametro zero. E in quel campionato c’era il Milan di Ibrahimovic, c’era il Napoli dei tre tenori. Nella mia gestione non sono mai stati spesi tanti soldi. Altri dicono che la Juve è solida, che può investire... Persino Guardiola che sta al Bayern lo dice, ma si vede che è rimasto ai tempi del Brescia. In realtà, per noi, vale il principio dell’anno zero: nel senso che tra entrate e uscite la somma deve fare zero. Almeno fin’ora. Chi non l’ha capito, è meglio che guardi in casa propria. Se mi riferisco a qualcuno? Mah, io dico solo che a volte qualcuno dà fiato alle trombe solo per mettere le mani avanti, per coprire propri fallimenti".

LA LAZIO VUOLE VINCERE LA SUPERCOPPA? VEDIAMO CHI SARA' PIU' BRAVO" - "Calendario di A e vicenda Supercoppa lasciano intendere che tra i rivali della Juve c'è il Palazzo? Non capisco! Altro che stadio della squadra campione d’Italia o campo neutro, noi giochiamo in casa loro! Vabbè: loro dicono che vogliono vincere la coppa, vediamo chi sarà più bravo".

"TECNICO MANAGER? VOGLIO ESSERE PARTE INTEGRANTE" - "Se mi piacerebbe fare il tecnico manager? Semplicemente, io ho un bellissimo rapporto con Andrea e con la società. Mi viene illustrato tutto quello che si può fare, nel bene e nel male. Preferisco essere parte integrante delle decisioni che devono essere prese".

"IL MIO CONTRATTO VA BENE COSI'" - "Voglio un nuovo contratto? Penso che il contratto vada bene così, avrò ancora un altro anno. Come ho detto sempre, io alla Juve mi sento a casa. Se avrò stimoli andrò avanti, se invece capirò che mancano...".

Come si nota facilmente, l'unica polemica un pò aspra è con Mazzarri. Non poteva essere altrimenti, specie se si guarda alle spese fatte dalle due società. La Juventus ad oggi ha speso circa 30 milioni di euro e ne ha incassati 22. I nerazzurri, invece, ne hanno spesi 23 e incassati 6. Difficile prevedere un mercato roboante da qui a settembre, ma una cosa è certa: parlare di tanti soldi da spendere per la Juventus fa ridere. Nell'ultimo triennio, complici gli errori madornali fatti nella gestione Secco-Blanc, il mercato della Juventus non è stato roboante, anzi. I giocatori che hanno cambiato il volto alla squadra sono arrivati a zero o ad una manciata di milioni: Pirlo, Pogba, Vidal, Tevez, Llorente, Barzagli. Il più caro è stato pagato 12 milioni di euro, meno di quanto è costato Icardi quest'anno. Certo l'argentino è un classe '93 e potrebbe fare grandi cose, grandissime, però di qui a parlare di grandi investimenti sul mercato ce ne passa. Guardare in casa propria sarebbe più saggio, un pò come faceva Conte al suo primo anno. Le dichiarazioni son sempre state: "Noi andiamo in campo per vincere, sempre. Consapevoli che ci sono squadre più attrezzate (Milan) di noi, ma come minimo vogliamo il terzo posto". E quando era chiaro che si lottava per il titolo, nessuno a Torino si è tirato indietro. Iniziare già a parlare di campionato duro, di squadre economicamente più forti, di tempo...puzza di bruciato. Sembrano le dichiarazioni di Del Neri e Ranieri in bianconero, e tutti sappiamo l'amaro finale che hanno avuto quelle stagioni, per squadra e tecnico.

Danilo Cataldi - 1994 - Italia

Fantagazzetta regala un articolo di spessore. Ylenia Marino da una mano a noi amanti dei giovani presentando uno dei ragazzi più interessanti del panorama italiano: Danilo Cataldi.
Classe '94, il mediano biancoceleste ha un roseo futuro davanti a sè, a patto che stia con i piedi per terra e segua le indicazioni dei compagni più esperti e di mister Petkovic.
Conosciamolo meglio:

Penna e foglio alla mano per appuntarvi un nome: Danilo Cataldi. Centrocampista che milita nella Lazio Primavera e che potremmo vedere quest’anno, in qualche sporadica occasione, con la prima squadra. Infatti, Vladimir Petkovic da buon osservatore non si è lasciato sfuggire il giovane, lo ha scelto e se l’è portato in ritiro con i big sotto Le Tre Cime di Lavaredo. Al fianco di Klose, uno dei suoi miti insieme a Messi e Roger Federer (è un appassionato di tennis), non potrà che crescere bene.

La carta d’identità dice: romano di Roma, nato il 6 agosto del 1994, alto 180 cm per 70 kg di peso. Caratteristiche particolari? Aveva già il pallone tra i piedi al momento della nascita. Ragiona già da uomo e non da ragazzo e ha anteposto l’amore per la sua squadra, la Lazio, ai soldi. Sì, ai soldi perché in passato è stato corteggiato dalle due squadre di Manchester (sia lo United che il City). Dopo aver parlato tanto con tanto con papà Francesco e mamma Patrizia, ha deciso di rimandare la proposta al mittente restare in biancoceleste, nella sua amata città, per vincere lo scudetto con quei colori indosso e per crescere nel suo club. “Sono sicuro, resto qui contento e felice” queste le parole del piccolo uomo che a diciassette anni si è trovato a prendere la prima decisione importante della sia vita. Quanti avrebbero avuto il coraggio di rifiutare due club così importanti? Pochi, davvero. Lui è voluto restare per togliersi le sue soddisfazioni e far volare la Lazio più in alto possibile. Danilo ha iniziato la sua carriera nel club locale dell’Ottavia calcio a soli 4 anni. Nella stagione 2006-2007 viene notato dagli osservatori biancocelesti che lo aggregano al gruppo delle giovanili Lazio.

Con le debite proporzioni era, forse, dai Alessandro Nesta e Marco Di Vaio che nel settore giovanile biancoceleste non si vedeva un talento di questo livello. In possesso di grandi qualità tecniche, Danilo è un centrocampista centrale con spiccate doti offensive e dal grande passo. E’ molto abile tecnicamente ed è dotato di un bel tiro dalla distanza. Dal punto di vista tattico è un giocatore molto duttile, un vero jolly, in grado di calciare sia di destro che di sinistro. Nasce come trequartista ma si adatta bene anche come mezzala in un centrocampo a 3. Ci sa fare anche con la palla al piede, con i dribbling ed è brav negli inserimenti. Costante nel rendimento, aiuta i compagni sia in fase d’impostazione che di difesa. A tutto questo unisce una grande visione di gioco che gli consente di essere un centrocampista completo a 360°, oltre che moderno.

Nella finale della Final Eight scudetto contro l’Atalanta ha trascinato la squadra alla vittoria, segnando una memorabile doppietta: il primo gol è arrivato su una splendida punizione, mentre il secondo è stato un tap in vincente in arera, stile bomber di razza. La grande finale disputata gli è valsa al numero 5 il premio Morosini come migliore in campo. Lui ha commentato così: “Ricevere il premio è stato fantastico, non me l’aspettavo”.

Il futuro? E’ sul taccuino di molti club di serie B, di Lega Pro, oltre all’estero (come detto sopra). Tutti farebbero carte false per averlo, ma la società sta prendendo tempo. Petkovic intanto lo studia: è uno dei candidati a salire in prima squadra da qui al prossimo anno. Un ragazzo straordinario, unico. Per carattere, per determinazione e per voglia. Non ha paura del futuro, punta dritto ai suoi prossimi obiettivi che sono già ben chiari. Un ragazzo d’oro in campo e fuori che può ancora crescere molto. Ha un contratto con la Lazio fino al 2015 con opzione fino al 2016. Lotito farebbe bene a non farselo sfuggire: un ragazzo come pochi, legato alla maglia che ama e dal futuro roseo.

30 luglio 2013

Zuniga, il rebus partenopeo: Napoli o Juventus?

Il mercato della Juventus si snoda in cerca dell'esterno, ma Conte è chiaro: i suoi non si toccano. Ecco le ultime mosse bianconere, riportate da Juvemania:

Ieri sera alla presentazione delle nuove maglie, prima dell’amichevole con il Galatasaray, Juan Camilo Zuniga è stato accolto da bordate di fischi al San Paolo di Napoli. Fischi che si sono ripetuti nella ripresa al suo ingresso in campo al posto di Callejon, e perfino al momento del gol del 2-1. Poi, però, appena il San Paolo intona “chi non salta juventino è”, Zuniga si mette a saltare e si riconcilia con la piazza. Cosa cambia quanto avvenuto ieri sera nella trattativa con la Juventus? Lo scopriremo in giornata, poiché è previsto molto probabilmente l’ultimo approccio tra le due società: il colombiano, nonostante il saltello (che eventualmente dovrà poi spiegare ai nuovi tifosi), ha già l’accordo con i bianconeri per un quadriennale da 2,5 milioni l’anno più l’opzione per un quinto anno. “Uno spazio operativo c’è”, ha detto ieri il dg della Juventus, Beppe Marotta, a Milano per il sorteggio del calendario 2013-2014. “Il Napoli, club con il quale abbiamo un buon rapporto, in questo momento dichiara Zuniga incedibile”, aggiunge il dirigente della Vecchia Signora, ben sapendo che se il Napoli opponesse muro contro muro, a febbraio Zuniga sarebbe bianconero a parametro zero. La proposta della Juve è sempre la stessa: sì allo scambio con Alessandro Matri, ma con conguaglio a favore dei bianconeri. No assoluto di Antonio Conte per Martin Caceres, jolly difensivo che piace molto a Rafa Benitez. Attenzione, però, anche all’Inter, che una volta incassato l’ultimo no proprio dalla Juventus per Mauricio Isla, potrebbe inserirsi all’ultimo istante e rompere le uova nel paniere.

Lo scambio alla pari con Matri, sarebbe follia. Per quanto l'attaccante sia cedibile, non può avere lo stesso valore di Zuniga, a maggior ragione se questo ha il contratto in scadenza. L'atmosfera, come sempre in questi casi, è tesa ma si risolverà nel giro di un paio di settimane. Cessione, rottura (svincolo a fine anno e fuori rosa?) o rinnovo. Alea iacta est.

Calendario pazzo, ma per il tricolore ci son 38 partite

Un calendario così non lo ricordo! Non parlo solo della Juventus, il cui inizio è a dir poco ostico, ma più in generale delle tante sfide interessanti che ci riserveranno le prime giornate del torneo.

Calendario Serie A Tim 2013-2014

Io l'ho sempre detto: chi vince lo Scudetto, su 38 partite, è la squadra più forte. Il calendario ha un peso, certo, ma non decisivo. A luglio non si può sapere chi sarà in palla e per quale ragione, ne chi e quando avrà un calo fisiologico. Ecco allora che il terribile inizio bianconero (Samp, Lazio, Inter, Toro, Milan e Fiorentina nelle prime 8) potrebbe diventare interessante per avere più energie da spendere in Champions. Quelle energie che potrebbero mancare al Napoli, forte di un inizio rilassante ma che si troverà a giocare sfide dure a cavallo fra novembre e dicembre (Fiorentina, Juve, Lazio e Udinese) proprio quando si decideranno le sorti del gironi di Champions.
O come il Milan, che iniziando la preparazione prima degli altri (per i preliminari di UCL) potrebbe avere un calo a dicembre, quando in un paio di settimane dovrà vedersela con la Roma e contro l'Inter.
Insomma, il calendario è tosto per tutti, perchè quest'anno la Serie A torna ai massimi livelli. Io penso che sulla griglia di partenza le squadre siano queste:

-Juventus
-Napoli
-Fiorentina

Seguite a ruota da Milan, Roma, Inter e Lazio. Le altre saranno lì a giocarsela, pronte a toglier punti preziosi a chi lotta per il titolo o l'Europa.

29 luglio 2013

Buffon da vero capitano: "Guai a distrarci se vogliamo continuare a vincere"

Tutti sull'attenti. E' un Gigi Buffon in formato capitano quello che parla dagli States. Il portierone bianconero, infatti, ammonisce tutto l'ambiente e sprona i compagni a non mollare. Per la Juventus, come si legge dalle pagine della rosea, sarà la stagione più dura di tutte.

I capitani della Juve, da sempre, non hanno bisogno di molte parole. Gigi Buffon ha raccolto magnificamente la fascia ed è capitano allo stesso modo: molti fatti, qualche parola. Ieri dalla California ha lanciato un messaggio importante: «Juve, attenta: questo sarà il campionato più difficile».

Buffon, la nuova Juve è più forte di quella che ha vinto due scudetti?

«Sicuramente sì. Sono arrivati giocatori che garantiscono ricambi di grandissima qualità e anche la squadra titolare è più competitiva».

Sorpreso dall’immobilismo sul mercato, almeno a livello di grandi nomi, di Milan e Inter?

«Il Milan era già competitivo, può essere protagonista senza colpi eclatanti. L’Inter ha fatto il più grande acquisto con Mazzarri e ha già una base di sei o sette giocatori importanti. Magari le vicende societarie bloccano un po’ il mercato, ma presto potrà tornare a vincere».

Il Napoli fa paura?

«In questi anni ha sempre fatto paura, perché aveva un ottimo allenatore e una società attiva. Adesso c’è Benitez, che stimo molto e che all’Inter pagò per colpe non sue».

Dopo due scudetti c’è il rischio della pancia piena?

«Ho tanta paura. Magari non proprio tanta, ma almeno un po’ sì. Conosco il calcio: vincere sempre è impossibile. Questo campionato sarà realmente più difficile e ci dovremo impegnare di più. Il rafforzamento delle nostre rivali può essere un aiuto perché ci costringerà a dare il massimo: è vero che sono partiti Jovetic e Cavani, ma la Fiorentina potrà schierare con Gomez e Rossi una coppia di livello internazionale e il Napoli non ha preso solo Higuain. Dobbiamo assolutamente evitare un appagamento che sarebbe umano, ma ci porterebbe alla sconfitta».

Naviglio di fuoco: nuovi scambi di mercato tra Milan ed Inter?


Mesi fa Esperto di Calcio aveva dedicato uno speciale sui bidoni nerazzurri di fine anni '90-inizio 00. La Gazzetta riprende il tema e tratta gli agghiaccianti scambi tra le compagini meneghine, dove da una parte all'altra del Naviglio son passati campioni e brocchi, per lo più fuoriclasse in rossonero e bidoni in nerazzurro.

La squadra che ha preso Pirlo dando in cambio Andres Guglielminpietro detto Guly, ora vorrebbe farsi dare Silvestre. Anche perché negli ultimi scambi (il Milan) ci ha sempre guadagnato, persino lo scorso anno, quando offrì Cassano più soldi per avere Pazzini. L'ex barese partì più forte del centravanti con cui aveva fatto coppia nella Sampdoria, poi ruppe con Stramaccioni, e probabilmente non solo con lui, vista la facilità con cui la società lo ha accompagnato a Parma, nell'affare Belfodil. E Pazzini cominciò a segnare, chiudendo con 15 gol, e un bel contributo a quel terzo posto per cui l'Inter dopo i primi tre mesi di campionato sembrava nettamente favorita.

TRAMONTI IN ROSSONERO — E quando il Milan ha preso giocatori a fine carriera, che non hanno lasciato tracce, lo ha fatto prendendoli a prezzo di saldo, puntandoci solo i soldi dell'ingaggio. Che, nel caso di Christian Vieri è stato pagato solo per sei mesi, contro i sei anni dell'Inter: 103 gol con in nerazzurri, uno solo con i rossoneri, prima di traslocare a Monaco. Sei mesi alla corte di Silvio Berlusconi anche per Alessandro Amantino detto Mancini, che alla Roma aveva segnato 28 gol negli ultimi tre anni, e in due e mezzo a Milano non ne fece neanche uno: l'Inter lo prese dalla Roma per 13 milioni di euro, prezzo scontato perché era vicino alla scadenza del contratto, dopo un deludente anno e mezzo lo girò al Milan in prestito, con la promessa verbale di un riscatto a fine stagione.

CASO FOSSATI — Andò talmente male che non ebbero il coraggio di farlo, per risarcire l'Inter a fine anno il Milan comprò tre giovani, pagandoli a caro prezzo. Tra questi Marco Ezio Fossati: cresciuto nel vivaio del Milan, a 15 anni passò all'Inter per fare i Giovanissimi Nazionali, dopo un grande Mondiale con l'Italia Under 17 si rifiutò di prolungare coi nerazzurri e tornò al Milan, per fare la Primavera. Lo scorso anno con l'Ascoli è stato votato come miglior giovane della serie B, se il Milan un giorno lo richiamasse non troverebbe più il suo idolo Pirlo ma Poli, l'ultimo degli ex nerazzurri finiti a Milanello.


IL FENOMENO — Il più famoso fu il Fenomeno, Ronaldo, quello vero: quando arrivò al Milan dal Real Madrid era la brutta copia di quello che si era goduto Moratti, ma la brutta copia di un Fenomeno resta comunque ben al di sopra della media, tanto che da gennaio a giugno segnò 7 gol in 14 partite, bottino tutt'altro che da buttare via. Poi si fece male di nuovo, gli saltò l'altro tendine rotuleo, e si chiuse una parentesi che i tifosi nerazzurri non hanno gradito più di tanto. Come dalla parte opposta non hanno gradito l'avventura di Leonardo sulla panchina dell'Inter, esperienza non memorabile, conclusa con una Coppa Italia (finale col Palermo) prima del trasloco in Francia, per fare il direttore sportivo del Paris Saint Germain.

METEORE — Poche polemiche e tante ironie aveva suscitato lo scambio tra uno straniero che aveva deluso le enormi aspettative e uno che veniva descritto come l'erede forse del più grande giocatore della storia del Milan: Seedorf all'Inter era un oggetto misterioso, Coco un ex nuovo Paolo Maldini in cerca di rilancio, chi ci abbia guadagnato è storia. Poche le tracce lasciate all'Inter dall'ex rossonero Helveg, scudettato col suo mentore Zaccheroni (altro che le ha girate entrambe, dando il meglio solo al Milan), Favalli passò dalla Lazio all'Inter che era già vecchiotto, e quando passò al Milan due anni dopo sembrava pronto per la pensione: giocò quattro anni, vincendo la Champions al primo tentativo, con tanto di Mondiale per Club. L'Inter portò in Italia West (senza sapere quanti anni aveva, ma questo venne fuori anni dopo), il Milan lo mandò via dopo sole quattro presenze, Dario Simic in rossonero si fermò sei anni, arrivato in cambio del turco Umit Davala, che con l'Inter non giocò mai.

BROCCHI, PRIMA E DOPO — Brocchi ci giocò una stagione sola, era cresciuto al Milan, che se lo riprese, tenendoselo stretto per sei stagioni. Poi è andato alla Lazio, ora che ha smesso di giocare ha iniziato il suo terzo ciclo al Milan, stavolta da allenatore delle giovanili. Prima categoria che gli è stata affidata, gli Allievi Lega Pro (o Regionali), i classe '98: il giocatore più forte di quell'annata è il famosoHachim Mastour, il 14enne che palleggiava con le ciliegie, preso dalla Reggiana, ma dopo che aveva giocato una mezza dozzina di tornei con l'Inter. E lì, curiosamente, ci sono state più polemiche che per tanti suoi predecessori ben più famosi.

28 luglio 2013

Formazione dei nuovi ruoli arbitrali per la stagione 2013/2014.

Il 02 Luglio 2013 sono stati definiti i nuovi ruoli arbitrali per la stagione sportiva 2013/2014, con le relative promozioni e dismissioni. Il numero di arbitri della serie A è rimasto invariato, con due nuove immissioni e due dismissioni. Da qualche mese trapelava la notizia che i due dismessi sarebbero stati il veronese Romeo e il leccese Giannoccaro, non internazionali, ai quali il presidente dell’AIA Nicchi non ha concesso la deroga per poter dirigere per un ulteriore anno nella massima serie. Ad entrambi sono stati assegnati ruoli dirigenziali: Romeo sarà componente della commissione CAN D, che si occupa della gestione dell’organico degli arbitri di serie D, mentre a Giannoccaro è stato addirittura assegnato il ruolo di commissario CAI, commissione che si occupa della gestione dell’organico degli arbitri interregionali di Promozione ed Eccellenza. I due nuovi immessi sono il pistoiese Irrati, 34 anni, ed il bassanese Tommasi, 37 anni. Irrati è sicuramente un arbitro di prospettiva, con grandi mezzi atletico tattici, e, se si saprà ambientare con velocità nella nuova categoria, può ambire alla nomina di internazionale tra due/tre stagioni sportive. Differente il discorso per Tommasi. Il veneto è un arbitro di sicura esperienza, avendo già diretto una ventina di gare di serie A, molte delle quali antecedenti alla scissione tra CAN A e CAN B. In serie B è stato un arbitro assolutamente all’altezza, dirigendo con polso e criterio tutte le gare più delicate della stagione, non ultima la finale playoff di ritorno tra Livorno ed Empoli. Il problema, a mio parere, è di futuribilità: Tommasi non ha più né l’età né il tempo a disposizione per ambire alla carica di arbitro internazionale. Sarà un arbitro di sicuro affidamento in serie A, ma non sarà mai designato per le gare di cartello, le quali sono assegnate agli internazionali. Personalmente avrei puntato su un giovane. Sul comasco Ostinelli, che paga la non felice direzione del caldissimo Sassuolo-Livorno, oppure sul brindisino Di Bello, che è stato l’arbitro CAN B più impiegato durante la stagione in gare di serie A. A dicembre inoltre è prevista la sostituzione di Bergonzi da arbitro internazionale, in pole per la sua sostituzione troviamo Guida di Torre Annunziata, che dovrà però mettersi alle spalle una stagione ricca di bassi e con pochissimi alti. Per quanto concerne gli assistenti, l’organico si riduce di una unità: sei promozioni e sette dismissioni. Un solo “normale avvicendamento” per prestazioni poco soddisfacenti, quello di Rosi di Gubbio. Le altre dismissioni sono imputabili al raggiungimento del limite di permanenza nel ruolo per gli assistenti non internazionali, quelle di Altomare di Molfetta e Viazzi di Imperia, oppure per il raggiungimento del limite di età dove lasciano due nomi eccellenti come lo spezzino Maggiani e il livornese Niccolai, seguiti da Giordano di Caltanissetta e Rubino di Salerno. Promossi dalla CAN B, Iori, Longo, Schenone, Stallone, Tasso e Vivenzi. Una piccola curiosità: quattro dei sei promossi sono ex arbitri di Lega Pro, che sono riusciti a calarsi con efficacia nel nuovo ruolo. Gli arbitri di CAN B invece vedranno aumentare di due unità l’organico: sette promozioni a fronte di cinque dismissioni, necessità dettata dal domenicale impiego come arbitri addizionali in serie A. Domenico Messina, commissario CAN B, ha silurato il primo anno Castrignanò e gli esperti Giancola, Palazzino, Tozzi (dismesso a domanda) e Velotto. Saranno sostituiti con gli arbitri della CAN PRO proposti dal commissario Stefano Farina, il quale continua a proporre un mix di arbitri giovani (i secondi anni Chiffi e Ghersini) e arbitri esperti (Aureliano, Bruno, Maresca, Minelli e Saia). Ultimo pensiero dedicato alla nomina dei commissioni arbitri nazionali. Confermato Braschi alla CAN, Messina alla CAN B, Farina alla CAN PRO, alla CAN D al posto di Serena arriva Pacifici dalla CAI a dare continuità al progetto di crescita dei giovani arbitri, molti dei quali hanno già avuto Pacifici come commissario, mentre alla CAI come ben sappiamo è stato nominato Giannoccaro. Nicchi a mio parere non ha sbagliato con le nomine dei commissari, ma si è sbizzarrito con la nomina dei componenti delle commissioni: un rimpasto tra vecchie conoscenze che si scambiano poltrone di commissioni con pochissimi visi nuovi a portare novità. E’ il dazio da pagare per avere i voti necessari per poter essere il presidente dell’AIA. Non parlo del settore tecnico, pieno di carneadi inidonei alla formazione tecnica arbitrale. Che dire, tutto il mondo è paese. Anche nell’Associazione Italiana Arbitri.

Ljajic pensa al mercato. Il Milan pensa a Ljajic, ma io lo vorrei a Torino

Sirene rossonere sempre più evidenti per Adem Ljajic. Il serbo, rivelazione della scorsa stagione, fatica a trovare la serenità necessaria. Vincenzo Montella lo ha detto senza mezze misure: "Le sue qualità le conoscete, avrebbe ancora bisogno di crescere. Poi ci sono delle situazioni di mercato. Noi per lui siamo disposti a tutto ma negli ultimi giorni ho visto un po’ di conflitti in lui. Finché lo vedo sereno è a disposizione ma se non mi dà garanzie di serenità, vista la giovane età, è un altro discorso". Il serbo non è sceso in campo nel test contro i greci.

Montella ha parlato anche del suo rinnovo e del portiere Neto: "Il contratto? L’altra volta feci una battuta. Resto fino al 2017? Dobbiamo ufficializzare, sapete tutto meglio voi (ride, ndr). Neto resta? E' il portiere della Fiorentina, così come Munua. Abbiamo due portieri titolari perché le competizioni sono importanti. Abbiamo anche Lezzerini che deve crescere e Lupatelli d’esperienza. Poi se mi dessero Buffon…”.


Da juventino spero davvero che il classe '91 non vada a Milano. E' un giocatore davvero forte, la cui unica pecca sta in un carattere fumantino (vedi la querelle con Delio Rossi e le difficoltà a rinnovare il contratto con la squadra a cui deve tutto). Alla Juventus? Magari, perchè i talenti (soprattutto giovani) io li vorrei sempre in bianconero

27 luglio 2013

Milan, tutti vogliono Petagna e Cristante. Ma Galliani..

Assalto al Milan. Si potrebbe definire così la serrata corte che i club europei stanno facendo verso due gioiellini rossoneri, come riporta il portale calciomercato.com:

Due talenti classe 1995, promossi dalla Primavera alla Prima squadra. Galliani è stato di parola, il Milan del presente e del futuro, anche per ragioni di bilancio, fa rima con linea verde, ecco perchè non sorprende la scelta di far fare il salto tra i grandi a Bryan Cristante e Andrea Petagna, un anno dopo il lancio di El Shaarawy e De Sciglio. I due 18enni nel Trofeo Tim hanno dimostrato di saperci fare, soprattutto dal punto di vista della personalità. Crtistante si è mosso bene come play davanti alla difesa, mettendo in mostra una buona visione di gioco, Petagna ha fatto a sportellate con difensori più esperti, facendosi sentire anche in zona gol.

In casa Milan c'è la forte convinzione che non resteranno sogni di mezz'estate. Se ne sono accorti anche fuori da Milanello, non solo in Italia. Petagna, come confermato dal suo agente Giuseppe Riso, ha ricevuto offerte da Barcellona, Real Madrid, Chelsea ed Amburgo, Cristante ha richieste in Inghilterra e Italia, soprattutto da Catania, che cerca l'erede di Lodi, passato al Genoa. Galliani ha sempre detto no, Petagna e Cristante restano a disposizione di Allegri, che avrà il compito di valorizzarli.


Mesi fa Esperto di Calcio li aveva schedati e potete ancora trovarli nella sezione "Profili", una soddisfazione che oggi le big d'Europa li seguano alacremente.

Viola piglia tutto: è il turno di Nainggolan?

I Della Valle non si vogliono più fermare. Dopo gli innesti di Gomez, Ilicic e Joaquin, i fratelli marchigiani vogliono regalare un altro tassello al tecnico Montella. Si tratta di Nainnggolan, centrocampista che smuove il mercato come una scossa di terremoto. Dopo Inter e Roma anche la Viola punta il giocatore belga di proprietà del Cagliari, come riporta la Gazzetta:

La Fiorentina, messa in stand-by la pista Verratti, sta valutando Nainggolan, fino a qualche settimana fa il centrocampista più conteso del mercato. La Roma si è ritirata con l'ingaggio di Strootman, l'Inter c'è ancora, specialmente se Thohir mettesse le mani sul club in tempi brevi, la squadra viola sta provando ad inserirsi, offrendo Romulo (gradito al Cagliari), forse Cassani e il prestito del polacco Wolski, oltre a un robusto conguaglio.

26 luglio 2013

Suarez minacciato di morte. Luis, ascolta me: lascia Liverpool

Quando il calcio diventa pazzia. Minacce di morte a Suarez, ma questo non è sport. Questa è solo ignoranza e follia, come quella che portò il "tifoso" di Steffi Graaf ad accoltellare Monica Seles durante un incontro di tennis, ormai qualche decennio fa.
Ecco la news riportata dai media britannici e ripresa da quelli nostrani: brutte notizie per Suarez: il Liverpool fa muro. Nega che ci sia una clausola che obbliga alla cessione oltre i 40 milioni di offerta (lo scrive il Telegraph) e dà comunque un ultimatum all'Arsenal: scade la prossima settimana (secondo la versione dell'Express) anche se alla fine l'intera faccenda potrebbe finire con un arbitrato della Premier. Se non bastasse all'uruguaiano sarebbero giunte - via Twitter - minacce di morte in caso di addio al Liverpool per andare all'Arsenal. Lo scrive Star.
Fossi in Suarez prenderei armi e bagagli, mi trasferirei altrove ed esulterei come un pazzo sotto la Kop in caso di un goal ad Anfield Road. Non voglio fare di tutta l'erba un fascio, ma che i tifosi inglesi (i Reds soprattutto) non siano i più raccomandabili lo abbiamo capito da anni, purtroppo. Hooligans ed Heysel non si dimenticano, la morte non ha nulla a che fare con calcio, lo sport più bello del mondo.

AAA Vendesi bomber: Matri e Quagliarella sul piede di partenza

La Juventus deve vendere alcuni elementi. In avanti, ad esempio, sono ad oggi troppi gli uomini a disposizione di Conte, che potrebbe rinunciare a Matri e Quagliarella. Per i due bomber le richieste sembrano non mancare, come riporta da qualche giorno la rosea:

La Juventus vola negli Stati Uniti. Scatta di fatto l’operazione Supercoppa italiana. Da San Francisco in poi, Antonio Conte avrà infatti a disposizione l’intera rosa, Paul Pogba a parte, che si aggregherà al gruppo mercoledì prossimo. Partono invece oggi i vari Buffon, Pirlo, Chiellini, Marchisio, Barzagli, Bonucci, Giovinco e Caceres.
La prima partita americana è in programma mercoledì 31 luglio a San Francisco, contro l’Everton. Tre giorni dopo, a Los Angeles, sfida alla vincente di Real Madrid-Galaxy, quindi tutti a Miami per la fase finale della «Guinnes International Champions Cup», competizione alla quale prendono parte pure Chelsea, Inter, Milan e Valencia.
Convocati 30 giocatori. Resta a Torino Simone Pepe, che lavorerà a Vinovo con un programma personalizzato. Intanto, il Norwich continua a sondare Quagliarella, mentre l’Everton avrebbe mandato a Torino i primi segnali di interesse per Alessandro Matri. E su Matri potrebbe presto piombare il Napoli.

Di tutte queste voci, se devo essere onesto, credo poco al binomio Matri-Napoli, per due ragioni. In primis De Laurentiis non credo spenderebbe i 12-15 milioni cash per l'attaccante scuola Milan; il secondo riguarda invece la scelta di Matri. Che senso avrebbe passare dalla panchina bianconera a quella partenopea? Francamente nessuno, tanto varrebbe stare a Torino. L'Everton, invece, potrebbe essere una suggestione interessante per lui, come quando l'Inghilterra chiamò nientemeno che il duo Vialli-Ravanelli, freschi vincitori di tutto con la maglia bianconera.

25 luglio 2013

Marco Verratti dice "oui" al Psg per il rinnovo

Sembra giunto il definito "oui" di Marco Verratti al rinnovo con il Psg, ma...ecco cosa riporta la Gazzetta dello Sport:

L'agente di Marco Verratti, Donato Di Campli, sta incontrando il d.g. del Psg, Jean Claude Blanc. Si discute dell'adeguamento del contratto e intanto filtra subito un'indiscrezione: il Psg sarebbe disposto a inserire sul nuovo contratto del centrocampista una clausola di rescissione.

LO SCENARIO — Si pronuncerà ancora Verrattì con l'accento sulla i? Difficile dirlo adesso. All'orizzonte c'è un appuntamento che farà da spartiacque: a Parigi, l'agente di Marco Verratti, Donato Di Campli, incontra i dirigenti del Paris Saint Germain. Sarà il faccia a faccia decisivo per definire il futuro del centrocampista della Nazionale.

LA RICHIESTA — Su un punto non si scappa: Marco Verratti chiede al Psg un adeguamento contrattuale. E' questa la proposta che Di Campli porterà a Parigi, e dalla quale non intende fare nessuna marcia indietro. Verratti ha svolto un'ottima prima stagione a Parigi, e adesso chiede un riconoscimento.


PISTE ITALIANE — Dietro questo vertice, però, può aprirsi un suggestivo scenario di mercato. E' proprio Di Campli a svelare a Gazzetta.it che sul suo telefonino sono arrivate già le telefonate della Fiorentina e anche della Juventus. "Noi chiediamo l'adeguamento - ha spiegato Di Campli a Gazzetta.it - perché sul giocatore c'è la Fiorentina e anche l'interesse della Juventus". A questo punto, tutto lascia pensare che, domani, in caso di fumata nera col Psg, per Verratti si riaprirà la pista italiana con i due club in pole. Fiorentina e Juve sono pronte a inserirsi.

Il buono e il brutto del mercato: le 7 sorelle stanno tornando?

Un bell'editoriale firmato dall'amico Alfredo De Vuono, direttore di Fantagazzetta.

C'è (anche) del buono, in questa sessione di calciomercato. Nell'aria c'è un profumino, lieve ma riconoscibilissimo, di lenta e costante crescita. Certo, ci sono gli addii di tanti pezzi grossi del campionato, molti dei quali ancora generazionalmente appetibili. Ma dietro le cessioni di Jovetic al City e Cavani e Marquinhos al PSG c'è dell'altro: anzitutto il dato di fatto in base al quale, pur essendo sprofondati nella fase di magra, la nostra(na) Serie A è ancora in grado di accogliere e far crescere gioielli di assoluto valore internazionale.
In secundis, che questo loro valore è massimizzato rispetto alle disponibilità degli altri.

Cerco di spiegarmi. Vent'anni fa nessuno avrebbe mai pagato 70 miliardi (si, detta così fa sempre più effetto) alla Roma per un difensore 18enne che, detto tra noi - ed anche se dimostrasse di essere qualcosa in più d'una banale promessa - ne vale si e no la metà. Se non un terzo.
Discorso simile vale anche per Jovetic, per intenderci, che agli occhi di chi scrive è più che altro un talentuoso 24enne, dai piedi buoni ma con una discontinuità ed una fragilità che, non fosse per i tanti jump garantitigli da un certo tipo di ritorno mediatico, potrebbe esser paragonato ad uno qualunque dei tanti, farlocchi, eredi di Ronaldinho in Brasile o di Maradona in Argentina. Di Cavani, poi, ho già scritto: ed evito di ripetermi.

No, non è l'atteggiamento della volpe con l'uva. Anzi. E' quello di chi, perfettamente cosciente di quelle che sono le dinamiche attuali del calciomercato, realizza la diminutio tecnica della A, ma al contempo l'interfaccia una considerazione finanziaria: i nostri club adesso hanno finalmente capito come capitalizzare dalle cessioni eccellenti. Vendono a peso d'oro all'estero e scambiano a costo zero in patria. Il tutto, per fare delle condizioni al contorno imposte dalla crisi il fulcro d'una graduale ricrescita.
Così ha fatto il Milan, così potrebbe fare la Juve - che almeno due cessioni, ed anche di discreto valore, le farà -, così stanno facendo Roma, Napoli e Fiorentina. L'Italia che riparte dalle occasioni e dai saldi, oltre che dai giovani e dai reietti: questo è il campionato che ci mancava. Assalito da un fascino tutto diverso che, diciamocelo, è anche meno scontato agli occhi dello spettatore.

Ricominciare dalle certezze assolute, d'altro canto, sarà sì dolce e godereccia come sensazione, ma alla lunga rischia di stuccare al palato. La Serie A, adesso, è tutt'altra roba. E' un magma indistinguibile di novità da esplorare, di personaggi da scoprire, di campioni da ritrovare e scommesse da vincere.
E di storie nuove da raccontare. Quelle dei Kakà, Eto'o, Ibrahimovic, Zidane, Shevchenko, Cavani e Thiago Silva, d'altra parte, già le conosciamo a menadito. Fossero rimasti ad aeternum in Italia, in realtà, avrebbero ostruito la costruzione di altre storie, e non meno affascinanti, per intenderci.

Ripartiamo dai milioni degli sceicchi. Li stanno sperperando, nel 90% delle circostanze: fateci caso. E quasi sicuramente tra qualche anno si stancheranno irrimediabilmente anche del calcio.
La maggior parte dei calciatori che comprano - quasi fosse per soddisfare in quache misura il loro ego gigante ed ignorante - se non si rivelano dei flop senza rimedio, dopo poco chiedono d'esser lasciati liberi di tornare nel calcio che li ha lanciati, o comunque in quello che avrebbero preferito sportivamente, e che hanno rifiutato per questioni strettamente legate alle libagioni. E' ripartendo da questo inatteso flusso in entrata che, misto all'esperienza in ambito giovanile che stiamo maturando, torneremo a dare lustro al nostro calcio. E' una necessità, ma anche un'opportunità.

Anche perché, nel frattempo, non stiamo neanche faticando a costruirci noi, in casa, i top-player. I Gomez, i Balotelli ed i Tevez che chiedono di ripartire da Firenze, Milano e Torino non sono una casualità; così come non lo sono i Callejon, i Mertens e gli Albiol che scelgono Napoli per abbracciare un progetto ambizioso.
Così come i Pogba, gli El Shaarawy, gli Insigne, i De Sciglio, e - mettiamocelo dentro, sognando un suo ritorno nel Belpaese - i Verratti che, ancora giovanissimi, rappresentano delle fulgide eccellenze del calcio Under-23 mondiale.
L'ultimo colpo alla botte lo daranno i prossimi 40 giorni di mercato. Quest'anno, difatti, più d'ogni altro, è appariscente una certa impennata d'anticipo nei confronti delle scadenze della finestra, generalmente sfruttata solo in dirittura d'arrivo per dar libero sfogo ai cosiddetti 'saldi' di fine agosto. Non stavolta: perché i bilanci, in media, sono nettamente migliori del passato, ed anche le intenzioni dei dirigenti. Che vogliono aspettare la chiusura solo per sferrare il colpo decisivo, quello ad effetto, che serve non tanto a fare da unicum della campagna acquisti, quanto a rappresentarne la ciliegina.
Ecco perché l'idea Higuain o, meglio ancora Ibrahimovic, per il Napoli non è da scartare: anzi. Così come non lo è quello d'un ottimo cursore mancino per la Juve e d'un centrocampista ed un difensore per il Milan.
Stesso discorso vale per l'Inter a cui Moratti ha promesso ancora un colpo di cui parlare, e per la Fiorentina cui Pradé ed i Della Valle stanno rendendo servigi d'altissimo livello. La Roma e la Lazio, a loro volta, stanno demolendo poco ed inserendo nella stessa misura, pur agendo con dovizia di particolari e razionalità.

Insomma: tutto va, anche se non sembra, nella direzione della crescita e dell'omogeneità dei valori in campo. Non mi stupirei, in parole povere, se da qui a qualche anno, il calcio italiano ritornasse all'epoca delle arcinote '7 sorelle'. Quando il mercato eravamo noi a farlo, e non a subirlo, ed i valori in campo erano geograficamente equilibrati. Quando la Serie A era universalmente riconosciuta come la Lega più spettacolare ed ardua del Mondo, e la voglia di tutti era quella di parteciparvi, e non di abbandonarla per i lidi dorati. Quelli che, dopo averli abbandonati, li rimpiangi per un solo motivo. Lo stesso per cui ti ci sei trasferito.

24 luglio 2013

L’ultimo calcio scommesse: un altro ‘pasticciaccio brutto’ all’italiana

E' con immenso piacere che introduco questo interessante articolo ed un nuovo blogger della famiglia "Esperto di Calcio". Si tratta di Raffaele Ruggiero, amico e collega di origini partenopee. Raffaele è un grande esperto di calcio e, ciò che più piace a noi del blog, è un ragazzo serio, posato e con un grande senso sportivo. Non importa che fede si abbracci, è la sportività che conta. Raffaele è un grande sportivo, diamogli tutti un caloroso benvenuto tra i redattori calcistici meno censurati dell'intero "stivale".

Io non so se e quale ruolo Stefano Mauri abbia avuto nell’ultimo scandalo legato al calcio scommesse che ha investito il movimento italiano.

Credo, però, profondamente al valore intrinseco delle parole.

E una persona che dichiara (cito testualmente dalla dichiarazione riportata sulla Gazzetta dello Sport di qualche giorno fa): “Non ho fatto niente contro le regole” ammette implicitamente, a mio parere, un suo coinvolgimento, di aver agito al limite. È proprio quel “contro le regole” che mi insospettisce: un innocente direbbe semplicemente “non ho fatto niente”.

A prescindere dalla colpevolezza o meno del soggetto, che non spetta fortunatamente a me stabilire, il “Caso Mauri” è un tipico caso all’italiana.

Soltanto nel nostro Paese, infatti, può accadere che uno dei principali indiziati – addirittura arrestato all’inizio dell’inchiesta – continui a svolgere la propria attività professionale, mentre personaggi con responsabilità infinitamente minori, che si sono poi peraltro rivelate soltanto presunte (Antonio Conte, Paolo Cannavaro e altri), sono stati già da tempo condannati e sospesi dal lavoro.

Il calcio scommesse è una piaga difficilmente debellabile. Non è la prima volta e, purtroppo, non sarà l’ultima; né si tratta – magra consolazione, ma doveroso dirlo – di un fenomeno meramente italiano. Anzi, sempre di più il quadro che emerge dalla indagini assume dei contorni ampiamente internazionali. Troppo importanti sono gli interessi che ruotano attorno al mondo del pallone e le varie criminalità organizzate, che da sempre si mettono in luce per il loro spiccato ‘intuito imprenditoriale’, non si sono lasciate sfuggire l’occasione né rinunceranno così facilmente alla possibilità di grandi movimentazioni di denaro, utilissime per il riciclaggio di quello cosiddetto ‘sporco’.

Qui, tuttavia, la volontà non è quella di addentrarsi in un argomento socio-economico di vasta portata, quanto piuttosto quella di far emergere una questione che tutti gli organi di informazione sembrano ignorare o, quantomeno, sottovalutare.

Si vuole, appunto, porre l’attenzione soltanto sull’aspetto sportivo e sulla sua regolarità: che cosa accadrà se Mauri verrà ritenuto colpevole? Si dovranno rigiocare tutte le partite cui ha partecipato? Si dovranno riassegnare tutti i titoli per i quali i risultati di quelle partite sono stati decisivi?

Ora, qualcuno obietterà che esiste il garantismo e che nessuno può essere condannato prima di un giusto processo. Giustissimo; ma, nel caso delle competizioni sportive, proprio per la loro peculiarità, ci dovrebbe essere una sospensione cautelare dall’attività oggetto di inchiesta. Come, del resto, accade anche in altri ambiti di vita e di giurisprudenza.

Si prenda, a titolo esemplificativo molto emblematico, il quasi contemporaneo caso di François Gillet che ora è stato squalificato (praticamente a vita vista l’età) per gli illeciti commessi tra il 2010 e il 2011, quando giocava nel Bari, ma che nella scorsa stagione ha contribuito in modo assolutamente decisivo alla salvezza della squadra per cui ha militato, il Torino FC. Il caos, si evince bene, è totale.

La giustizia sportiva, d’altronde, non è altro che la punta dell’iceberg di un Sistema Paese in cui non v’è alcunché di certo, in cui tutto cambia per restare uguale a se stesso (si veda Calciopoli per rimanere nello stesso ambito), in cui quand’anche si arrivi a una sentenza giusta, essa è sproporzionata, incompleta o del tutto anacronistica.

Raffaele Ruggiero

Falcao come Taribo West ed Eriberto?

Radamel Falcao avrebbe 29 anni e non 27, e non sarebbe nato a Santa Marta ma a Bogotà. La notizia piomba dalla Colombia e ricorda a tutti gli italiani la vicenda di Taribo West, centrale nigeriano che si supponga aver dichiarato 10 anni di meno.
A rivelarlo è un reportage realizzato dalla tv colombiana Noticias Uno, con il preside della San Pedro Claver de Bucaramanga - la scuola dove l'attaccante colombiano, passato a giugno dall'Atletico Madrid al Monaco, ha studiato - che mostra dei documenti che rivelerebbero come l'anno di nascita di "El Tigre" sarebbe il 1984 e non il 1986; precisamente il 10 febbraio. Falcao, inoltre, non sarebbe nato a Santa Marta, ma a Bogotà, la capitale colombiana. Immediate le prime reazioni. Soprattutto quella del padre di Falcao che ha smentito le accuse di aver falsificato i documenti. "Noi non abbiamo mai accettato copie dello stato civile, è obbligatorio l'originale. Per questo sono in grado di garantire che Radamel Falcao Garcia Zarate è nato nel 1984", ha detto Wilson Serrano, preside dell'istituto .
Il giocatore ha prontamente smentito la notizia, scrivendo sul suo profilo Twitter: "Sono rimasto sorpreso dalle notizie che sono state diffuse dai media relative alla mia età. Sono totalmente ridicole". Il tempo lo dirà, ma il paragone West-Eriberto con Falcao, almeno in campo, non sussiste.

23 luglio 2013

Faustino Asprilia: la freccia colombiana che ha fatto impazzire Parma

Chi come me si è affezionato al calcio negli anni '90 non potrà che gioire. Il soggetto dell'articolo di oggi è Faustino Asprilia, leggendario centravanti parmigiano di metà anni '90. "Tino" non era solo famoso per i suoi goal e le sue sgroppate, ma anche per la sua simpatia e la sua prestanza "fisica".

Faustino Asprilla è stato ospite della trasmissione “Cose dell’altro calcio”, di TvParma. Alla conduttrice Claudia Andreoli il colombiano ha rilasciato un intervista molto lunga e piena di spunti interessanti.
“Ovviamente non mi piaceva stare in panchina, ero felice solo quando potevo giocare. Anche il Tardini, vedendolo sempre pieno mi metteva allegria; quel campo mi piaceva tantissimo. Nessun colombiano prima di me era stato in Italia; io inizialmente andai a Firenze, ma la Fiorentina non mi poterono acquistare perchè avevano già 3 extracomunitari in rosa. Poi venne in Colombia Giambattista Pastorello con una maglia del Parma tutta per me.”
“A Parma ho trovato una famiglia vera e propria: soprattutto Apolloni e Osio mi hanno aiutato moltissimo ad inserirmi, senza di loro sarebbe stato tutto molto più difficile. L’italiano? Scala mi mise a disposizione un professore, però a me non piaceva, mi divertivo di più ad imparare l’italiano con Osio, che mi faceva leggere i giornali ad alta voce e correggeva la mia pronuncia. Se devo ringraziare qualcuno in particolare, sicuramente ringrazio Giorgio Pedraneschi, ex presidente del Parma, che mi ha aiutato davvero moltissimo. Anche la famiglia Tanzi lo ha fatto, Stefano e Calisto mi hanno sempre difeso anche quando ho avuto problemi con qualche allenatore.”
“Con Scala ho avuto dei problemi, certo, ma da lui ho imparato tantissimo. Era uno che di calcio ne capiva, ne capiva eccome, era già avanti all’epoca. Con Malesani invece ho avuto dei problemi e non ho imparato proprio nulla. Con lui abbiamo vinto 3 coppe in cento giorni, però spesso eravamo noi ad intervenire per spiegargli delle cose. Una volta lasciò l’allenamento e disse: “Allenatevi pure da soli“.”
“Nei ritiri andavo in stanza con Benarrivo, con lui andavo molto d’accordo. Tra i due era lui il più disordinato: dormiva sempre, mentre io in ritiro ascoltavo molta musica colombiana. Minotti invece segnava tutte le multe, io e Zola eravamo quelli che ne avevamo di più. Una volta mentre Minotti non guardava, presi un fogliettino di una mia multa e me lo mangiai… Però presi quello di una multa di 100.000 lire, io invece stavo puntando a quella di 1 milione… Il legame più forte l’ho stretto con Apolloni, sicuramente; un giocatore da ammirare, invece, era Lorenzo Minotti. Stoichkov era sicuramente il giocatore che si arrabbiava di più, soprattutto quando Scala lo sostituiva, mentre Cannavaro era il giocatore più vanitoso. Il più pazzo? Senza dubbio Buffon: quando era nelle giovanili, il giovedì facevamo una partita contro la primavera, ed io e Zola nn volevamo giocare contro quella squadra. Un giorno venne Buffon e ci disse: “Tirate quanto volete, tanto voi due non mi farete mai gol”. Gliene feci quattro, ma comunque si vedeva che era davvero forte…”
“La notte di Wembley io stavo malissimo, era morta mia madre ed io non avevo assolutamente la testa per la finale. Dissi chiaramente che non ero nelle condizioni adatte per giocare, Scala però mi telefonò e mi disse di tornare a Parma perchè senza di me non avrebbero vinto la Coppa. Tornai quindi in Italia, anche se avevo un problema al polpaccio. Poi però mi resi conto che non ero nell’undici titolare, e in quel momento decisi che non sarei andato nemmeno in panchina. Calisto e Stefano Tanzi però mi convinsero a cambiare idea, dicendomi che sicuramente sarei entrato nel secondo tempo. Invece non andò così, e non potete immaginare quanto ci tinofirmarimasi male quel giorno. Il gol su punizione al Milan? Avevo calciato un’altra punizione qualche minuto prima ma era finita altissima e mi ero beccato i fischi del pubblico. Quindi non volevo essere fischiato ancora e dissi a Osio che la calciasse lui; il Sindaco e Scala mi convinsero a tirare, io mi concentrai e la palla entrò…“
“Sono davvero molto contento che Luca Bucci e Sandro Melli siano ancora a Parma. Luca è un professionista, ed è molto tranquillo; Sandro invece con me formava una coppia micidiale…”

Quel guascone di Tino Asprilia non cambia mai!

Mirko Pigliacelli - 1993 - Italia

Nome: Mirko Pigliacelli
Data di nascita: 30 Giugno 1993, Roma
Nazionalità: Italia
Altezza: 1,84 cm
Piede preferito: Destro
Squadra: AS Roma Primavera, Campionato Primavera (Italia)
Ruolo: Portiere




Il calcio italiano ha una lunga tradizione di portieri affidabili e importanti. Oggigiorno la Serie A consta in quel ruolo di giocatori di un certo livello che non danno la possibilità ai talenti delle giovanili di mettersi in mostra. Perciò il campionato primavera diventa fondamentale per la ricerca e il monitoraggio di questa speciale categoria. Oggi vi proprioniamo Mirko Pigliacelli, protagonista delle ultime vittorie delle giovanili della Roma.

Mirko Pigliacelli nasce a Roma il 30 Giugno 1993 e, vivendo a Rignano Flaminio, all'età di sei anni entra a far parte delle giovanili della società del suo paese. Dopo due stagioni viene notato dagli osservatori della Lazio che provvedono così a tesserarlo. Grazie alle ottime prestazioni, la Roma riesce a strapparlo nel 2004 ai cugini, dando così inizio alla sua trafila nel settore giovanile giallorosso. Nella stagione 2006-2007 arriva la prima vittoria con i Giovanissimi Coppa Lazio (l'attuale Giovanissimi Fascia B Elite) conquistando il titolo regionale in finale contro la Cisco Roma. Nella stagione 2008-2009 nella categoria Allievi Nazionali allenata da Stramaccioni vince il double da assoluto protagonista. Dopo la vittoria del Torneo Beppe Viola di Arco e lo Scudetto Allievi Nazionali, entra a far parte della Primavera, dove però solo nella stagione 2010-2011 riesce a guadagnare la maglia titolare che coincide con la vittoria del campionato e con la sconfitta in finale di Coppa Italia di categoria. Grazie a Claudio Ranieri viene aggregato in Prima Squadra, con la quale per due anni consecutivi fa la preparazione precampionato a Riscone di Brunico. Ventuno presenze in questa stagione con la Primavera.

E' un portiere sempre molto seguito dall'entourage Azzurro. Infatti è stato spesso convocato agli stage delle varie Under. Fa il suo esordio con l'Under-18 il 14 Febbraio 2011 contro i coetanei della Norvegia, partita vinta 2-0 (in rete anche Valoti). Si mette in mostra nella partitella in famiglia tra Nazionale di Prandelli e Under-18 compiendo un miracolo su Pazzini. In totale saranno tre le presenze con l'Under-18, perché le grandi prestazioni offerte lo fanno notare positivamente dal ct della nazionale Under-19, Evani, che lo fa esordire il 28 Marzo 2012 contro la Turchia Under-19, ancora una volta vinta 2-0. Finora può contare tre presenze con l'Under-19.

Mirko Pigliacelli è un portiere molto spettacolare. Gli piace esibirsi in interventi difficili e nelle uscite basse, dove risulta praticamente insuperabile. Bravo tra i pali, deve sicuramente migliorare nelle uscite alte e nell'uno contro uno. Gioca in maniera esplosiva, spesso di intuito più che di tecnica. Punto di forza è la sua abilità di pararigori (tre rigori parati nello scorso campionato). Pigliacelli è un talento dal futuro assicurato, soprattutto perché è molto umile e un gran lavoratore. Dice di ispirarsi a Valdes e Casillas, ma probabilmente potrebbe essere considerato il nuovo Peruzzi. Noi speriamo che possa ripercorrere le loro carriere anche solo in parte rispetto ai citati campioni. Sarebbe una vittoria non solo per la Roma ma anche per la maglia azzurra. Dalla prossima stagione non gli farebbe male un'esperienza da titolare in Serie B in modo da confrontarsi ad alto livello e giocare con continuità.

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22 luglio 2013

Pawel Wszolek - 1992 - Polonia

Nome: Pawel
Cognome: Wszolek
Data di nascita: 30 Aprile 1992
Ruolo: ala
Piede preferito: destro





Ragazzi, tenete d'occhio sto ragazzo perchè farà strada. Il giocatore in questione, stavolta, è portato nel Bel Paese dalla Sampdoria, in cerca di un vero leader da quando prima Flachi e poi Cassano hanno salutato il capoluogo ligure.

Nato a Tczew, Polonia, nello stesso paese che ha dato i natali a Piotr Trochowski, Pawel Wszolek è una delle assolute novità in casa Sampdoria, nonchè il primo polacco nella storia del club ligure. Ventuno anni già compiuti, Wszolek è già passato alla ribalta durante lo scorso inverno, e non per meriti sportivi. Dopo quattro anni passati nelle file del Polonia Varsavia, infatti, il procuratore aveva provato a piazzarlo in Germania, e precisamente all'Hannover, in modo da monetizzare il più possibile per far fronte alla delicata situazione economica della squadra polacca. Wszolek però non ne ha voluto sapere affatto di cambiare aria a gennaio, trattato (testuali parole) come una 'prostituta', preferendo chiudere la stagione in patria prima di scegliere liberamente la prossima metà. E così dallo scorso giugno ha deciso di legarsi alla Sampdoria, che lo ha prelevato a parametro zero per quello che potrebbe rivelarsi un vero affare.

Molto dotato fisicamente e alto quasi un metro e novanta, Wszolek è un'ala atipica, veloce e nello stesso tempo tecnica. Il polacco agisce solitamente sulla fascia destra ma ha imparato anche a muoversi sull'out opposto, rientrando spesso sul suo piede naturale, il destro, per cercare il tiro o l'inserimento. E' stato il ct della Nazionale maggiore a provarlo più volte come cursore mancino, vedi l'amichevole sperimentale dello scorso ottobre contro l'Inghilterra. Apparso già in ottima forma fisica durante il ritiro che i doriani stanno svolgendo in Trentino, Wszolek potrebbe rivelarsi una pedina importante per coach Rossi, che a centrocampo ha già perso Poli ed Estigarribia. Se i primi test confermeranno i primi feedback positivi, il polacco avrebbe più di una chance di giocarsi il posto da titolare sfruttando la scarsa concorrenza. A destra o a sinistra poco importa. Adesso, in attesa dei primi responsi del campo, non possiamo fare altro che gustarci qualche assaggio delle sue giocate grazie a questo video offertoci da

Il saluto di Vilanova al popolo blaugrana

Il saluto di Tito Vilanova, uno degli allenatori più pacati e sfortunati che io ricordi nella mia vita. L'ormai ex allenatore del Barça lascia la sua squadra dopo una Liga, conquistata nell'unico anno in cui è stato head coach dei blaugrana. Uno score niente male, se pensiamo che da vice-Guardiola aveva vinto tutto quello che c'era da vincere in maniera copiosa.

"Dopo cinque anni meravigliosi, in una squadra che ha sognato qualsiasi allenatore, è il momento di affrontare un cambiamento nella mia vita professionale perché devo dedicare le mie energie e le mie forze per continuare a combattere la malattia che mi è stata diagnosticata un anno e mezzo fa.

Per i trattamenti che sto seguendo non è consigliabile, a giudizio dei medici, dedicare il 100% del mio tempo ai compiti di allenatore di una squadra del livello Barcellona, ma continuerò a lavorare per questo club con altre mansioni.

Non è facile lasciare questo gruppo di persone speciali: giocatori, colleghi e amici con cui ho condiviso esperienze indimenticabili. Sarò eternamente grato per tutto quello che mi avete dato. La qualità umana di questa squadra di calcio è quella di testare ogni ostacolo e sono convinto che a regime dovrò affrontare nuove sfide atletiche di una stagione che dovrebbe essere emozionante per tutti. Voglio anche ringraziare in particolare il Presidente, l'intero Consiglio e il direttore sportivo Andoni Zubizarreta per tutta la fiducia hanno riposto in me e per il loro appoggio incondizionato, sia sportivo che personale.

Altrettanto importante è stato il sostegno umano e medico che ho avuto dal Dottor Ramon Canal e dal suo team di medici. So che questa partita non si gioca da solo, faccio parte di un club di solidarietà che aiuterà a riuscire in questo lungo processo. A tutti voi, soci e tifosi del club, voglio anche ringraziare con tutto il cuore per l'effusione di sostegno e l'affetto che mi è stato inviato, non solo ora, ma nel corso degli ultimi mesi. Dico a loro che sono calmo, forte e affronto questa nuova fase della mia malattia con piena fiducia che tutto andrà bene" auspica l'ex tecnico degli blaugrana.

Grazie mille anche a tutti gli appassionati di calcio, colleghi di lavoro, club, atleti, conoscenti e anonimi per i messaggi di incoraggiamento, che sono di conforto per me e per la mia famiglia.

Questi sono tempi difficili per loro e così mi hanno chiesto il rispetto e la comprensione dei media. Ora che non sono più l'allenatore del Barça, speriamo di avere la pace e la privacy di cui io e la mia famiglia abbiamo bisogno. Non posso terminare questa lettera senza augurare buona fortuna e ogni successo al nuovo allenatore della migliore squadra del mondo. Grazie mille a tutti.

Tito Vilanova"

Di fronte a certe sfortune non si può rimanere impassibili, ne pensare che sia normale. Ma è la vita, Vilanova sta lottando e ama ancora il calcio e lo sport, ed è forse il messaggio più bello che possa giungere. Come Abidal, suo ex giocatore, anche Tito lotta e non si arrende. Lottare, con il coltello tra i denti, è una qualità che pochi anno, ed a mio modo di vedere è una delle più importanti.

21 luglio 2013

Ritiri 2013: la Signora corre veloce nella Valleè

La Signora ha fame. E' questo ciò che emerge dal ritiro di Chatillon, che giungerà al termine con la giornata di domani. Tuttojuve offre un resoconto dettagliato dell'esperienza bianconera nella Valleè: "A Chatillon si suda: in campo e sugli spalti. Tutto esaurito nel piccolo impianto sportivo, sia di mattina che di pomeriggio. Nel fine settimana, lo Juventus Village si riempie di calore, energia, passione. E, testimonial eccellente dell'entusiasmo che regna nella casa estiva bianconera è sicuramente Cristina Chiabotto, acclamata a gran voce dal pubblico di fede juventina che, oltre ad essere emblema di bellezza e simpatia, è sinonimo di frizzantezza, verve e spregiudicatezza. Proprio quelle qualità che dovrà avere la Vecchia Signora nella stagione che sta nascendo. Avendo potuto osservare da vicino i ragazzi per un' intera giornata, alcune riflessioni sono sorte spontanee. Antonio Conte: se qualcuno avesse avuto qualche dubbio sulla voglia di continuare a vincere del nostro condottiero, beh, può mettersi il cuore in pace. Il mister è maniacale come sempre, anzi più che mai. Cura ogni minimo dettaglio, ogni sfumatura, ogni particolare, anche quelli che agli occhi esterni possono sembrare insignificanti. La meticolosità e la ricerca della perfezione sono dogmi del tecnico leccese. E quando si sbaglia un movimento, un posizionamento, o non si seguono esattamente le sue disposizioni, le urla si odono sin dagli spalti del piccolo stadio Brunod. Insomma, Antonio Conte è bello carico e ha più fame che mai. Quindi, possiamo stare tranquilli. Al limite, sono gli avversari a doversi preoccupare. Secondo aspetto: Arturo Vidal è ormai leader carismatico, conclamato ed acclamato di questa squadra. Invocato a gran voce dal pubblico, il cileno diverte e si diverte, suda, corre, e non si risparmia mai: nemmeno in allenamento. Il “guerriero” è pronto per un'altra stagione alla grande. L'empatia e il feeling con la tifoseria bianconera sono alle stelle: Arturo incarna il guerriero dai piedi buoni in cui ogni supporter della Vecchia Signora si identifica: idolo. La sorpresa: Mauricio Isla. Pare davvero incredibile, nel vedere come si allena, pensare che il giocatore sia tra color che son sospesi; sicuramente questo denota grande professionalità e desiderio di recuperare dopo un anno e mezzo a dir poco balordo. Voglia di fare, abnegazione, corsa, resistenza allo sforzo. Insomma, il ragazzo pare uno di quelli più in forma ed in palla. Siamo sicuri che non possa essere Mauricio uno dei migliori acquisti di questa stagione? Cederlo, e per di più all'Inter, pare una scelta quantomeno azzardata. A tale proposito, staremo a vedere. Il calciatore ha un unico obiettivo, ovvero quello di giocare: se cresce anche in personalità, come sta dimostrando in allenamento, sarebbe opportuno contare fino a dieci prima di liberarsene. Quarto aspetto: i nuovi arrivi. Si stanno inserendo bene all'interno del gruppo. Di Ogbonna, stupisce, in positivo, il rapido inserimento ed ambientamento. L'ex calciatore del Toro sta dimostrando una buona personalità. Propositivo con i compagni, pare essere nel gruppo da sempre. Ha già conquistato la nuova tifoseria: non è cosa da poco. Di Llorente e Tevez, al di là delle doti tecniche, colpiscono la disponibilità e la buona intesa, a livello empatico, con i nuovi compagni. Ovviamente, essendo i nuovi, sono i più acclamati dai supporters juventini. Loro rispondono concedendosi al nuovo pubblico con generosità e professionalità. Insomma, si capisce che ricambiano i gesti d'amore della tifoseria fuori dal campo ma che hanno soprattutto intenzione di rispondere, coi fatti, sul terreno di gioco. Una nota di merito anche per i ragazzi della Primavera che stanno facendo la preparazione con la Prima Squadra: c'è quella giusta carica e determinazione, quella voglia di mettersi in mostra che ne evidenzia le qualità e ne fa intravedere potenzialità interessanti. La Juventus ha tanti giovani che possono fare bene e questi giorni di ritiro a Chatillon, sono per loro, una incredibile opportunità di crescita stante la possibilità di allenarsi con campioni già affermati: anche per il futuro siamo messi bene. Infine, una considerazione per un giocatore spesso poco considerato dalla critica, ma molto caro al tecnico: Simone Padoin. Seguendo gli allenamenti con attenzione, si capisce perchè l'ex atalantino goda di così tanta considerazione da parte del mister. In attesa che i Nazionali tornino dalle vacanze, il gruppo si sta cementando. "

Motivi per esser fiduciosi ce ne sono, ora va atteso il riscontro del campo. La prima tappa sarà tra meno di un mese, la Supercoppa contro la Lazio di Klose, Candreva e Petkovic

Il Milan guida veloce la sua Honda

Honda parla già da rossonero, come riporta il portale tmw: "Honda su Honda. La hit dell'estate rossonera è diventata questa, Adriano Galliani la canticchia continuamente annuciando che "Keisuke arriverà a gennaio", a parametro zero. Ma in realtà aspettando la missione di domani. Perché c'è un appuntamento domani alle 12 con il Cska Mosca per portare subito il giapponese in rossonero. Ci sono da limare le distanze economiche: il Cska vuole 5 milioni, il Milan (con gli sponsor a contribuire) arriverebbe a 3 milioni. "Milan? Sono orgoglioso, ma per le trattative e la possibilità di andare subito a Milano dovete chiedere a mio fratello che se ne occupa", Honda - come riporta gianlucadimarzio.com - ha glissato così sull'ipotesi in queste ore. Aspettando l'incontro Milan-Cska, con la speranza rossonera di portare Keisuke in Italia tra martedì e mercoledì. O, al più tardi, comunque a gennaio."

Oggettivamente è un ottimo colpo a costo zero, Honda penso sia più forte del Boa Boateng. Da gennaio, o più verosimilmente da agosto, lo potremo giudicare!

Ranocchia: "Via dall'Inter solo dopo tanti successi"

Ranocchia blinda il suo futuro, allontanando tutte le voci di mercato: "Ogni anno inizio il ritiro sempre in bilico, ma il mio contratto scade nel 2015 e il mio unico pensiero - ha spiegato l'ex Bari e Genoa a Sky Sport - è quello di restare all'Inter e fare bene con i nerazzurri. Lasciare questo club dopo aver vinto solo una Coppa Italia sarebbe una sconfitta personale, non voglio che accada".
Il centrale azzurro e nerazzurro era stato avvicinato a grandi club italiani e stranieri: la Juventus (prima dell'acquisto di Angelo Ogbonna), il Milan, il Napoli e lo United.
Francamente ho sempre pensato che l'unica squadra che avrebbe potuto puntare forte su Ranocchia era la Juventus, al limite il Milan. La scelta del centrale, però, è la più logica. Mazzarri, storico fautore della difesa a tre, dovrà ritagliargli un ruolo di marcatore, perchè Ranocchia non credo sia in grado di essere il leader vero della difesa. Con Samuel, ad esempio, quest'anno aveva giocato a livelli eccelsi, salvo poi avere un calo quando l'argentino era uscito di scena. 

Felice Natalino - 1992 - Italia

Nome: Felice Natalino
Data di nascita: 24 marzo 1992, Lamezia Terme
Nazionalità: Italia
Altezza: 1,87 m
Piede preferito: Destro
Squadra: Inter (in comproprietà con il Genoa), serie A italiana.
Ruolo: Difensore centrale, Terzino destro




Felice Natalino è l'ennesima scommessa dell'Inter (e del Genoa) che si affaccia nel nostro calcio ancora povero di uno zoccolo duro di giovani certezze che dovrebbero giocare con continuità e sulle quali si dovrebbe azzardare di più.
Il 10 luglio 2008 il ragazzo balza agli onori della cronaca per l'acquisto del suo cartellino da parte dell'Inter (in un'operazione congiunta con il Genoa di Preziosi) costato 1, 2 milioni di euro dalle giovanili del Crotone. La cifra è assolutamente elevatissima per un ragazzino di 15 anni ma i collaboratori di Moratti e Preziosi, che si erano battagliati già da mesi il suo acquisto, hanno deciso di puntarci assieme ad occhi chiusi battendo la concorrenza di moltissimi club.

Natalino arriva a Milano nel 2008 carico di speranze e con molta fiducia. Si aggrega alla formazione Allievi nazionali dell'Inter e disputa un ottimo campionato dimostrando grandissima duttilità tattica. Infatti Natalino ricopre brillantemente il ruolo di centrale di difesa e non disdegna nemmeno la posizione di centrocampista davanti la difesa come poi verrà impiegato anche nella selezione italiana giovanile Under 17.
La stagione 2009/2010 si apre con la promozione del lamentino in Primavera e con grande soddisfazione da parte dello staff nerazzurro il ragazzino calabrese entra nel giro dell'Italia under 18 e di quella Under 19. Nell'anno trionfale per l'Inter il ragazzo impressiona positivamente l'ex mister Josè Mourinho che lo monitora durante gli allenamenti (ormai da 2 anni l'Inter ha deciso di costruire due campi d'allenamento paralleli nei quali allenare la Prima squadra e la Primavera assieme). Felice si dimostra molto promettente e consolida la fiducia dell'Inter.

Con la nuova stagione l'Inter cambia tecnico ma non cambia abitudini. Benitez sembra aver un occhio di riguardo per i giovani e si porta Natalino in ritiro con la Prima squadra nerazzurra assieme ad altri ragazzini della Primavera di grande talento come Alibec, Obi, Nwankwo, Biraghi. Il 28 agosto 2010 inoltre il C.t dell'Under 21 Pierluigi Casiraghi che monitorava il giovane ex Crotone da diverso tempo lo convoca per le cruciali sfide contro Galles e Bosnia Erzegovina dimostrando grande interesse verso Natalino nonostante non scenda in campo in nessuno dei due match.
La carriera di Felice Natalino sembra prendere un impennata ancora più decisa quando mister Benitez, complici i numerosi infortuni lo fa esordire il 28 novembre 2010 nel 5 a 2 casalingo dell'Inter contro il Parma. Natalino si piazza nel ruolo di terzino destro con grande personalità e debutta nel calcio che conta dimostrando la tranquillità di un veterano. Le quotazioni di Natalino stanno salendo prepotentemente e sembra che oggi possa partire titolare nel delicatissimo match dell'Inter contro la Lazio.

In Nazionale Natalino ha collezionato 9 presenze nell'Under 16, 19 nell'Under 17, 6 nell'Under 18, 3 nell'Under 19 e una panchina nell'Under 21. Ha un fisico ancora in formazione ma è già piuttosto alto e possiede una grande agilità. Le caratteristiche tecniche sono di prim'ordine per un difensore, infatti riesce a ricoprire il ruolo di centrale, d'esterno di difesa e inoltre anche quello di centrocampista difensivo. Come tutti i giovani difensori necessita di esperienza e sicurezza ma possiede anche una bella fase di spinta in fascia.
Piero Ausilio (direttore del settore giovanile dell'Inter) sembra aver azzeccato un'altro talento cristallino ed un plauso va fatto anche al Genoa che in fatto di giovani è una delle migliori in Italia. Vedremo se l'Inter crederà fino in fondo nelle enormi potenzialità di Natalino che crediamo, vista l'indissolubile alleanza tra Inter e Genoa sul mercato, farà un'esperienza sotto la lanterna per giocare di più e tornare interamente all'Inter per diventarne un punto fermo.

Intanto Natalino, tifosissimo dell'Inter, probabilmente stasera gioca titolare con la maglia dei suoi sogni contro la Lazio. Dice di ispirarsi a Zanetti ma la strada è ancora lunghissima...

20 luglio 2013

Intrighi sull'asse Torino-Bologna-San Pietroburgo: Sorensen e...

Fra Juventus, Bologna e Zenit San Pietroburgo, scrive quest'oggi Tuttosport, sta nascendo un vero e proprio asse di mercato. Andiamo con ordine: il club di Spalletti guarda in Italia e punta Ranocchia. Per la difesa però piace anche Sorensen, danese in comproprietà fra Juve e Bologna che di fronte ad una buona offerta sarà ceduto. La prima, da 10 milioni, è già stata rifiutata ma se dovesse salire a circa 13 il giocatore sarà libero. Lo Zenit, però, potrebbe tornare all'assalto anche per Vucinic con 15 milioni. Se la Juventus dirà si ad entrambe le proposte, potrebbe utilizzare i soldi di Sorensen (circa 6-7 milioni) per arrivare a Diamanti, che il Bologna valuta 10 ma può cedere a 7.

Benteke, il talento belga sottovalutato dal mercato

Uno dei grandi giocatori europei è belga. Si, avete capito bene. Non parlo ovviamente di Eden Hazard, che è ormai ultraconosciuto, ma del giovane e forte Benteke. Il centravanti dei Villans è stato oggetto di mercato, ma alla fine sembra aver rinnovato con il club di Birmingham. "L'Aston Villa ha annunciato a sorpresa sul proprio sito internet di aver trovato l'accordo per prolungare il contratto con l'attaccante Christian Benteke. Il giovane attaccante ha firmato fino al 2017 con il club di Birmingham."
Per quale ragione nessuna italiana ha provato a prendere il fortissimo centravanti colored? E' una bella domanda, specie per quelle squadre che dovevano rinforzarsi pesantemente in avanti. Parlo della Roma, che potrebbe perdere Osvaldo, ha in Destro un'incognita amletica ed ha capitan Totti all'ultimo anno di carriera. Ma faccio anche riferimento all'Inter, che ha puntato su Icardi-Belfodil, due giocatori di prospetto ma che non sono lontanamente paragonabili a Benteke, per lo meno oggi. Infine, si potrebbe pensare anche al Napoli, che con Benteke avrebbe trovato un bel sostituto di Cavani, non certo tanto più scarso di quel Damiao che da tre anni sembra dover approdare in Europa e che, alla fine, nessuno porta nel Vecchio Continente.
La risposta? I misteri del mercato.

Ezequiel Cirigliano, il mediano che farà impazzire Verona

Il Verona ha messo a segno un colpo passato troppo sotto traccia. Parlo, ovviamente, del mediano argentino Cirigliano. L'ex River è un gran prospetto, e mi aspetto faccia bene in veneto.
Ma chi è Cirigliano? Esperto di Calcio lo aveva già schedato per voi mesi fa, ma ecco qualcosa che può aiutare a conoscerlo.



"Sono contento di essere arrivato a Verona, per giocare un torneo molto competitivo. Le prime impressioni? Sono stato accolto da tutti molto bene".

19 luglio 2013

Honda ed Eriksen per il Diavolo

Mosse Milan: Tutti i quotidiani sportivi in edicola si soffermano sul rinnovo di contratto di Robinho col Milan fino al 2016 e sul viaggio di oggi della delegazione rossonera per convincere il Cska Mosca a cedere il giapponese Keisuke Honda subito e per circa 2 milioni di euro. Entro l'inizio della prossima settimana potrebbe arrivare il via libera.

Tuttosport sottolinea l'interesse dei rossoneri per il centrocampista danese dell'Ajax Christian Eriksen, valutato 13 milioni di euro e che può liberarsi nel momento in cui il Milan riuscisse a vendere il ghanese Boateng.

Se fosse vero il colpo Eriksen sarebbe sensazionale, ma arrivando dal Tuttosport confido sia la solita boutade. Honda lo considero un buon giocatore, ma non un fuoriclasse. Basterà tutto questo mercato per competere ai massimi livelli? Sarà il campo a dirlo..

"Mi compro Messi". Caro sceicco, continua a far proclami e sognare..

L'arroganza di questi multimilionari del pallone non ha limiti. Non basta che si sfidino a colpi di milioni per colpi faraonici o presunti tali, ora si mettono anche a "bisticciare" mezzo stampa. E' il caso del proprietario del Psg, fresco degli investimenti di 64 milioni per Cavani e 35(!!!) per il giallorosso Marquinhos. Sulla querelle Barcellona-Thiago Silva, il presidente parigino ha infatti dichiarato:

Non fate arrabbiare lo sceicco. "Se il Barca prova a prendersi Thiago Silva pagando la clausola rescissoria, io farò la stessa cosa con Messi". Sono poche parole, le ha pronunciate Nasser Al-Khelaifi, presidente del Paris St. Germain, al sito francese ActuSports.fr. E danno l'idea di quanto ormai i grandi mecenati abbiano in mano il calcio mondiale.

Quello che sfugge al buon Nasser Al-Khelaifi, però, è che uno come Lionel Messi non avrebbe alcuna intenzione di giocare per il Psg. Non bastano i soldi e le clausole, ci vuole anche il desiderio del grande campione. Messi, se lo conosco bene, non sacrificherà mai le vittorie per i soldi, tanto per intenderci come ha fatto un altro grande campione, Radamel Falcao.

18 luglio 2013

Carpi e Latina, le favole esistono ancora

Esperto di Calcio sbarca in edicola! Calcio2000, storica testata mensile, porta la firma di Esperto di Calcio, che regala ai suoi lettori il pezzo trovato sulla nota rivista!

Alzi la mano chi, a inizio stagione, avrebbe scommesso sulla promozione in cadetteria di Carpi e Latina. Non tanto per la storia delle due compagini, neopromosse nella seconda serie italiana, quanto per le terribili rivali dei rispettivi gironi di Lega Pro.
Il Carpi non ha dovuto vedersela solo con il Trapani, vincitore del torneo, ma con squadre abituate ad altri palcoscenici: le nobili decaduteCremonese, Albinoleffe e Como, ma soprattutto il Lecce, squadra che arrivava dalla Serie A e con una rosa fuori categoria con Giacomazzi, Chevanton, Fatic, Esposito e Jeda, tutta gente abituata alla massima serie.
Il Latina è stata la vera sorpresa del torneo, con un percorso irto e del tutto inaspettato. Dopo la salvezza all’ultimo respiro della stagione precedente, e vedendosela con Avellino, Perugia, Nocerina, Pisa e Frosinone nessuno si sarebbe mai aspettato un risultato del genere, dove hanno avuto la meglio il cuore, la testa e la grinta.
Sembra  la classica fiaba a lieto fine, quella che in passato ha visto protagoniste il Chievo di Del Neri, il Novara di Tesser, il Cesena di Bisoli, il Genoa di Gasperini o il Napoli di Edi Reja. Certo, parliamo di paragoni importanti, di duplici salti dalla Serie C alla Serie A, ma pur sempre grandi imprese, come quelle di Carpi e Latina.
Partiamo dagli emiliani, scottati dalla mancata promozione nella stagione passata, il Carpi si presenta ai nastri di partenza come una squadra solida e compatta. Il ritorno fra le mura amiche, allo stadio Cabassi, carica gli uomini guidati dalla “strana coppia” Tacchini-Cioffi per una partenza coi fiocchi. Alla fine del girone d’andata il Carpi aggancia il Lecce in vetta alla classifica, grazie proprio alla storica vittoria del Via del mare. La società investe sul mercato e regala ai tifosi tre colpi d’eccezione: l’ex bolognese Della Rocca ed il duo di reggini Melara-Viola.
Con questi presupposti la scalata al vertice è cominciata, ma qualcosa s’inceppa. Il Carpi, vera macchina da punti nel girone d’andata, si blocca sul più bello. Con un solo punto nelle prime sei giornate del girone di ritorno, il Carpi scivola fuori dalla zona play-off. Serve una scossa, il presidente Caliumi decide di cambiare guida tecnica, affidando i bianco-rossi alle abili cure di Fabio Brini, tecnico navigato e con alle spalle già tre promozioni in cadetteria. La scelta si rivela fruttuosa, pur non riuscendo a tenere il passo imposto da Trapani e Lecce, che fanno un campionato a parte. Il Carpi conclude così la stagione al terzo posto, a quota 51 punti in classifica, qualificandosi per i play-off dove dovrà vedersela con il Lecce di Giacomazzi e Chevanton.
I favori del pronostico son tutti per i giallorossi, che hanno chiuso la regular season con ben 10 lunghezze sugli uomini di Brini. Ma il Carpi ha carattere, non molla mai, e al 75’ minuto è il centravanti  Mehdi Kabine, marocchino classe 1984, a regalare il goal che vuol dire Serie B.
Una cavalcata trionfale quella del Carpi, che ha visto eccellere alcuni elementi. La difesa era guidata dall’estremo difensore Sportiello, 21enne scuola Atalanta, e dal duo Poli-Letizia, rispettivamente centrale e terzino di spinta.
Davanti alla difesa il mediano 25enne Raffaele Bianco, un ragazzo cresciuto nel vivaio della Juventus e che ha faticato ad esplodere fra i professionisti. Le vere star, però, sono state i nuovi innesti: Della Rocca, Viola e Melara. Parliamo di tre giocatori fuori categoria, certo, che si sono calati alla perfezione nel ruolo dei trascinatori. Infine non si può non fare un accenno ad Arma e Kabine, attaccanti marocchini che hanno contribuito in modo decisivo alla promozione dei biancorossi. Il primo detiene il titolo di cannoniere della squadra, con 10 reti; il secondo ha il merito di aver regalato il goal decisivo al Via del mare di Lecce, un goal che difficilmente potrà scordare e che ha fatto ripiombare l’intera città di Lecce nel dramma.
Un dramma sportivo e sociale, degenerato in pochi minuti in una violenta invasione di campo ed in scontri con la polizia che mai vorremmo commentare. Eppure il Carpi, nell’intimità del suo spogliatoio, festeggia la storica affermazione, ringraziando coach Brini per la sua quarta promozione in carriera.
Se quella del Carpi è una “fiaba a lieto fine”, l’avventura del Latina è degna di un grande romanziere. I laziali, infatti, si sono trovati quasi per caso in Lega Pro. Nel 2010, a seguito di numerosi fallimenti, sono stati ripescati nel girone di Seconda Divisione, trovando un’insperata promozione a fine anno.  La stagione successiva vede i nerazzurri invischiati nella lotta per non retrocedere, che culminerà con il successo ai Play-out contro la Triestina di Allegretti.
La stagione si apre quindi con il Latina che parte senza i favori del pronostico, con la nuova guida tecnica di Fabio Pecchia. L’ex centrocampista di Napoli, Juventus e Sampdoria viene da una burrascosa stagione alla guida del Gubbio, in serie B, ed è pronto a rimettersi in gioco. I nerazzurri partono forte e mantengono uno standard di prestazioni elevato, chiudendo il campionato al terzo posto. Avellino e Perugia hanno una marcia in più, ma l’ambiente nerazzurro crede fortemente alla promozione. Un piccolo passaggio a vuoto, che consente a campani ed umbri di allungare, costa la panchina a Fabio Pecchia. Al suo posto è richiamato l’eroe di mille battaglie, lo storico allenatore della promozione in Prima Divisione: Stefano Sanderra.
Sanderra prende in mano la squadra e sferza i suoi ragazzi, guidandoli alla vittoria in Coppa Italia (di Lega Pro ovviamente) ed alla storica promozione. Per farlo son necessari i Play-off, dapprima contro la Nocerina; quindi contro il Pisa.
Il Latina tiene lo 0-0 a Pisa e si gioca il ritorno consapevole di aver bisogno del successo per approdare in Serie B. Jefferson riacciuffa il pari a fine primo tempo, pareggiando il vantaggio toscano firmato da Barberis. Si va così ai tempi supplementari, dove al settimo minuto è un rigore di Cejas a portare in vantaggio il Latina. Saltano gli schemi, la partita si gioca sul filo dei nervi, ma l’espulsione del portiere pisano spiana la strada al Latina, che chiude partita e lotta promozione con un goal di Burrai.
Un trionfo quello del Latina, i cui artefici principali sono senza dubbio Bindi, Cottafava, Cejas, Gerbo e Barraco. Parliamo di giocatori esperti, tutti navigati e di categoria. Barraco, 27 anni e 9 reti in questa stagione, è il capocannoniere della squadra. Una vita spesa a fare goal in Lega Pro, ed ora ha finalmente l’occasione di confrontarsi con la Serie B. Lo stesso vale per gli altri, ad eccezione di Cottafava, che è stato il leader carismatico della squadra, forte della sua stagione in  A con il Treviso e le numerose partite in cadetteria con le casacche di Lecce, Triestina e Gubbio.
Ma quella del Latina è principalmente la vittoria del gruppo, dello spogliatoio. Una squadra che ha sempre remato nella stessa direzione e che non si è mai abbattuta, nemmeno nei concitati minuti della finale play-off.
Per Latina e Carpi si tratta di un momento storico, tanto per le società quanto per le città. Per i laziali significa affacciarsi al grande calcio, dando lustro ad una regione che ha fino ad ora contato quasi solo sulle due compagini della capitale. Per il Carpi è una vittoria di cuore, fondamentale per una regione come l’Emilia, vessata solo un anno fa da un terrificante terremoto.
E’ la vittoria del gruppo, della programmazione e dell’organizzazione, qualità che le due società avranno l’obbligo di continuare a far proprie per confermarsi in Serie B, il campionato più duro e lungo della penisola italica.


Storia, strutture e giocatori fuori categoria. Queste sono le credenziali con cui si presentavano in Lega Pro il Lecce ed il Perugia. Pronte per una stagione di successo, le due storiche compagini hanno invece fallito, mancando l’obiettivo promozione nonostante un organico sopra la media.
In Lega Pro i nomi non bastano, occorre forza di volontà, abnegazione e tanto tanto sudore. Leccee Perugia si trovano ora a riflettere mestamente su un destino che nessuno avrebbe pensato possibile all’inizio della passata stagione.
Il Lecce si presentava ai nastri di partenza con un organico “ammazza campionato”. Benassi, Esposito, Fatic, Bogliacino, Giacomazzi, Chevanton e Jeda non rappresentavano solo un lusso per la categoria, ma anche il lascia passare per il paradiso. Eppure non sono bastati questi giocatori di caratura superiore per avere la meglio sul Trapani ed il Carpi, rispettivamente carnefice e boia dei salentini. I siciliani l’hanno spuntata di misura, cogliendo il momento decisivo in campionato proprio con i 3 punti del Via del mare; gli emiliani hanno invece affossato i giallorossi con un uno-due da lasciare basiti.
Il Perugia, invece, non si presentava con così tanti uomini di prestigio, ma vantava alcuni piccoli gioielli. In porta lo sloveno Koprivec doveva essere un valore aggiunto, così come il difensore Giani, forgiato dai molti anni di militanza con il Vicenza. Il vero faro della squadra era Vincenzo Italiano, uno che ha sempre dato del “tu” al pallone ed ha calcato ben altri palcoscenici. Infine Rantier, un attaccante di talento che si sperava trovasse la sua definitiva dimensione in Lega Pro. Eppure, nonostante il pedigree del puro sangue, i grifoni si trovano nuovamente all’inferno, sperando che Cristiano Lucarelli, il probabile nuovo allenatore, sia il traghettatore giusto per lasciare le rive dello Stige.

Perugia e Lecce sono il classico esempio di squadre in cui i nomi non bastano. Per vincere i campionati minori non bastano giocatori di livello, ci vuole una forte coesione societaria ed uno spirito di abnegazione fuori dal comune. Senza il sacrificio, in Italia, non si va da nessuna parte. 

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