Esperto di Calcio

12 gennaio 2015

Storie di calcio: Seedorf-Inzaghi, i numeri non mentono

Io sono un grande estimatore di Seedorf, questa premessa è doverosa farla. L'ho sempre apprezzato, come calciatore e come uomo di calcio, e continuo a pensare che la sua intelligenza potrebbe fare benissimo al nostro sistema sportivo ed ai giovani talenti.
Detto questo, sono i numeri quelli che vanno analizzati, e ad oggi dicono che il tanto vituperato olandese, messo in panchina con ancora le scarpette da calcio ai piedi, ha collezionato 35 punti in 19 partite. 
Il gioco espresso dal suo Milan non era spumeggiante, è vero, ma ha saputo fare di necessità virtù. Ha ereditato una squadra che non si era né scelto né costruito ed ha saputo dargli una sua dignità, facendo un girone di ritorno tutto sommato buono. La società, che fortemente lo aveva voluto e blindato con un contratto fino al 30 Giugno 2016, non lo aveva aiutato sul mercato. Seedorf si era infatti trovato per le mani la rosa a disposizione di Allegri con l'aggiunta di Adil Rami, che oggi gioca e non gioca, ed il marocchino Taarabt. In aggiunta aveva a disposizione Balotelli, universalmente riconosciuto come una mela marcia in quel di Milanello, ma era orfano di El Shaarawy, intento a curarsi dai suoi misteriosi mali di gioventù.

Ecco, nonostante tutte queste difficoltà e la totale assenza di esperienza da allenatore, Seedorf aveva portato in dote 35 punti, frutto di 11 vittorie, 2 pareggi e 6 sconfitte, tre delle quali contro Napoli, Juventus e Roma. In Champions League era sì uscito subito agli ottavi, ma contro quell'Atletico Madrid che per un soffio non era riuscito ad alzare la coppa nel derby con il Real. Insomma, non male per un debuttante.


In estate, però, Seedorf è stato allontanato in favore di Pippo Inzaghi, vero pupillo dell'amministratore delegato Adriano Galliani. Pippo, maturato come tecnico lavorando con gli allievi prima e la Primavera poi, è chiamato sulla panchina rossonera con un chiaro intento: riportare il Milan in Europa. E tutti quanti sappiamo che per il Milan esiste una sola competizione europea, la Champions League. Per farlo la società non ha investito cifre massive sul mercato, ma ha saputo comunque regalare alcuni colpi niente male. In porta arriva Diego Lopez dal Real Madrid, un estremo difensore capace di togliere il posto ad Iker Casillas. La difesa è puntellata con l'acquisto in pompa magna dell'esperto centrale brasiliano Alex ed Armero, pur sempre il terzino sinistro titolare di un'ottima nazionale come la Colombia. A centrocampo il tassello giusto è Giacomo Bonaventura, talento italiano da troppo tempo sottovalutato. Accanto a lui arriva il promettente Van Ginkel, olandese scuola Chelsea.
Ma è in attacco che la società riserva i suoi fuochi d'artificio, cedendo Balotelli (con il benestare assoluto dell'allenatore) ed acquistando Jeremy Menez e Fernando Torres, non proprio nomi da poco. Con un El Shaarawy in più, finalmente ristabilito, la differenza in termini di rosa è palese, difficile sostenere il contrario. Se poi pensiamo che oggi, a mercato ancora aperto, è arrivato anche Cerci e si fanno i nomi di Destro e Osvaldo, il confronto è impari.

Eppure con materiale migliore, maggiore esperienza ed un'intera preparazione estiva per plasmare la squadra, i punti a referto sono meno. Anche vincendo l'ultima di andata, Inzaghi avrebbe portato in dote 29 punti, frutto di 7 vittorie (una ancora da ottenere), ben 8 pareggi e 4 sconfitte. Sul piano del gioco, poi, non si è visto alcun miglioramento. Tolti gli exploit di inizio torneo, infatti, i rossoneri hanno espresso un gioco scialbo, una difesa poco solida ed un attacco totalmente dipendente dalla giornata di Menez, unico vero trascinatore del Diavolo. Gli unici acuti sono stati quelli contro Napoli e Roma, poco prima della sosta natalizia, svalutate dalle nette sconfitte casalinghe con Sassuolo e Palermo, ed i pareggi contro le pericolanti Cagliari, Empoli e Cesena. Così facendo la Champions League è un miraggio. 

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