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Alzi la mano chi, a inizio stagione, avrebbe scommesso sulla
promozione in cadetteria di Carpi e Latina. Non tanto per la storia delle due
compagini, neopromosse nella seconda serie italiana, quanto per le terribili
rivali dei rispettivi gironi di Lega Pro.
Il Carpi non ha dovuto vedersela solo con il Trapani,
vincitore del torneo, ma con squadre abituate ad altri palcoscenici: le nobili
decaduteCremonese, Albinoleffe e Como, ma soprattutto il Lecce, squadra che
arrivava dalla Serie A e con una rosa fuori categoria con Giacomazzi,
Chevanton, Fatic, Esposito e Jeda, tutta gente abituata alla massima serie.
Il Latina è stata la vera sorpresa del torneo, con un
percorso irto e del tutto inaspettato. Dopo la salvezza all’ultimo respiro
della stagione precedente, e vedendosela con Avellino, Perugia, Nocerina, Pisa
e Frosinone nessuno si sarebbe mai aspettato un risultato del genere, dove
hanno avuto la meglio il cuore, la testa e la grinta.
Sembra la classica
fiaba a lieto fine, quella che in passato ha visto protagoniste il Chievo di
Del Neri, il Novara di Tesser, il Cesena di Bisoli, il Genoa di Gasperini o il
Napoli di Edi Reja. Certo, parliamo di paragoni importanti, di duplici salti
dalla Serie C alla Serie A, ma pur sempre grandi imprese, come quelle di Carpi
e Latina.
Partiamo dagli emiliani, scottati dalla mancata promozione nella
stagione passata, il Carpi si presenta ai nastri di partenza come una squadra
solida e compatta. Il ritorno fra le mura amiche, allo stadio Cabassi, carica
gli uomini guidati dalla “strana coppia” Tacchini-Cioffi per una partenza coi
fiocchi. Alla fine del girone d’andata il Carpi aggancia il Lecce in vetta alla
classifica, grazie proprio alla storica vittoria del Via del mare. La società investe
sul mercato e regala ai tifosi tre colpi d’eccezione: l’ex bolognese Della
Rocca ed il duo di reggini Melara-Viola.
Con questi presupposti la scalata al vertice è cominciata,
ma qualcosa s’inceppa. Il Carpi, vera macchina da punti nel girone d’andata, si
blocca sul più bello. Con un solo punto nelle prime sei giornate del girone di
ritorno, il Carpi scivola fuori dalla zona play-off. Serve una scossa, il
presidente Caliumi decide di cambiare guida tecnica, affidando i bianco-rossi
alle abili cure di Fabio Brini, tecnico navigato e con alle spalle già tre
promozioni in cadetteria. La scelta si rivela fruttuosa, pur non riuscendo a
tenere il passo imposto da Trapani e Lecce, che fanno un campionato a parte. Il
Carpi conclude così la stagione al terzo posto, a quota 51 punti in classifica,
qualificandosi per i play-off dove dovrà vedersela con il Lecce di Giacomazzi e
Chevanton.
I favori del pronostico son
tutti per i giallorossi, che hanno chiuso la regular season con ben 10 lunghezze
sugli uomini di Brini. Ma il Carpi ha carattere, non molla mai, e al 75’ minuto
è il centravanti Mehdi Kabine,
marocchino classe 1984, a regalare il goal che vuol dire Serie B.
Una cavalcata trionfale quella
del Carpi, che ha visto eccellere alcuni elementi. La difesa era guidata
dall’estremo difensore Sportiello, 21enne scuola Atalanta, e dal duo
Poli-Letizia, rispettivamente centrale e terzino di spinta.
Davanti alla difesa il mediano
25enne Raffaele Bianco, un ragazzo cresciuto nel vivaio della Juventus e che ha
faticato ad esplodere fra i professionisti. Le vere star, però, sono state i
nuovi innesti: Della Rocca, Viola e Melara. Parliamo di tre giocatori fuori
categoria, certo, che si sono calati alla perfezione nel ruolo dei
trascinatori. Infine non si può non fare un accenno ad Arma e Kabine, attaccanti
marocchini che hanno contribuito in modo decisivo alla promozione dei
biancorossi. Il primo detiene il titolo di cannoniere della squadra, con 10
reti; il secondo ha il merito di aver regalato il goal decisivo al Via del mare
di Lecce, un goal che difficilmente potrà scordare e che ha fatto ripiombare
l’intera città di Lecce nel dramma.
Un dramma sportivo e sociale,
degenerato in pochi minuti in una violenta invasione di campo ed in scontri con
la polizia che mai vorremmo commentare. Eppure il Carpi, nell’intimità del suo
spogliatoio, festeggia la storica affermazione, ringraziando coach Brini per la
sua quarta promozione in carriera.
Se quella del Carpi è una
“fiaba a lieto fine”, l’avventura del Latina è degna di un grande romanziere. I
laziali, infatti, si sono trovati quasi per caso in Lega Pro. Nel 2010, a
seguito di numerosi fallimenti, sono stati ripescati nel girone di Seconda
Divisione, trovando un’insperata promozione a fine anno. La stagione successiva vede i nerazzurri
invischiati nella lotta per non retrocedere, che culminerà con il successo ai
Play-out contro la Triestina di Allegretti.
La stagione si apre quindi con
il Latina che parte senza i favori del pronostico, con la nuova guida tecnica
di Fabio Pecchia. L’ex centrocampista di Napoli, Juventus e Sampdoria viene da
una burrascosa stagione alla guida del Gubbio, in serie B, ed è pronto a
rimettersi in gioco. I nerazzurri partono forte e mantengono uno standard di
prestazioni elevato, chiudendo il campionato al terzo posto. Avellino e Perugia
hanno una marcia in più, ma l’ambiente nerazzurro crede fortemente alla
promozione. Un piccolo passaggio a vuoto, che consente a campani ed umbri di
allungare, costa la panchina a Fabio Pecchia. Al suo posto è richiamato l’eroe
di mille battaglie, lo storico allenatore della promozione in Prima Divisione:
Stefano Sanderra.
Sanderra prende in mano la
squadra e sferza i suoi ragazzi, guidandoli alla vittoria in Coppa Italia (di
Lega Pro ovviamente) ed alla storica promozione. Per farlo son necessari i Play-off,
dapprima contro la Nocerina; quindi contro il Pisa.
Il Latina tiene lo 0-0 a Pisa e
si gioca il ritorno consapevole di aver bisogno del successo per approdare in
Serie B. Jefferson riacciuffa il pari a fine primo tempo, pareggiando il
vantaggio toscano firmato da Barberis. Si va così ai tempi supplementari, dove
al settimo minuto è un rigore di Cejas a portare in vantaggio il Latina.
Saltano gli schemi, la partita si gioca sul filo dei nervi, ma l’espulsione del
portiere pisano spiana la strada al Latina, che chiude partita e lotta
promozione con un goal di Burrai.
Un trionfo quello del Latina, i
cui artefici principali sono senza dubbio Bindi, Cottafava, Cejas, Gerbo e
Barraco. Parliamo di giocatori esperti, tutti navigati e di categoria. Barraco,
27 anni e 9 reti in questa stagione, è il capocannoniere della squadra. Una
vita spesa a fare goal in Lega Pro, ed ora ha finalmente l’occasione di
confrontarsi con la Serie B. Lo stesso vale per gli altri, ad eccezione di
Cottafava, che è stato il leader carismatico della squadra, forte della sua
stagione in A con il Treviso e le
numerose partite in cadetteria con le casacche di Lecce, Triestina e Gubbio.
Ma quella del Latina è
principalmente la vittoria del gruppo, dello spogliatoio. Una squadra che ha
sempre remato nella stessa direzione e che non si è mai abbattuta, nemmeno nei
concitati minuti della finale play-off.
Per Latina e Carpi si tratta di un momento storico, tanto
per le società quanto per le città. Per i laziali significa affacciarsi al grande
calcio, dando lustro ad una regione che ha fino ad ora contato quasi solo sulle
due compagini della capitale. Per il Carpi è una vittoria di cuore,
fondamentale per una regione come l’Emilia, vessata solo un anno fa da un
terrificante terremoto.
E’ la vittoria del gruppo, della programmazione e
dell’organizzazione, qualità che le due società avranno l’obbligo di continuare
a far proprie per confermarsi in Serie B, il campionato più duro e lungo della
penisola italica.
Storia, strutture e giocatori fuori categoria. Queste sono
le credenziali con cui si presentavano in Lega Pro il Lecce ed il Perugia.
Pronte per una stagione di successo, le due storiche compagini hanno invece
fallito, mancando l’obiettivo promozione nonostante un organico sopra la media.
In Lega Pro i nomi non bastano, occorre forza di volontà,
abnegazione e tanto tanto sudore. Leccee Perugia si trovano ora a riflettere
mestamente su un destino che nessuno avrebbe pensato possibile all’inizio della
passata stagione.
Il Lecce si presentava ai nastri di partenza con un organico
“ammazza campionato”. Benassi, Esposito, Fatic, Bogliacino, Giacomazzi,
Chevanton e Jeda non rappresentavano solo un lusso per la categoria, ma anche
il lascia passare per il paradiso. Eppure non sono bastati questi giocatori di
caratura superiore per avere la meglio sul Trapani ed il Carpi, rispettivamente
carnefice e boia dei salentini. I siciliani l’hanno spuntata di misura,
cogliendo il momento decisivo in campionato proprio con i 3 punti del Via del
mare; gli emiliani hanno invece affossato i giallorossi con un uno-due da
lasciare basiti.
Il Perugia, invece, non si presentava con così tanti uomini
di prestigio, ma vantava alcuni piccoli gioielli. In porta lo sloveno Koprivec
doveva essere un valore aggiunto, così come il difensore Giani, forgiato dai
molti anni di militanza con il Vicenza. Il vero faro della squadra era Vincenzo
Italiano, uno che ha sempre dato del “tu” al pallone ed ha calcato ben altri
palcoscenici. Infine Rantier, un attaccante di talento che si sperava trovasse
la sua definitiva dimensione in Lega Pro. Eppure, nonostante il pedigree del
puro sangue, i grifoni si trovano nuovamente all’inferno, sperando che
Cristiano Lucarelli, il probabile nuovo allenatore, sia il traghettatore giusto
per lasciare le rive dello Stige.
Perugia e Lecce sono il classico esempio di squadre in cui i
nomi non bastano. Per vincere i campionati minori non bastano giocatori di
livello, ci vuole una forte coesione societaria ed uno spirito di abnegazione
fuori dal comune. Senza il sacrificio, in Italia, non si va da nessuna parte.
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