Esperto di Calcio

25 luglio 2013

Il buono e il brutto del mercato: le 7 sorelle stanno tornando?

Un bell'editoriale firmato dall'amico Alfredo De Vuono, direttore di Fantagazzetta.

C'è (anche) del buono, in questa sessione di calciomercato. Nell'aria c'è un profumino, lieve ma riconoscibilissimo, di lenta e costante crescita. Certo, ci sono gli addii di tanti pezzi grossi del campionato, molti dei quali ancora generazionalmente appetibili. Ma dietro le cessioni di Jovetic al City e Cavani e Marquinhos al PSG c'è dell'altro: anzitutto il dato di fatto in base al quale, pur essendo sprofondati nella fase di magra, la nostra(na) Serie A è ancora in grado di accogliere e far crescere gioielli di assoluto valore internazionale.
In secundis, che questo loro valore è massimizzato rispetto alle disponibilità degli altri.

Cerco di spiegarmi. Vent'anni fa nessuno avrebbe mai pagato 70 miliardi (si, detta così fa sempre più effetto) alla Roma per un difensore 18enne che, detto tra noi - ed anche se dimostrasse di essere qualcosa in più d'una banale promessa - ne vale si e no la metà. Se non un terzo.
Discorso simile vale anche per Jovetic, per intenderci, che agli occhi di chi scrive è più che altro un talentuoso 24enne, dai piedi buoni ma con una discontinuità ed una fragilità che, non fosse per i tanti jump garantitigli da un certo tipo di ritorno mediatico, potrebbe esser paragonato ad uno qualunque dei tanti, farlocchi, eredi di Ronaldinho in Brasile o di Maradona in Argentina. Di Cavani, poi, ho già scritto: ed evito di ripetermi.

No, non è l'atteggiamento della volpe con l'uva. Anzi. E' quello di chi, perfettamente cosciente di quelle che sono le dinamiche attuali del calciomercato, realizza la diminutio tecnica della A, ma al contempo l'interfaccia una considerazione finanziaria: i nostri club adesso hanno finalmente capito come capitalizzare dalle cessioni eccellenti. Vendono a peso d'oro all'estero e scambiano a costo zero in patria. Il tutto, per fare delle condizioni al contorno imposte dalla crisi il fulcro d'una graduale ricrescita.
Così ha fatto il Milan, così potrebbe fare la Juve - che almeno due cessioni, ed anche di discreto valore, le farà -, così stanno facendo Roma, Napoli e Fiorentina. L'Italia che riparte dalle occasioni e dai saldi, oltre che dai giovani e dai reietti: questo è il campionato che ci mancava. Assalito da un fascino tutto diverso che, diciamocelo, è anche meno scontato agli occhi dello spettatore.

Ricominciare dalle certezze assolute, d'altro canto, sarà sì dolce e godereccia come sensazione, ma alla lunga rischia di stuccare al palato. La Serie A, adesso, è tutt'altra roba. E' un magma indistinguibile di novità da esplorare, di personaggi da scoprire, di campioni da ritrovare e scommesse da vincere.
E di storie nuove da raccontare. Quelle dei Kakà, Eto'o, Ibrahimovic, Zidane, Shevchenko, Cavani e Thiago Silva, d'altra parte, già le conosciamo a menadito. Fossero rimasti ad aeternum in Italia, in realtà, avrebbero ostruito la costruzione di altre storie, e non meno affascinanti, per intenderci.

Ripartiamo dai milioni degli sceicchi. Li stanno sperperando, nel 90% delle circostanze: fateci caso. E quasi sicuramente tra qualche anno si stancheranno irrimediabilmente anche del calcio.
La maggior parte dei calciatori che comprano - quasi fosse per soddisfare in quache misura il loro ego gigante ed ignorante - se non si rivelano dei flop senza rimedio, dopo poco chiedono d'esser lasciati liberi di tornare nel calcio che li ha lanciati, o comunque in quello che avrebbero preferito sportivamente, e che hanno rifiutato per questioni strettamente legate alle libagioni. E' ripartendo da questo inatteso flusso in entrata che, misto all'esperienza in ambito giovanile che stiamo maturando, torneremo a dare lustro al nostro calcio. E' una necessità, ma anche un'opportunità.

Anche perché, nel frattempo, non stiamo neanche faticando a costruirci noi, in casa, i top-player. I Gomez, i Balotelli ed i Tevez che chiedono di ripartire da Firenze, Milano e Torino non sono una casualità; così come non lo sono i Callejon, i Mertens e gli Albiol che scelgono Napoli per abbracciare un progetto ambizioso.
Così come i Pogba, gli El Shaarawy, gli Insigne, i De Sciglio, e - mettiamocelo dentro, sognando un suo ritorno nel Belpaese - i Verratti che, ancora giovanissimi, rappresentano delle fulgide eccellenze del calcio Under-23 mondiale.
L'ultimo colpo alla botte lo daranno i prossimi 40 giorni di mercato. Quest'anno, difatti, più d'ogni altro, è appariscente una certa impennata d'anticipo nei confronti delle scadenze della finestra, generalmente sfruttata solo in dirittura d'arrivo per dar libero sfogo ai cosiddetti 'saldi' di fine agosto. Non stavolta: perché i bilanci, in media, sono nettamente migliori del passato, ed anche le intenzioni dei dirigenti. Che vogliono aspettare la chiusura solo per sferrare il colpo decisivo, quello ad effetto, che serve non tanto a fare da unicum della campagna acquisti, quanto a rappresentarne la ciliegina.
Ecco perché l'idea Higuain o, meglio ancora Ibrahimovic, per il Napoli non è da scartare: anzi. Così come non lo è quello d'un ottimo cursore mancino per la Juve e d'un centrocampista ed un difensore per il Milan.
Stesso discorso vale per l'Inter a cui Moratti ha promesso ancora un colpo di cui parlare, e per la Fiorentina cui Pradé ed i Della Valle stanno rendendo servigi d'altissimo livello. La Roma e la Lazio, a loro volta, stanno demolendo poco ed inserendo nella stessa misura, pur agendo con dovizia di particolari e razionalità.

Insomma: tutto va, anche se non sembra, nella direzione della crescita e dell'omogeneità dei valori in campo. Non mi stupirei, in parole povere, se da qui a qualche anno, il calcio italiano ritornasse all'epoca delle arcinote '7 sorelle'. Quando il mercato eravamo noi a farlo, e non a subirlo, ed i valori in campo erano geograficamente equilibrati. Quando la Serie A era universalmente riconosciuta come la Lega più spettacolare ed ardua del Mondo, e la voglia di tutti era quella di parteciparvi, e non di abbandonarla per i lidi dorati. Quelli che, dopo averli abbandonati, li rimpiangi per un solo motivo. Lo stesso per cui ti ci sei trasferito.

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