Esperto di Calcio

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31 maggio 2013

Cannonate all'Inter: oggi come ieri, Sneijder come Vieri, Ronaldo, Ibra e..

Le grandi squadre esercitano un fascino inestimabile sui campioni, nostrani o esteri che siano. E' inutile negarlo, le grandi d'Europa hanno un appeal che delle squadre di medio-alto livello non avranno mai. In Italia sono tre le compagini che si ergono sopra le altre: Juventus, Milan ed Inter. Se le prime due riescono ad avere un carisma incommensurabile sui propri giocatori o propri ex, non sembra altrettanto vero per i nerazzurri. Non voglio esser pretestuoso, ma nei miei 25 anni di calcio non ricordo molti grandi giocatori che abbiano sparato a zero su bianconeri o rossoneri.
Miccoli, Davids, Vieira, son giocatori che hanno espresso giudizi severi nei confronti della Juve (il pugliese) o del Milan (i due mediani colored). Tuttavia sempre in termini gentili, mai eccessivi. Non si può dire lo stesso per i nerazzurri, che dopo l'esultanza beffarda di Ronaldo, la causa milionaria di Bobo Vieri e la pazzesca biografia di Van Der Meyde, sono ora alle prese con le focose dichiarazioni di Wesley Sneijder alla stampa olandese: "L’Inter mi voleva fare a pezzi. Per i giocatori e i tifosi l’ho trovato veramente terribile - riconosce Sneijder - ma per altre persone non mi è per niente dispiaciuto che il club sia finito con un risultato di mezza classifica al 9° posto in Serie A, senza neanche una possibilità per poter giocare in Europa e che l’allenatore abbia dovuto andarsene. Se non avessi avuto la personalità che ho, dopo un’esperienza del genere non sarei più riuscito a giocare a calcio. Hanno provato in tutti i modi a farmi a pezzi: tutti i giorni ce n’era una. Un esempio? Una volta ho portato una persona con me all’allenamento e l’ho lasciata nel bar con gli ospiti degli altri giocatori. Quando sono tornato a prenderlo era scomparso: lo avevano mandato via dal bar, mettendolo in uno sgabuzzino senza finestre. Molte persone all’Inter non meritano più la mia fiducia. E’ stato un periodo di alti bassi, in cui ogni tanto ero molto giù, ma poi mi riprendevo, perché una situazione del genere ti irrobustisce anche. Meno male che avevo mia moglie Yolanthe con me a Milano, che riusciva calmarmi. Se ci fosse stato mio padre, lui avrebbe perso la testa". Sneijder conclude con un filo di speranza: "Spero comunque che coloro che prendono le decisioni all’interno del club si mettano a meditare, perché quello che è accaduto non è degno dell’Inter".
Come dire, le vecchie abitudini son dure a morire.

Fiorentina: Mario Gomez al posto di Jovetic è un affare!

I viola perderanno Jovetic, ma non sono così certo che si indeboliranno. Lo dico quasi a mio discapito, dato che il fuoriclasse montenegrino sembra diretto a peso d'oro verso la "mia" Juventus. Eppure, stando alle voci che girano in Italia, la Fiorentina sembra ben indirizzata per la sua sostituzione, con un giocatore di peso che possa giocare alla grande con adem Ljajic, forse anche più dello stesso Jo-Jo.
La Nazione, storico giornale fiorentino, riporta infatti di un ballottaggio fra Negredo e Mario Gomez, pronti a raccogliere l'eredità del numero 8 gigliato: "Alvaro Negredo e la Fiorentina. Una storia di mercato che parte da lontano. Dal mese di gennaio per l’esattezza. Dal giorno successivo al no della Roma alla proposta viola per Osvaldo. E Negredo, proprio come cinque mesi fa, torna ad essere il primo obiettivo per l’attacco della Fiorentina del futuro.
Ha un contratto che scade nel 2016, il bomber spagnolo, e anche per questo il Siviglia (che ha in mano il suo cartellino) lo valuta a peso d’oro. Secondo i parametri del mercato internazionale oggi un giocatore come Negredo vale circa 18 milioni di euro, ma il Siviglia ha fatto sapere alla Fiorentina che potrà trattarlo solo sulla base di un’offerta decisamente più alta. Non inferiore ai 22/23 milioni.
Una cifra che si avvicina molto al valore di Stevan Jovetic, il che può servire a capire meglio perché la Fiorentina vuole arrivare a definire in fretta la posizione del montenegrino. Il discorso sembra semplice: con i soldi di Jo Jo, la società viola potrà mettersi al lavoro (subito) per arrivare all’ingaggio del pezzo pregiato di questa estate. E la candidatura di Negredo sembra, al momento, quella da seguire con maggiore attenzione.
Due i viaggi segreti a Siviglia che Pradè e Macia hanno compiuto nei mesi scorsi. Il primo, quello avvenuto a gennaio, si rivelò utilissimo per capire se esistevano margini di trattativa per convincere l’attaccante e il suo club, oppure Negredo era da considerarsi un intoccabile. La risposta (anche se accompagnata da un tariffario molto pesante) fu considerata positiva. Altro blitz in Spagna, l’aprile scorso. Macia vola a Siviglia e fa ripartire la trattativa, fissando così un appuntamento di massima per il mese di giugno. Appunto subito dopo aver messo insieme i soldi incassati con l’addio di Jovetic.
Fin qui il discorso relativo a Negredo. Ma fra i sogni viola (e di Pradè) sembra riprendere quota anche l’idea Mario Gomez. Anche in questo caso l’investimento da mettere in preventivo coinciderebbe con tutti i soldi incassati da Jo Jo."
Negredo non lo ritengo un giocatore in grado di fare la differenza, ma Mario Gomez sarebbe un colpo fantastico. L'ariete tedesco ha tutto: personalità, carisma, tecnica, forza e senso del goal. Cosa potrebbe desiderare di più Montella?

Juve, sorpresa Chicharito Hernandez?

Secondo il Daily Mirror, se la Juventus non dovesse riuscire ad acquistare Gonzalo Higuain dal Real Madrid, la dirigezza bianconera si butterebbee su Javier Hernandez, attaccante del Manchester United. Marotta e Paratici sarebbero pronti a sborsare 17 milioni di sterline per il 24enne messicano.

El Chicharito è considerato uno dei principiali indiziati a lasciare Manchester nel corso del calciomercato estivo nonostante un'ottima stagione con la maglia rossa dei Red Devils. I numeri parlano chiaro, il messicano ha fatto molto bene e sarebbe un gradito rinforzo. E se fosse lui l'uomo giusto per l'attacco bianconero? Io non credo, ma ormai non mi stupirei più di nulla. Per chi conosce il calcio come me, e lo ama, il vero Hernandez messicano non è Chicharito, ma Luis. Quella chioma bionda e quei movimenti orizzontali per eludere il fuorigioco rimarranno nella storia, nella leggenda. Mi ero sportivamente innamorato di lui ai Mondiali di Francia '98, dove aveva letteralmente dato spettacolo.

30 maggio 2013

Da Mazzarri a Benitez, come cambia il Napoli. E se arrivasse Mario Gomez...

Passare da Mazzarri e Benitez non sarà semplice. Intendiamoci, lo spagnolo è un gran tecnico e la scelta non rappresenta un passo indietro. Anzi, io penso che Benitez sia decisamente meglio di Mazzarri, per conoscenze, competenze e carisma. Tuttavia, passare da un dogmatico del 3-5-2 che organizza le sue squadre sulla velocità e le ripartenze, ad un integralista del palleggio e della difesa a quattro non sarà cosa da poco. Penso che sia davvero interessante capire come e quanto muterà il Napoli del tecnico spagnolo, che inizierà modificando l'approccio sul mercato. Addio agli esterni tuttofare, benvenuti terzini e mediani di ragionamento, oltre ad una punta. Proprio qui sembrano concentrarsi li sforzi della dirigenza azzurra, come riportano i maggiori organi di stampa: "Mentre Aurelio De Laurentiis aspetta con ansia la risposta di Edinson Cavani alla proposta da 7 milioni netti a stagione fino al 2018 presentata negli ultimi giorni dal club partenopeo al bomber, il ds Riccardo Bigon tratta con Rafa Benitez gli eventuali sostituti all'uruguaiano. Il primo è Edin Dzeko del Manchester City; il secondo Mario Gomez del Bayern Monaco. La prima scelta è l'attaccante dei Citizens che però potrebbe anche dire di no ad un eventuale trasferimento in Campania. Il tedesco comunque non sarebbe una seconda scelta, perchè al tecnico spagnolo, il suo modo di attaccare lo spazio negli ultimi venti metri piace eccome. Intanto lo stesso Bigon ha proposto all'allenatore anche Leandro Damiao dell'Internacional di Porto Alegre, vecchio pallino del club di DeLa. Benitez lo seguirà con attenzione nel corso della prossima Confederations Cup, e nel caso in cui dovesse ritenerlo all'altezza potrebbe essere la scelta definitiva superando le due alternative sopra citate".

Falcao, Muriel, Cuadrado...ma la Colombia sforna nuovi talenti

Il calcio colombiano è un movimento in ascesa, lo sappiamo tutti. Ai vari Falcao, Cuadrado, Muriel e Rodriguez, ci sono grandi talenti pronti a sbocciare e a diventare delle stelle, proprio come i campioni citati pocanzi. Tmw riporta un interessante analisi dei nuovi fuoriclasse dei "cafeteros", su cui Esperto di Calcio ha deciso di soffermarsi:

Guarin, Cuadrado, Falcao e Muriel sono il presente del calcio colombiano, ma nei giorni del Torneo di Tolone, storica kermesse internazionale dedicata al calcio under20 gli occhi degli osservatori sono tutti orientati al futuro, a quelli che nel giro di pochi anni potrebbero diventare i nuovi "craque" del calcio mondiale.

Rimanendo nelle fila della Nazionale della Colombia, forse la più ricca di talenti degli ultimi anni, sono almeno quattro i giocatori da tenere sotto controllo. Tre di questi arrivano dal sempre florido vivaio del Deportivo Calì, probabilmente la migliore scuola calcistica dell'intero paese, mentre uno è il gioiellino del Cucuta Deportivo, società con sede alla base delle Ande.

Iniziando proprio da quest'ultimo il nome in questione è quello di Stiven Mendoza, attaccante esterno di sinistra classe 1992. Il ragazzo in stagione ha messo a referto 14 presenze con 4 gol e 2 assist, un bottino di assoluto rispetto per un giovane 19enne. La sua miglior peculiarità? L'utilizzo indistinto di entrambi i piedi. Destro o sinistro Mendoza dimostra grandi qualità.

Spazio adesso ai tre ragazzi del Deportivo Calì. Il primo è Gustavo Cuellar, centrocampista centrale classe 1992. Il giocatore nativo di Baranquilla è il classico mediano che riesce a mixare qualità e quantità. Non particolarmente alto compensa le doti fisiche con una spiccata personalità. Valore di mercato meno di un milione di euro.

Per la trequarti sono invece due i ragazzi da monitorare: Cristian Higuita e Carlos Lizarazo. Higuita è un ragazzino di soli 19 anni, ma è considerato in patria un vero gioiellino in prospettiva. Dribbling, velocità e una buona visione della porta lo rendono un prospetto interessante oltre che una colonna della Nazionale Under17 colombiana. Più maturo è invece il compagno di squadra Lizarazo che ha già sulle spalle un buon minutaggio nalla prima squadra del Deportivo Calì con 16 gare a referto e cinque gol messi a segno. Brevilineo ma veloce nello stretto e nel dribbling il giovane nativo propro della città di Calì è uno dei talenti più attenzionati dai molti osservatori europei presenti sugli spalti del Torneo di Tolone. Il futuro è adesso, basta volgere lo sguardo in Francia.


Per la cronaca, la Colombia ha battuto 4-2 il Belgio, un'altra nazionale dal futuro limpido e cristallino. curtois, Fellaini, Witsel, Benteke, Lukaku, Hazard. Insomma, gente che da del tu al pallone anche mentre dorme..

29 maggio 2013

Juve d'assalto: Higuain-Jovetic per dare l'assalto alla Champions

Non è una novità, ma sta nascendo una grande Juventus in avanti. Dopo i fasti del tridente Vialli-Del Piero-Ravanelli; e la grande decade del duo Del Piero-Trezeguet, i tifosi bianconeri potrebbero finalmente avere di nuovo un attacco degna di nota. Stando a quanto scritto dai giornali, Jovetic e Higuain son più di un obiettivo, ma rappresentano una realtà molto vicina al concretizzarsi.

Accordo con la punta: i bianconeri in pole.
Higuain: c'è solo la Juve.
Il problema: il Real Madrid chiede 30 milioni, 8 in più rispetto ai piani di Marotta.
Coentrao, il piano: prestito e riscatto a cifre prefissate. In attacco nel mirino pure Chicharito.

Fiorentina, c'è pure Giaccherini.
Offerta per Jovetic: 5 milioni, Marrone e Quagliarella.
L'agente Ramadani sta per incontrare i viola e spingerà per la Juve, ma Della Valle per ora vuole 30 milioni cash.
(Tuttosport)

Secondo quanto riporta La Nazione, l'incontro che avverrà nei prossimi giorni tra Ramadani e Cognigni servirà a sbloccare la situazione che comunque rimane intricata. Il manager arriverà a Firenze 'forte della proposta della Juventus, che però non è intenzionata a versare ai viola 30 milioni di euro. L'affare, per i bianconeri, dovrà chiudersi sulla base di una proposta economica più contropartite tecniche (da Marrone a Gabbiadini, passando per Quagliarella o Matri).
Dall’altra parte ecco la Fiorentina che considera con grande attenzione l’atteggiamento del Manchester City, che tenta sì di scontare i 30 milioni del prezzo di Jo Jo con una contropartita tecnica (il portiere Pantilimon), ma è comunque disposto a mettere sul piatto della Fiorentina un pacchetto di euro molto più consistente (24 milioni) rispetto a quello della Juventus.
(Fiorentina.it)


Higuain bianconero: «Affare fatto al 70%».
Va di fretta, Antonio Conte. È il suo modo di essere e di lavorare. E di corsa è riuscito a prendersi in fretta la panchina della Juve e poi a trascinare la squadra a due scudetti consecutivi. I grandi successi di queste stagioni non hanno minimamente cambiato il carattere dell'allenatore. Tutt'altro: e infatti, mentre alzava la coppa dello scudetto, Conte sottolineava la necessità di rinforzare la rosa per difendere il primato in Italia e per provare a essere più competitivi in Europa. Le difficoltà economiche non gli sfuggono, ma dopo i colloqui con Agnelli e Marotta è stata stabilita una strategia che dovrebbe consentire di rendere più forte la Juve. Conte ha chiesto ai dirigenti di fare in fretta, compatibilmente con gli sviluppi delle trattative, perché vorrebbe disporre di gran parte della rosa nel ritiro estivo. Se a Chatillon (raduno intorno al 10 luglio) mancheranno i nazionali, in America ci saranno tutti e Conte vorrebbe lavorare sul nuovo progetto tattico che in teoria prevede un ritorno, almeno saltuario, alla difesa a quattro. Due anni fa Vidal arrivò dopo Ferragosto e nelle prime partite finì in panchina perché ancora non era ben inserito nei meccanismi e perché il tecnico lo stava studiando. Adesso Conte vorrebbe partire lanciato inserendo quindi in anticipo i nuovi acquisti.

Corsa su Higuain - E a proposito delle trattative più calde, ieri Ernesto Bronzetti, mediatore vicino al Real Madrid, si è mostrato molto ottimista sul trasferimento di Gonzalo Higuain alla Juve: «Secondo me l'affare si concretizzerà al 50-60%, forse anche al 70% — ha detto a Sky —. Higuain ha espresso il desiderio di andare via. Sono venuti a Madrid Marotta, Paratici e Conte, abbiamo parlato e lo faremo ancora. Ai primi di giugno vedremo come definire questa situazione. Per Di Maria, invece, non posso fare previsioni: si attende il placet dell'allenatore, spero di portare finalmente Ancelotti su quella panchina».

Gli altri - Higuain è solo uno degli obiettivi per l'attacco. L'acquisto più vicino, però, sembra quello di Jovetic, indicato anche da John Elkann come prima scelta per la nuova Juve. Presto la trattativa dovrebbe entrare nel vivo, l'accordo con la Fiorentina si potrebbe trovare sui 18 milioni più Marrone, che piace molto a Montella. Decisamente complicate, invece, le piste che portano a Ibrahimovic e Tevez, che comunque Marotta continua a monitorare.

I soldi non sono tutto, vero Galliani?

Svendere, con buona dose di fango annessa, la propria gloriosa storia, con il club più glorioso di tutti, per vivere qualche annetto facendo voce grossa nei campetti che ricordano ormai quelli d’un campionato turco (mantenendosi probabilmente larghini, per difetto. Difetto nei confronti dei turchi), salvo raccogliere svariate umiliazioni sui terreni larghi e ariosi della Champions, ove una volta eri il Re (sempre in compagnia del club di cui sopra, ben inteso), può non essere una saggia idea.

Nonostante i limiti di comprendonio, potrebbe averlo inteso persino Antonio Cassano. In cambio d’una manciata di partite con la seconda squadra di Milano, che sta alla serenità e al successo un po’ come il Partito Democratico sta alla serenità e al successo, ha gettato ingrato fango, in maniera piuttosto becera, sul club di cui sopra, su chi lo gestisce, su chi l’ha fatto tornare calciatore (e probabilmente stava lavorando sul farlo diventare uomo, vanamente) per ben due volte. Il fango su quello che rischia di rimanere il suo ultimo successo sportivo in Italia (unico, assieme a due Supercoppe vissute in panchina), per ingraziarsi un ambiente che sta pensando di metterlo alla porta neanche 9 mesi dopo, può decisamente non essere una saggia idea, per un Cassano.

Figurarsi per uno come Andrea Pirlo. Che, ormai ripetutamente, lancia strali gratuiti all’ex squadra, che nel giro di un decennio l’ha portato, da essere una ennesima meteora nerazzurra a essere padrone del mondo, campione d’Europa due volte, titolare inamovibile della Nazionale campione del Mondo (già, perché Andrea Pirlo giocava, e bene, in Nazionale più o meno dalla rossonera notte dei tempi. All’incirca ciò che capita a Montolivo). Il rossonero: il rossonero l’ha preso quale quasi carneade (quanti Morfeo, quanti Farinos, quanti Almeyda, Caio, Vampeta e Robbiati rimasti tali in nerazzurro costellano la storia, solo per rimanere a quegli anni, della seconda squadra di Milano?), e l’ha reso il più forte al mondo in quel ruolo. Il rossonero, e chi lo rappresenta: Adriano Galliani, oggi neanche nominato, ma evocato come “Signor Bic”, nell’ennesima autobiografia di calciatore di cui si sentiva un gran bisogno.
La scrive, diciam così, Andrea Pirlo, affidando i propri pensieri alla sempre appropriata penna di Alciato, giornalista Sky che per diversi anni ha seguito il Milan quasi come una condanna alle miniere di Golconda, dato che sta all’amore per il rossonero un po’ come la serenità e il successo stanno eccetera eccetera. Nessuno scorda i siparietti con Galliani, o l’estasi con cui Alciato per due volte si sollazzava nel poter dare l’annuncio della cessione di Kakà, ma questa è un’altra storia.

Nell’autobiografia in uscita, non vi diciamo quando né perché, non intendiamo fare pubblicità, se la volete pigliatevela, Andrea Pirlo racconta un po’ tutto, rivelando una ulteriore volta uno stile posseduto soltanto nei piedi, evidentemente. Dell’idillio in bianconero (infruttuoso, ahime, in Europa), delle tresche con Guardiola negli spogliatoi del Camp Nou, sotto il naso dei suoi compagni di squadra milanisti ancora sudati, dietro l’angolo, e di quanto avvilente dev’essere stato il suo ultimo periodo rossonero. Adriano Galliani è diventato il signor Bic, per la grave colpa d’aver regalato a Pirlo, come dono d’addio, solo una penna, anziché il solito contratto in bianco, cui Andrea era piuttosto abituato.

Galliani probabilmente non risponderà, come è saggiamente avvezzo fare, in situazioni del genere. Masticherà amaro e andrà avanti, come ha sempre fatto, contribuendo a fabbricare nuovi Pirlo in casa propria, esattamente come fece con l’originale. Ma a suo nome, se ce lo consente, proviamo a fare noi qualche precisazione, scritta in Bic, ovviamente, ad Andrea Pirlo. Che fu acquistato, con moneta sonante, e non esattamente un tozzo di pane né parametro zero, dall’Inter, dove era riserva della riserva del trequartista, Recoba. Nella posizione davanti alla difesa che oggi predilige, lo spostamento dalla quale è il motivo addotto per il trasferimento alla Juventus (non i dindini, ci mancherebbe) fu inventato dall’allenatore del Milan, Carlo Ancelotti, nel 2002-03. Con il Milan ha vinto tutto. Da tesserato dell’ AC Milan, che permetteva che Pirlo puntualmente si recasse in Nazionale non solo ai Mondiali, ma anche nelle amichevoli con le Far Oer o il Lussemburgo, senza millantare improvvisi infortuni misteriosamente spariti nella successiva giornata di campionato, divenne titolare inamovibile in Nazionale, dove vinse il trofeo più importante, nella posizione cucita apposta per lui in rossonero, dal rossonero. Il Milan, per penna proprio del signor Bic, lo trattenne in rossonero proponendogli un contratto in bianco, come lo stesso Pirlo fa scrivere al diligente Alciato. Lo stesso Milan e lo stesso signor Bic che non lo hanno venduto, ma hanno proposto dei parametri contrattuali (non proprio da minatore del Sulcis) che Pirlo ha deciso di non accettare.

Questa è la storia. Oggi Pirlo, che banchetta di titoli Nazionali e in Europa prende 4 gol in 180’ dalla squadra alla quale, in rossonero, ne fece altrettanti in 180’ nel 2007, definisce il dirigente che l’ha voluto, pagato, preso, coccolato nella bambagia per dieci anni “il signor Bic”. Non Adriano Galliani, ma “signor Bic”, perché una penna come regalo d’addio è evidente segno di ingratitudine. Altro che dirigente del club più vincente al mondo. E’ di tituli come questi, elargiti da siffatti pregiati pulpiti, che Adriano Galliani può fare assoluto vanto. E ci mancherebbe: Andrea Pirlo, in tema di ingratitudine, pare essere diventato, escalation dopo escalation, l’inamovibile autorità in materia. Quasi da Pallone d’oro. Ops.

fonte: Ezio Azzolini per Fantagazzetta.com

28 maggio 2013

Dentro o fuori, lo strano caso di Mr Allegri

Allegri si, Allegri no...arriva Seedorf, no non lo vogliono. Basta. Non se ne può più, sta tiritera rossonera ha stufato tutt'Italia. Eppure non sembra una situazione difficile. La spaccatura con il presidente Berlusconi è netta, evidente. Il numero uno rossonero non lo ha mai sofferto, specie in questa tribolata stagione. E allora, ad un anno dalla fine del contratto, che senso ha andare avanti con questo tira e molla. Si capisce perchè Galliani lo difenda e ci provi, ma è altrettanto evidente che Allegri non possa restare in una piazza senza certezze. Non può permettersi di allenare a termine, non è nel suo stile e non sarebbe nemmeno giusto. La Roma lo attende, e mi chiedo io: cosa sta aspettando? I giallorossi hanno un buon organico, sono pronti a ricoprirlo d'oro e, penso, gli darebbero un discreto budget per gli acquisti. Non giocando le coppe può dedicarsi al campionato, centrando agevolmente una delle prime tre piazze. Inoltre, e qui concludo, solo i più grandi hanno vinto a Roma. Capello è stato l'ultimo a riuscirci, sarebbe un bel colpo per Max.
Finiamola con questa inutile nenia e concentriamoci sulla prossima stagione, dove le nostre squadre son chiamate al riscatto internazionale.

Milan: sayonara Boateng, youkoso Honda

AC Milan midfielder Kevin-Prince Boateng has been linked with a move away from the San Siro after having a subpar season this past year.

The Ghana international is a transfer target of Tottenham, Manchester City and newly-promoted Ligue 1 side Monaco, who recently signed Porto superstars Joao Moutinho and James Rodriguez.

Boateng is also a Massimiliano Allegri loyalist and has backed the boss on numerous occasions, so should the Milan brass decide to part ways with Allegri, it could further cast doubt on Boateng's Rossoneri career.

The 26-year-old midfielder was played in a plethora of positions this season, including right wing, left wing, attacking midfield, centre-midfield and he even played as a centre-forward in three contests.

Milan's No. 10 has tremendous versatility, and Allegri surely thought that his skills would translate to these positions, but Boateng struggled mightily and only played as a midfielder, his native position, in 13 games this season.

These constant positional changes prevented Boateng from settling in and finding his groove. He was outstanding last season when he was used as a box-to-box midfielder, the position that best translates with his skills as an all-around midfield dynamo.

Throughout his tenure at the San Siro, Boateng has had some sensational strikes, as evidenced here.

Allegri undoubtedly wished that a more attacking role would yield more of the same, and he did have some displays at right wing that were promising, including a starring role in Milan's 4-2 win over Catania, but those performances were few and far between.

A transition back to his preferred midfield role saw him improve his performances and, going forward, there should be no question as to what position he should play.

If Boateng does decide to leave the Rossoneri, Milan will target CSKA Moscow midfielder Keisuke Honda as a replacement. Honda has starred for the Moscow club since 2010, scoring 23 times in 101 appearances.

He's capable of lining up as an attacking midfielder, a centre-forward or as a deep-lying playmaker in the centre of midfield.

Honda is most notable for his ability as a free-kick practitioner, using his left foot to drill some splendid shots as well as set his teammates up from unfavorable shooting positions. Some of his set-piece goals can be seen here.

While Honda is a great player in his own right, I don't quite understand the link. Honda is also 26, so it's not like Milan would be getting younger at the position.

They already have a world-class, deep-lying playmaker in Riccardo Montolivo, and their 4-3-3 formation doesn't really accommodate a player who's so attack-minded, preferring a more well-rounded skill set.

Boateng is better defensively and is a natural box-to-box midfielder who has the creative acumen to inject some attacking flair into the Milan midfield. He's stronger on the ball and has experience in top European leagues, including the English Premier League and Bundesliga.

Honda has only played in the Japanese domestic league, the Dutch Eredivisie and the Russian Premier League, three leagues that are all of lesser quality than the ones that Boateng has graced.

If Milan are able to get around €20 million for him, they'd be much better suited in going after PSV midfielder Kevin Strootman, with whom they've been associated with before, who will probably cost around that figure.

Honda is currently valued at €20 million as well, but one would be hard-pressed to find someone who would prefer Honda to the 23-year-old Dutch international.

Strootman can play as a defensive-midfielder as well as a deep-lying playmaker, and this versatility is invaluable in a three-man midfield. Honda is too attack-minded and would likely take some time to acclimate himself to the Serie A.

It remains to be seen if Milan will keep Allegri as conflicting reports are stating that the club will axe the Italian tactician, with others saying the contrary.

A managerial change could come with a change in formation. However, Allegri's experiment with the 4-3-3 turned out well, and the new manager would do well to keep the formation.

An ideal situation would see the Rossoneri remain vigilant with the three-man midfield, fielding the indispensable Riccardo Montolivo as the deep-lying playmaker, Boateng as the box-to-box midfielder and Strootman as the defensive midfielder.

Strootman also provided 11 assists in domestic play this season and would give the Milan midfield another much-needed creative option.

A return back to his native position would pay dividends for both Boateng and Milan as his performances last season, including some displays this season, show that he is most effective in that role.

Milan do need to generate more creativity from their midfield, and it won't come from Mathieu Flamini, Sulley Muntari, Nigel de Jong, Massimo Ambrosini or Bakaye Traore.

Antonio Nocerino is another option, but he was even worse than Boateng this season and could be sold while he is still worth a decent amount of money.

The San Siro outfit have also been linked with Lazio star Hernanes, but considering the Rome club is a domestic rival, his transfer fee could rise to around €30 million. At 27 years old, he doesn't fit the new Milan transfer philosophy, and while the Brazilian maestro would be fantastic at the club, Adriano Galliani will explore younger options.

Of course this is all speculation and no transfer dealings will be seriously explored until Milan first sort out their managerial situation.

A meeting between owner Silvio Berlusconi, an outspoken critic of Allegri, Milan vice president Adriano Galliani and Allegri will be held on Thursday, and this meeting could decide the direction the Milan brass plan to go in.

Boateng's past performances have endeared him to the Milan faithful, and I don't think that his best days are behind him. A consistent role could revive some of the world-class form he portrayed last season.

If the Ghanaian international is sold, PSV midfielder Kevin Strootman is a better option than Honda as the position he plays and his upside would see him shine at the San Siro.

27 maggio 2013

I dolori del giovane Pep: la vittoria del Bayern inguaia Guardiola

Sembra scontato da dire, ma Guardiola ha in mano la patata bollente. Si, perchè la stagione del Bayern è stata talmente soddisfacente e gloriosa che il tecnico catalano non avrà margini per migliorarla. La vittoria in campionato, in Champions ed il probabile successo in Coppa di Germania (la finale con lo Stoccarda vede i bavaresi favoritissimi) mettono Pep nei guai. Come sarà possibile far meglio al primo anno sulla panchina del Bayern? I dirigenti lo stanno già aiutando, avendo preso per lui un fantastico giocatore come Mario Gotze, che non solo rafforzerà il Bayern, ma soprattutto indebolisce i rivali del Borussia Dortmund.
Un pensiero simile al mio, ed in termini interessanti, lo ha espresso Fantagazzetta, nelle vesti del suo direttore Alfredo De Vuono, che ha scritto:
"Spiegatemi voi, allora, i motivi dell'allontanamento - anche se non in questi termini ce l'hanno raccontato - di Heynckes: a prescindere dal livello di stima e/o simpatia calcistica/extracalcistica che si possa provare nei suoi confronti, e possibilmente anche esulando dall'irresistibile sua immagine visibilmente alterata dai fumi dell'alcol che, nel post-partita di ieri sera, aveva rapidamente preso il luogo del sangue nelle sue arterie. Non che avesse bisogno di turgore cromatico in viso, il vecchio Jupp, eh.
Non lo sapevate? In patria lo chiamano "Osram". Perché ha gote e fronte internazionalmente celebri, grazie alla loro capacità di arrossirsi talmente tanto da rendersi chimicamente prossime al silicio, e da produrre così energia di natura fotovoltaica che viene successivamente utilizzata per alimentare il 150cc 4T che Arjen Robben nasconde dentro il bicipite femorale. Tale capacità, che s'estrinseca esclusivamente quando è sotto stress o in uno stato generalmente agitato - vedi finale di Champions League - gli è valso, per l'appunto, il soprannome di "Osram", in riferimento al celebre produttore di lampadine tedesco. Dicevo, prima di aprire quest'ampia parentesi luminaria: lavoriamo tutti insieme alla ricerca d'almeno un motivo affinché egli debba essere esonerato, ed anche parecchie settimane prima della fine dela stagione, per far spazio al signor Guardiola. Ovvio, direte voi: perché Pep è meglio di lui. Probabile, ma non certo fino a prova contraria. Ed, a giudicare dal percorso in maglia bavarese, il concetto non fa una piega.
'Evvabbè, ma Guardiola è Guardiola'.
Certo. Ed anche Mourinho era Mourinho. Ed invece lui l'hanno cacciato a pedate, dopo essersi inimicato mezza società, un terzo di Paese, tre quarti dei calciatori, l'80% degli azionisti ed anche qualche magazziniere. Torna al Chelsea, José: lì dove è riuscito a (far) vincere lo scudetto, un cinquantennio dopo, e che per questo motivo è rimpianto più di tanti altri. Non che anche tra i blues si lavori tanto di raziocinante decisionalismo. E' da quelle parti - don't forget - che vennero allontanarono mister Grant prima, un certo Di Matteo dopo, e, oggi, Rafa Benitez.
Ovvero, i tre allenatori che hanno portato il Chelsea ai vertici internazionali più alti della sua storia. Ma, sai com'è: meglio uno Special One che dei Normal Three.
Discorso simile - quello del condottiero che arriva e porta lo scudetto un 45ennio dopo - vale anche per il ManCity, inteso come Manchester City di Mancini. Anche lui, adesso, è a spasso. Perché se non vinci, e sempre, non sei nessuno.

Ed anche se vinci, stai tranquillo: anzi, tranquillo non stare.
E se non vinci, oppure vinci solo la Lega dei piccoli, nonostante ti si comprino un paio di album di figurine da poter sfoggiare rubicondo? Allora ti chiami Ancelotti, e ti meriti il Real Madrid. E se non vinci, ma con una squadra snaturata per 9/11 rispetto all'anno prima, e stracolma di ragazzini, riesci comunque ad arrivare - aiutato, sì, dalla buona sorte - terzo ed a mettere in difficoltà il grande Barça in Champions? Allora ti chiami Allegri, e fai la stessa fine di Zaccheroni e di tutti quei mister che peccano di scarsa rossonerità. Magari sei di Livorno, e per questo sei pure mezzo comunista. E quindi, caro mio, non saprai mai incarnare lo spirito libero ed il bel giuoco che si deve regalare al Milan e ai milanisti. Quindi, ragazzo mio, "Sei fuori".
E te lo dico con lo stesso, sopraffino e distaccato tono d'una parodia crozziana di Briatore. Che fai? Vai alla Roma. Prego, vadi, venghi pure.
Laddove una dirigenza d'opinabile sapienza calcistica ha creduto in Zeman prima ed in Andreazzoli poi. Quando, magari, bastava prendere un tanto vituperato e canzonato Petkovic per riportare in città un po' di sano entusiasmo, e magari anche vincere una Coppa Italia: quello stesso trofeo che, 99 su 100, viene giocato con l'entusiasmo d'un Bobo Vieri solo in una stanza con la versione slava delle lettere di Jacopo Ortis.
E che poi, magicamente, diviene epicentro e snodo d'ogni attimo futuro, quando in finale il fato regala una stracittadina.

Chi manca, al valzer dei diseredati? Mazzarri, ovvio. Oddio, lui di diseredato ha veramente poco. De Laurentiis avrebbe rinunziato a girare il prossimo cine-panettone pur di trattenerlo a Napoli. Ma il Walter è stato incisivo e convinto, nel giorno del suo addio: "Se ci saranno stimoli, bene: oppure starò fermo".
Detto, fatto. Stimoli, e pure importanti, nell'arco d'una manciata di giorni. Un centrifugato di prugne e fave di fuca, praticamente. Lo stimolo, in tal senso, si chiama Inter. E non abbassatevi al livello della battuta facile, di stampo defecatorio.
Non che l'altra sponda di Milano esuli da questa nostra analisi, per carità. Perché Moratti sarà anche una gran brava persona - come narra peraltro l'intero battaglione dei suoi allenatori - ma di scelte in panchina veramente azzeccate e tempisticamente efficaci, nella sua esperienza da Presidente, ne ha fatte ben poche. Quella di esonerare Stramaccioni, probabilmente, è l'ennesima di queste. Ma sarà solo il tempo a rispondere a questa considerazione.
E sempre il tempo risponderà anche all'altra, mia, grossa provocazione, riportata nell'Editoriale di qualche tempo fa: quando dissi che Guardiola, in Germania, avrebbe fallito. Un passo avanti, in tal senso, l'ho già fatto: nella migliore delle ipotesi, l'anno prossimo, potrà pareggiare i successi del suo predecessore.

Ma d'altra parte il vizio di giudicare le scelte altrui, mi capirete, è troppo allettante. E voi che state lì, a giudicare me, che giudico allenatori e Presidenti, non fate differenza, sia ben chiaro. Perché ognuno di noi, appassionati del pallone, trascorre le ore ed i giorni a lodare e criticare tizio e caio, pronti in ogni momento a cambiare idea da bravi paraculi, se essa è funzionale alle aspettative, o a disconoscere l'evidenza, per lo stesso motivo.
E' un piacere a cui è troppo difficile resistere. Ed un 'metodo' indecifrabile, istintivo, pieno di personalismi e pregiudizi che, per inciso, è anche quello che usa chi li sceglie, gli allenatori. Sarà per questo che faccio così tanta fatica a spiegar(me)lo: perché non ha dei veri e propri fondamenti logici.
E meno male ch'era l'allenatore, e non chi per lui, nel pallone."

Il peso dell'eredità: per Jo-Jo è pronta la numero 10 della Signora

Da settimane si parla di un interessamento della Juventus per il gioiello Viola, Stevan Jovetic. Mi sembra di rivivere le emozioni del passaggio a Torino del divin codino Roberto Baggio, traferimento che aveva segnato il mio affezionamento al calcio che conta. La Gazzetta, nell'articoletto che qui posto, va oltre: in bianconero è già pronta la maglia numero 10, quella che fu di Baggio e, subito dopo, di Del Piero. Un'eredità pesante, che si poserà sulle spalle di un grande giocatore.

"L’ordine" di John Elkann ha inevitabilmente dato un’accelerata sensibile sul fronte Jovetic. Ieri il procuratore del ragazzo, Ramadani, era a Londra per la finale di Champions, e lì ha avuto modo di ritrovare soprattutto il d.s. bianconero Paratici (presenti pure Agnelli e Conte), l’uomo che più di ogni altro ha gestito e alimentato l’avvicinamento juventino al 23enne genietto montenegrino. Una passione antica quella in particolare di Paratici, che già ai tempi della Samp aveva puntato Jovetic e trattato con il Partizan, frenato solo da ostacoli economici insormontabili per il club genovese, non per la Fiorentina di Corvino che si assicurò il cartellino per 8 milioni.

CONTATTO! — Nei prossimi giorni Ramadani conta di incontrare Andrea Della Valle, magari con in mano anche una prima bozza di offerta da parte della Juve. Un ulteriore passettino verso il primo contatto ufficiale fra i club che potrebbe avvenire mercoledì. La Fiorentina accetta al massimo una contropartita tecnica, la Juve spera di inserire almeno due giocatori nella trattativa: un punto d’incontro potrebbe essere trovato intorno ai 18 milioni più Quagliarella o Marrone.

LA 10 PER JO-JO? — A Torino è stata intanto tirata fuori dal cassetto la "10". A dire il vero Jovetic ha sempre manifestato la sua preferenza per il numero 8, che però è già saldamente sulle spalle di Claudio Marchisio. Ecco perché il montenegrino potrebbe alla fine accettare la pesantissima eredità di Alessandro Del Piero. Di certo, per i vertici bianconeri sarebbe un più che degno successore di Ale.

26 maggio 2013

Wilfried Zaha - 1992 - Costa d'Avorio

Nome: Dazet Wilfried Armel Zaha
Data di nascita: 10 Novembre 1992, Abidjan
Nazionalità: Costa d'Avorio - Inghilterra
Altezza: 1,80 cm
Piede preferito: Destro
Squadra: Crystal Palace, Championship (Inghilterra)
Ruolo: Ala, trequartista, seconda punta
Valore: 7.000.000 Euro





Il Mondiale 2006 in Germania passerà alla storia per la vittoria dell'Italia. In quella grande competizione che fu, scoppio un caso in Inghilterra. Infatti, gli addetti ai lavori rimasero basiti e criticarono la scelta di Eriksson di convocare l'appena 16enne Theo Walcott, all'epoca ancora in Championship con il Southampton. Da un paio di anni, però, circola un nuovo nome nella cadetteria inglese che ricorda molto, per caratteristiche tecniche e fisiche, l'attuale giocatore dell'Arsenal. Parliamo di Wilfried Zaha, esterno offensivo del Crystal Palace.

Wilfried Zaha nasce ad Abidjan in Costa d'Avorio il 10 Novembre 1992, ma all'età di quattro anni si trasferisce con la propria famiglia a Thornton Heat, sud di Londra. La sua carriera calcistica inizia in realtà nel 2005 in Costa d'Avorio con le giovanili dell'ASEC Mimosas, dove nel 2007 viene notato dagli osservatori del Crystal Palace. Il club inglese decide di acquistarlo e farlo crescere nelle proprie giovanili. L'esordio in Prima Squadra arriva il 27 Marzo 2010 nella partita persa con il Cardiff City con Paul Hart in panchina. Sarà l'unica presenza in stagione, importante però in quanto dimostra la fiducia nelle sue qualità e infatti si guadagna il rinnovo del contratto e la titolarità nella stagione successiva, forte anche del primo gol in Championship alla prima di campionato, il 7 Agosto 2010, nella vittoria con il Leicester City. Saranno 6 i gol in 41 presenze in stagione. L'annata 2011/2012 inizia nel migliore dei modi. Il 23 Agosto realizza la sua prima doppietta in stagione contro il Crawley Town in FA Cup. Finora può contare ben 4 gol e 6 assist in 21 presenze stagionali. Nonostante sia ivoriano di nascita, gli anni vissuti in Inghilterra sono stati fondamentali per l'acquisizione del passaporto e della nazionalità inglese. Così l'8 Ottobre 2010 arriva l'esordio con la nazionale inglese Under-19 nella sconfitta con la Germania di categoria (in totale 2 presenze). Il 29 Febbraio 2012 arriva anche il debutto con l'Under-21 contro il Belgio. A causa dei tantissimi infortuni dei big in questo inizio di stagione, il Ct della nazionale maggiore, Roy Hodgson, ha deciso di convocarlo l'11 Novembre, facendolo esordire il 14 Novembre nella bellissima e spettacolare amichevole contro la Svezia (poker di Ibrahimovic, con la famosa rovesciata da 20 metri), sostituendo all'83' minuto l'altro baby fenomeno Sterling (di cui abbiamo già parlato in passato).

Wilfried Zaha è un attaccante esterno dalla grandissima velocità e dal dribbling funambolico. Tecnicamente molto dotato, gli piace esibirsi in giocate d'alta classe, per questo possiamo vedere che il suo score di reti non è notevole. Fisicamente è molto potente, robusto nei contrasti e sempre pronto a lottare su ogni pallone. E' un destro, per questo sulla sinistra è più spettacolare e pericoloso sotto porta, visto che gli piace rientrare sul piede forte per provare la conclusione. Sulla destra si “limita” a saltare gli avversari e crossare in mezzo. Deve sicuramente migliorare nei colpi di testa, completamente assenti nel suo repertorio, e diventare più cinico sotto porta. Ma, soprattutto, ha un brutto carattere, sempre pronto a deridere gli avversari e ad esaltarsi con le sue giocate che però nei confronti di difensori esperti e più quotati possono rischiare di fargli la festa. Ultimamente, in tal senso, ha dichiarato che solo Cristiano Ronaldo e Lionel Messi sono più forti di lui.

Non è un segreto che le sue grandissime qualità hanno attirato le attenzioni di mezza Europa. In Inghilterra il Bolton ha provato, inutilmente, ad offrire 5 milioni di sterline due stagioni fa. Piace ad Arsenal, Manchester United, Manchester City e Liverpool, ma anche a Milan e Real Madrid. Soprattutto le Merengues, secondo la stampa brittanica, avrebbero offerto ben 20 milioni di euro (cifra probabilmente piuttosto pompata) per cercare di strapparlo alla concorrenza. Quest'estate sapremo se il club di Mourinho, grande estimatore dell'esterno inglese, avrà convinto il piccolo club londinese a cedere il suo gioiello. Ci troviamo di fronte ad un talento cristallino, la classica ala inglese. Per questo viene considerato l'erede di Walcott. In realtà viene accostato anche a Samuel Eto'o, ma inutile fare questi paragoni improponibile. Ne sentiremo parlare, in un senso o nell'altro.

fonte: prossimi campioni - blog partner

25 maggio 2013

Odisseas Vlachodimos - 1994 - Germania

Nome: Odisseas Vlachodimos
Data di nascita: 26 aprile 1994, Stoccarda
Nazionalità: Germania
Altezza: 188cm
Piede preferito: Destro
Squadra: VfB Stoccarda U17 - B-Jgd. BL Süd/Südwest
Ruolo: Portiere






La Germania è un Paese che tanto ha fatto a livello giovanile e che negli ultimi anni sta riscuotendo numerosi successi. La formula tedesca sembra semplice: squadra equilibrata con numerosi giocatori dall'ottima tecnica e della notevole preparazione atletica e soprattutto una difesa di altissimo livello, oltre alla tendenza di tesserare giocatori oriundi, dimostrando inoltre una notevole coscienza sociale.
Questo si nota maggiormente nelle selezioni Nazionali, ma è un fenomeno che è nato e ha preso forma nelle squadre di club, come ad esempio la squadra under 17 dello Stoccarda.
Autentica schiacciasassi della sua categoria, ha vinto il campionato senza lasciare una minima speranza alle contendenti, e proprio qui si può vedere il corso della "nuova Germania": un attaccante di origine ghanese e un italiano, centrali di origine turca, in cabina di regia il fratellino di Sami Khedira, Rani, di origine tunisina e a proteggere la miglior difesa del campionato Odisseas Vlachodimos, diciassettenne di un metro e novanta, di chiare origini greche.

Odisseas nasce e cresce a Stoccarda crescendo nelle giovanili della società. La scorsa stagione la svolta: l'allenatore dell'under 17 Kienle decide di affidargli le chiavi della porta dell'under 17 a soli quindici anni, e lui lo ripaga superando ogni aspettativa. Nel girone di andata del campionato di quest'anno ha mantenuto la porta inviolata per ben 9 occasioni in 13 partite, e alla fine hanno vinto il titolo con il premio di miglior difesa.
Queste ottime prestazioni gli hanno permesso di conquistarsi un ruolo anche nella selezione under 17 della Germania. Il CT Freund ha deciso di farlo debuttare il 17 settembre 2010 e da allora non ha più lasciato la porta teutonica conquistando la qualificazione all'Europeo di categoria perso solo in finale contro un ottima Olanda, con i tedeschi che fino alla partita contro gli "Oranje" avevano subito solo un gol in tutta la competizione.
Ad oggi oltre a 15 presenze in under 17 vanta 6 presenze in under 16 e due in under 15.

Il punto forte di Odisseas è la prestanza fisica, è già alto quasi un metro e novanta inoltre è molto reattivo. Insieme a Branescu è considerato il miglior prospetto under 18 d'Europa e molti importanti Club hanno già bussato alla porta dello Stoccarda per chiedere informazioni. L'Arsenal era arrivato addirittura ad offrire un milione di euro per portare Vlachodimos a Londra, mentre il Manchester, dopo aver perso Branescu sta sondando con insistenza il terreno.
Lo Stoccarda sta resistendo a tutte queste proposte dimostrando di credere molto nel futuro del giovane del tutto decisi a non privarsene per il futuro, che nel caso di Vlachodimos appare molto roseo.

Matthias Ginter - 1994 - Germania

Nome: Matthias Ginter
Data di nascita: 19 gennaio 1994, Friburgo
Nazionalità: Germania
Altezza: 188cm
Piede preferito: Destro
Squadra: SC Friburgo - Bundesliga
Ruolo: Difensore centrale - Mediano




Se la Nazionale di calcio tedesca è sempre stata ai più alti livelli del calcio mondiale, la stessa cosa non si può dire del suo campionato. Negli ultimi anni la Bundesliga ha fatto passi da gigante dopo anni opachi grazie agli investimenti negli impianti e nel sempre florido vivaio giovanile che ha fatto la fortuna attuale di diverse squadre di vertice. Proprio per questo motivo può capitare ad un giovane difensore classe '94, come Matthias Ginter, di giocare diverse partite difendendo l'area della squadra della città dove è nato e cresciuto a diciotto anni appena compiuti.

Matthias come detto nasce a Friburgo ed inizia a giocare all'età di otto anni nell'SV March, squadra della città, prima di trasferirsi nel 2005, a undici anni, nel settore giovanile dell'SV Freiburg squadra di Bundesliga. Percorre tutta la trafila del settore giovanile fino ad arrivare all'under 17 nel 2009. Nel suo primo campionato di categoria, a quindici anni, mette insieme 12 presenze e 2 gol. La stagione successiva viene promosso in under 19 dopo sole quattro partite (dove aveva peraltro realizzato una marcatura) ed arriva l'esplosione: in 25 partite tutte giocate da titolare realizza ben 14 gol da difensore centrale e mediano in alcune occasioni, dimostrando una notevole maturità tattica nonostante la giovanissima età. All'inizio della stagione 2011/2012 viene convocato per il ritiro estivo con la prima squadra ma inizia il campionato ancora con la formazione under 19 dove gioca praticamente fino a febbraio totalizzando 7 reti in 14 partite. L'incredibile media realizzativa ed il gioco espresso gli valgono la prima chiamata nel calcio professionistico il 21 gennaio 2012. Entra al settantesimo minuto della sfida casalinga contro l'Augusta, giocando da centrocampista, e dopo soli diciotto minuti realizza il suo primo gol nel calcio che conta con un colpo di testa, regalando così la vittoria alla sua squadra. La successiva partita di campionato è in campo dal primo minuto di gioco nuovamente in posizione di mediano. Purtroppo l'incontro non finisce bene per il Friburgo e il giovanissimo Ginter non rivede il campo per altre tre partite, complice una prestazione non buona. Da marzo però è nuovamente in campo e gioca le restanti partite nell'undici titolare in posizione di difensore centrale. Chiude così la sua prima stagione da professionista con un bottino di 13 partite, con una media minuti molto alta, e 1 gol.

Ginter è un difensore molto potente fisicamente e al tempo stesso atletico e discretamente rapido. Si distingue in fase di anticipo e sulle palle alte suo autentico punto di forza. Grazie a ciò ha una notevole pericolosità offensiva per un difensore, soprattutto sulle situazioni di palle ferme. Da queste occasioni infatti nascono la maggior parte dei gol segnati a livello giovanile e la sua prima marcatura in Bundesliga. Grazie ad una buona tecnica personale e alla facilità di contrasto può giocare anche da mediano da schermo davanti la difesa. Può e deve ancora affinare l'aspetto tecnico del suo gioco, particolarmente in fase di costruzione di gioco, caratteristica sempre più ricercata in un difensore moderno.

Nonostante le grandi prestazioni a livello giovanile finora ha vestito solo la maglia della Germania Under 18 allenata da Christian Ziege, con la quale ha realizzato 6 presenze.

Il Friburgo pare abbia deciso di affidargli il futuro del reparto difensivo, ma ci sono già diverse squadre interessate al giocatore. Per quanto riguarda le italiane bisogna registrare un interesse della Juventus, che però finora si è limitata ad osservare il ragazzo senza avanzare proposte. Il fatto che giochi nella squadra della sua città che tifa fin da quando era bambino, unita alla volontà di affermarsi nel campionato tedesco e di conquistare così la Nazionale non dovrebbe fargli cambiare squadra con molta facilità.

scheda: Prossimi Campioni - blog partner

24 maggio 2013

Special anche nelle dichiarazioni: Josè Mourinho

Lo Special One saluta Madrid, riviviamo con la Gazzetta dello Sport le migliori performances del tecnico di Setubal nel corso del triennio madrileno:

Ho visto molte partite del Madrid della passata stagione. E non ho ancora capito come abbiano fatto a vincerle.
Estate 2010

E' la mia prima stagione e sono solito dire che normalmente è la seconda la migliore per un allenatore.
Febbraio 2011

Il Barcellona ha giocatori fondamentali nella sua squadra che non dureranno altri dieci anni, e nemmeno sette o cinque – forse, allo stesso livello, durano uno o due anni in più.
Febbraio 2011

C'è una cosa che mi distingue da Pellegrini: che se mi cacceranno io non andrò mai ad allenare il Malaga. Se mi cacciano io andrò ad allenare una grande squadra, in Italia o in Inghilterra.
Marzo 2011


Josè Mourinho in allenamento. Epa
Se dico a Guardiola e all'Uefa quello che penso e quello che sento, termino la mia carriera oggi. E siccome non posso dire quello che sento, lascio solo una domanda di cui spero di ottenere la risposta un giorno, ed è: perché? Perché? Non capisco perché. Non so se è la pubblicità dell'Unicef, non so se è il potere del signor Villar nell'Uefa, non so se sono molto simpatici, non lo so.
Aprile 2011

Josep Guardiola è un allenatore fantastico di calcio. Un allenatore fantastico di calcio, ripeto. Però ha vinto una Champions che, a me, darebbe vergogna aver vinto.
Aprile 2011


Josè Mourinho. Epa
Iniziamo un nuovo ciclo. Fino ad ora abbiamo avuto un gruppo di allenatori molto piccolo che non parla di arbitri, un gruppo molto piccolo. E dopo un gruppo che critica gli arbitri quando sbagliano, nel quale ci sono io. Con le dichiarazioni di Pep, entriamo in una nuova era, con un nuovo gruppo in cui c'è solo lui: quelli che criticano le scelte giuste degli arbitri. Non l'avevo mai visto. E' il terzo gruppo. Critica quando l'arbitro fischia bene. Era abituato a cose tipo Stamford Bridge.
Maggio 2011

Con tutte le pietre che mi tirano ci si potrebbe fare un monumento.
Agosto 2011

Nelle spogliatoio del Real Madrid si considerano icone del calcio e guardano anche me come un'icona del calcio. Mi vedono uguale a loro. Non è facile gestire uno spogliatoio del genere se non fossi anch'io un'icona. Non c'è differenza fra il loro status e il mio.
Ottobre 2011

Io non ho chiesto di allenare il Real Madrid. Sono loro che sono venuti a cercarmi.
Gennaio 2012

Zidane qui è stato fischiato. Ronaldo e Cristiano Ronaldo, Scarpa d'Oro, sono stati fischiati qui. Perché non potrei essere fischiato anch'io?! Non è un problema per me. Zidane rispose con il suo calcio e gli altri, Ronaldo e Cristiano, pure. Può essere che un giorno io possa rispondere e loro ci rimarranno tristi.
Gennaio 2012

Posso non venire in conferenza stampa quando la squadra vince, però vengo sempre quando perde. E lo stesso sul campo. Se vinciamo non c'è bisogno che mi faccia vedere. Se perde ci sono sempre. Le vittorie sono per quelli che fanno i fenomeni.
Gennaio 2012

Posso assicurare al 100% che i prossimi due anni sarò ancora a Madrid.
Maggio 2012

Andrò dove la gente mi vorrà veramente e, quando questo momento arriverà, dovranno dimostrarmi che realmente mi vogliono.
Agosto 2012

Non si possono comparare due squadre diverse, due stagioni diverse, due situazioni diverse e soprattutto la fame che c'era tra i giocatori di quell'Inter e la fame che c'è tra i giocatori di questo Real Madrid.
Settembre 2012


Durante una conferenza stampa. Epa
Per molte ragioni, molto probabilmente dopo il Real Madrid tornerò in Inghilterra. Per me lo scenario perfetto tornando in Inghilterra sarebbe avere ancora Ferguson come avversario. Se lui smette, a perderci è il calcio. Non è una questione di allenatori giovani o vecchi. Lo chiamo il capo. Perché per me lui è il capo di tutti gli allenatori. Quando tornerò in Inghilterra spero di trovarlo ancora sulla panchina del Manchester United.
Ottobre 2012

Anche se non vincessi la Champions con il Real, non si potrà parlare di fallimento. Ma se si dovesse pensare così, forse è un po' colpa mia: ho vinto così tante volte che il mondo adesso non si aspetta altro.
Ottobre 2012

In questo momento Adan è meglio di Casillas.
Dicembre 2012

Non rimpiazzerò Ferguson. Perché finiremo la carriera nello stesso momento, lui a 90 anni e io a 70.
Febbraio 2013

Rimango con le lezioni che abbiamo ricevuto dal Barcellona in passato. Lezioni di sportività, di come stare nel calcio. Di non parlare di arbitri, non accerchiarli in campo, non chiedere cartellini per gli avversari. E di non simulare.
Febbraio 2013

Certo che Klopp è uno che parla molto…
Aprile 2013

Tutti gli allenatori lavorano sotto pressione. Guardate al Bayern, vince tutto e arriva Guardiola.
Maggio 2013

- Signor Mourinho, non vuole rimanere a Madrid per vincere la decima Champions?
- Voglio che il Madrid vinca la Champions, con o senza di me.
Maggio 2013

Quando la violenza è rosa

Una settimana fa scrivevo un articolo di risposta  ad un post di Carlo Nesti apparso sul proprio profilo Facebook. Post che è stato cancellato dallo stesso Nesti in quanto si è sentito aggredito verbalmente dai molti arbitri e calciatori che gli facevano notare quanto fosse discutibile il suo punto di vista. Prima della rimozione, il Nesti ha rincarato la dose dicendo che molti arbitri riversano sul campo le frustrazioni della propria vita quotidiana, a discapito dei poveri calciatori. Una domanda: ma siamo davvero sicuri che siano gli arbitri i veri frustrati? Una risposta può essere data dalla notizia che durante un torneo di calcio a 7, un arbitro dell’Aiacam (Associazione Italiana Arbitri di Calcio Amatoriale) è stato aggredito nel corso del match tra Magic Games Party e Pizzeria Sosta Obbligata, sui campi di Coronata di Genova. I giocatori della squadra ospite, non nuovi ad atteggiamenti di violenza verbale e fisica nei confronti dei direttori di gara, hanno dapprima accerchiato l’arbitro, per poi colpirlo con un violento pugno al volto. Prognosi per il direttore di gara: venti giorni. La direzione del torneo amatoriale ha provveduto a trasmettere al Coni il nominativo della squadra, le generalità dei componenti della dirigenza e dei calciatori, al fine di procedere con delle sanzioni esemplari. Un gesto di ferma condanna alla violenza, che andrebbe ripetuto in tutte le situazioni. “Perché in tutte le situazioni?”, vi chiederete. Perché in questa situazione l’arbitro aggredito si chiama Rosa Grotta. Ebbene sì, la vittima di aggressione è stata una donna. Molti sostengono che sia una aggravante, per me non lo è. Chi commette una violenza va condannato a prescindere, sanzionato con una radiazione, perseguito dalla giustizia sportiva, civile e penale. Le vittime di violenza sono tutte uguali e devono essere tutelate in egual maniera. L’opinione pubblica si scandalizza per il fatto che l’arbitro aggredito sia donna. Bisognerebbe fermarsi a riflettere sul perché si sia arrivati a tanto. E’ il regime di impunità che permette questa escalation di violenza, che fa dire ai giocatori “non me ne frega niente se mi danno cinque anni, io ti picchio lo stesso!”, certi di una squalifica che non pregiudica loro la partecipazione ad altre competizioni calcistiche. E’ questo regime di impunità che permette a degli uomini di osare violenza anche sulle donne, atto deprecabile che purtroppo riempie sempre più le pagine di cronaca. Questo regime di impunità va combattuto, con forza e veemenza su tutti fronti, magari con una collaborazione tra la FIGC e le federazioni di calcio amatoriale che preveda una radiazione totale da tutte le competizioni del calciatore reo di atteggiamento violento. Ritengo inoltre auspicabile un’assistenza legale gratuita per le vittime di violenza, infatti Rosa Grotta ha annunciato di volersi tutelare in sede legale, e magari sarebbe utile una campagna di sensibilizzazione nazionale sull'argomento e di forte impatto mediatico. Trovo giusto educare i bambini ai valori dello sport, ma credo sia anche giusto educare gli adulti alla civiltà. Sono questi i punti di partenza per evitare che altri ragazzi e altre ragazze si ritrovino aggrediti fisicamente e verbalmente. E’ ora di dare un segnale forte, chiaro, inopinabile. Ed è ora che si cominci a capire che la frustrazione viene sempre scaricata sul più debole, caro Carlo Nesti.

23 maggio 2013

Il grifone si rifa il look: Quintero

Il grifone si rifa il look, ecco il talentuoso Quintero, talento classe 1993 messosi in luce al Pescara. E' Tempo di calciomercato dopo la fine della stagione calcistica e le operazioni proseguono ormai da giorni.
Una trattativa in via di definizione è quella tra Pescara e Genoa, con il club adriatico che ha ricevuto una buona proposta per Quintero dal club ligure , con una cifra che si aggira intorno ai 5 milioni di euro.
Quintero che nel Pescara si è messo in evidenza sui calci piazzati e con gli assist, è anche stato eletto miglior giocatore al recente sub 20 , che ha visto trionfare la sua Colombia.

Visti gli ottimi rapporti tra Sebastiani e Preziosi (vedi anche il prestito di Perin e l'affare Immobile), il Genoa avrà la precedenza per trattare l'acquisto del giovane fantasista Quintero e si attendono sviluppi a breve.

Ibra chiama la Juve, ma i bianconeri chiudono per Higuain

Ibra chiama, ma la Juve non risponde. Proprio mentre Marotta e Paratici sferrano l'attacco decisivo per "El Pipita" Higuain, Zlatan dichiarava allo svedese Footballskanalen: "Rimanere in Francia? Vedremo, ci sono un sacco di cose da stabilire. Di solito quando dico che resto in un club puntualmente avviene il contrario. Ho due anni di contratto e può succedere di tutto".

Ibra prosegue: "Abbassarmi lo stipendio per cambiare club? Non funziona così, per queste cose ci pensa Mino Raiola che è il mio procuratore; l'anno scorso mi stavo preparando con il Milan per la tournèe negli USA poi lui mi ha chiamato e sono volato a Parigi. In Francia sto benissimo, mi sono ambientato però, in tutta onestà, devo dire che il campionato francese non è minimamente paragonabile a quello spagnolo, inglese o italiano".

E ancora: "In Inghilterra non ci sono mai stato invece posso affermare che l'Italia è la mia seconda casa e mi manca molto. Ho giocato nei tre grandi club italiani, Juventus, Inter e Milan ed ho vinto sempre. Nel Bel paese sono abituati a queste grandi stelle, soprattutto nei top club, ed il trattamento è completamente differente; in Italia, poi, mi sono formato definitivamente come calciatore, ho imparato ad essere un bomber cinico ed è anche il paese dove sono cresciuti i miei figli; senza contare, poi, che lì c'è il culto della vittoria, aspetto fondamentale che ho appreso proprio durante la mia permanenza a Torino con Luciano Moggi".


Mi sono espresso più volte su questo tema. Ibra è un grandissimo giocatore, ma non è funzionale al progetto. Sarebbe stato un bell'acquisto fosse arrivato quasi gratis e con ingaggio ridotto, ma signori, Higuain è un'altra cosa. 25 anni, fame di gol e vittoria, l'argentino è il tassello perfetto per il gioco di Conte.

22 maggio 2013

Polveriera Inter: Stramaccioni dice di aver parlato con Moratti, il presidente dice di no. Chi mente?

Qualcuno all'Inter sta mentendo. Stramaccioni afferma da un paio di settimane di esser tranquillo, di aver parlato con Moratti e di sapere quello che sarà il suo futuro. Lui lo vede sempre nerazzurro, ma il presidente ha ieri sconfessato pubblicamente il suo allenatore, dichiarando: "Non ho ancora parlato con lui e con nessun altro. Vediamo se, dopo questa stagione qui, ho tempo di rimettere le cose a posto. La riflessione è lunga. Sono ore nelle quali, insieme a tutte le altre cose, sto cercando di trovare una soluzione. Non sto ancora dicendo che ho cambiato idea, sto cercando solamente di fare un riassunto di quello che è successo per cercare di capire qual è veramente il bene dell'Inter in questo momento. Siamo ancora a livello decisioni, non di cose fatte." E allora qualcuno sta mentendo, e io penso sia Stramaccioni. Altrimenti non si spiegherebbe l'ulteriore chiosa di Moratti: "Da una parte c'è il talento di un ragazzo che certamente avrà successo nel suo mestiere, dall'altra parte c'è una situazione di questo genere. Quindi sto pensando qual è la scelta migliore".

Per rispetto ai molti tecnici esonerati, dopo 16 sconfitte non è ammissibile confermare Stramaccioni. Chi potrebbe essere il giusto sostituto è francamente difficile da dirsi. L'Inter aveva un ottimo tecnico come Benitez, esonerato in fretta e furia dopo un mercato imbarazzante e la vittoria nel Mondiale per Club. Ora si pensa a Mazzarri, che di certo è un buon allenatore, un professionista, ma che non mi convince. E' un'opinione personale e che può esser discussa, ma l'unico che vedo in grado di dare qualcosa di nuovo, in Italia, è Vincenzo Montella. Francamente non credo possa arrivare, e allora perchè non Guidolin o un grande ex nerazzurro come Blanc?

"Andrea Stramaccioni non presiederà l'allenamento dell'Inter di questo pomeriggio alla Pinetina. Il tecnico, rientrato da Coverciano, in queste ore sarebbe a Roma. Stramaccioni è da considerasi praticamente esonerato. Si attende soltanto l'annuncio ufficiale che potrebbe arrivare nelle prossime ore o, al più tardi, entro la settimana. Al suo posto dovrebbe arrivare Walter Mazzarri." Il dado è tratto, manca solo l'ufficialità e il nome del successore.

Dino Spehar - 1994 - Croazia

Nome: Dino Špehar
Data di nascita: 8 febbraio 1994, Osijek
Nazionalità: Croazia
Altezza: 176cm
Piede preferito: Ambidestro
Squadra: NK Osijek (di proprietà del Bayern Monaco)
Ruolo: Seconda Punta, Trequartista





La Croazia è ormai un realtà affermata come fucina di talenti, dopo Matej Delac portierone del Chelsea, Šime Vrsaljko, il trequartista Mateo Kovačić e l'attaccante Marko Livaja, ecco un altro interessante prospetto offensivo della Nazione balcanica, la seconda punta Dino Spehar.

Dino nasce a Osijek, città natale del più grande attaccante croato di sempre Davor Suker, e del papà di Dino, Robert Spehar, attaccante che tra il 1988 e il 2005 ha girato un po tutta l'Europa con fortune alterne, passando anche per l'Hellas Verona all'epoca allenato da Cesare Prandelli, ma a Osijek è sempre stato considerato un grandissimo giocatore ed oggi è il presidente della squadra nella quale sono cresciuti sia lui che suo figlio.
Dino infatti ha percorso tutta la trafila delle giovanili, dove ha impressionato tutti mettendo a segno la bellezza di più di 300 reti nel corso delle varie selezioni, ed approdando in prima squadra a soli sedici anni. Nell'ottobre 2010 ha siglato il suo primo contratto professionistico e pochi giorni dopo, precisamente il 27 ottobre, ha fatto il suo debutto nella squadra maggiore in Coppa di Croazia. Per quanto riguarda il suo primo gol da professionista non ha dovuto aspettare molto, il 13 novembre entra a partita in corso contro lo Slaven Belupo debuttando cosi nella massima serie croata e dopo soli sette minuti di gioco conquista il record di giocatore più giovane ad aver segnato nella Serie A croata, battuto la settimana dopo dal suo amico, compagno in Nazionale e rivale Mateo Kovačić.
Al termine di quest'ultima stagione Dino ha totalizzato 15 presenze in 1.HNL.

Dino è un attaccante moderno molto rapido, può svariare su tutto il fronte d'attacco arrivando a giocare addirittura ala in un 4-3-3, ma il suo ruolo naturale è quello di seconda punta o all'occorrenza può essere schierato da trequartista come spesso gli capita nella Nazionale under 17. Vede la porta molto bene, sicuramente il senso del gol lo ha ereditato dal padre, che però era più un attaccante d'area di rigore. Dino fa degli inserimenti e della rapidità i suoi punti di forza, e bisogna dire che anche alla voce assist non se la cava di certo male grazie ad un ottimo controllo di palla.

Il suo rapporto con le Nazionali giovanili è sempre stato ottimo, dopo una sola presenza in under 14 passa giovanissimo in under 16 dove realizza 1 gol in 6 partite. Al suo approdo in under 17 diventa subito uno degli elementi cardine della squadra, ad oggi ha totalizzato 13 presenze condite da 8 gol e soprattutto da un ottimo Europeo di categoria con 4 gol in 6 partite. Purtroppo a parte la sua ottima prestazione personale le cose sono andate male alla Croazia che non ha passato il girone eliminatorio, battuta dai vincitori finali dell'Olanda.

L'interesse attorno a Dino è sempre stato molto alto, con gli osseratori delle più importanti squadre europee che non si perdevano una partita del giovane campioncino croato. I primi a manifestare la volontà di acquistare il giovane attaccante sono stati gli inglesi del Manchester United, seguiti a ruota dagli onnipresenti emissari dell'Arsenal. Il padre di Dino ha sempre rifiuto deciso ogni proposta venisse avanzata per il ragazzo, dichiarando che prima avrebbe dovuto pensare a finire la scuola e ad affermarsi nell'Osijek, poi avrebbe pensato ad un eventuale trasferimento.
Ma lo scorso febbraio è arrivata la chiamata che non si poteva rifiutare, il Bayern Monaco ha fatto carte false per assicurarsi Dino, pagandolo una cifra superiore ai 3 milioni di euro e permettendo al giocatore di restare un altro anno in prestito a casa sua.
Proprio il padre alla fine ha acconsentito al trasferimento in Germania, Paese dove la pressione sui giovani è minore e dove potrà affrontare il grande calcio con tranquillità.
Dino è uno dei tanti giovani che stanno calcisticamente nascendo in Croazia e che in futuro difenderanno i colori della loro Nazionale, e a ben vedere il talento che c'è in giro sicuramente saranno una Nazionale molto temibile tra pochi anni.

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21 maggio 2013

Lucas Ariel Ocampos - 1994 - Argentina

Nome: Lucas Ariel Ocampos
Data di nascita: 11 luglio 1994, Quilmes
Nazionalità: Argentina
Altezza: 187cm
Piede preferito: Destro
Squadra: CA River Plate - Primera B Nacional
Ruolo: Ala sinistra




Nonostante il River stia passando il periodo più buio della sua storia continua a mantenere la fama di essere una delle più grandi fucine di talenti di tutta l'Argentina. A causa della retrocessione e dei problemi economici sono partiti Lamela e Lanzini, ma questo ha favorito l'esplosione del giovanissimo Lucas Ocampos, titolare fisso a soli diciassette anni nella squadra di Matias Almeyda.

Il nome di Lucas Ocampos è salito alla ribalta durante il Campionato del Mondo Under 17, dove la selezione argentina non ha particolarmente brillato, ma il giovane del River pur non avendo segnato ha attirato le attenzioni degli addetti ai lavori e degli osservatori con grandi giocate e assist. L'avventura è terminata ai quarti di finale ma da allora sono arrivati sondaggi da tutte le principale squadre europee nella sede dei "Millonarios".
Il giovane esterno d'attacco approda nelle giovanili della storica società di Buenos Aires nel 2008, prelevato dal Quilmes, ed inizia a giocare come esterno di centrocampo. Viste le spiccate doti offensive viene avanzato nel tridente offensivo con Federico Andrada e Lucas Pugh, suoi compagni anche nella Selezione Under 17, dove inizia a dare spettacolo a suon di gol e giocate.
Con la retrocessione del club in Primera B e l'arrivo di Almeyda in panchina, Lucas viene promosso in prima squadra con l'idea di buttarlo nella mischia fin da subito. L'occasione di poter fare esperienza nel proprio club nella serie inferiore fa bene fin da subito al giocatore che gioca tutte le 18 partite fin qui disputate mettendo a referto 4 gol e 5 assist, dati che hanno portato il River a offrire al giocatore il rinnovo di contratto, anche per cautelarsi dal crescente interesse per il giocatore.
La prima società ad essersi mossa per l'attaccante è stata il Palermo che nel gennaio 2011 aveva opzionato il giocatore, come dichiarato dal DS dei rosanero Luca Cattani. La squadra siciliana aveva deciso di acquistare il giovane quando a causa della retrocessione la società del River ha deciso di avvalersi di un opzione di controriscatto per trattenerlo e cosi l'intero affare è saltato. Ad oggi non esiste l'intenzione di privarsi di Ocampos e la sua valutazione di mercato secondo "La Banda" è ben superiore ai dieci milioni.

Le qualità, soprattutto fisiche, del giovane esterno offensivo sono incredibili, tenendo conto anche della sua giovane età. Ben strutturato e possente (187cm) è comunque un giocatore rapido e veloce, difficile da controllare quando parte in progressione. E' un destro naturale, anche se calcia bene anche con il mancino, ed inoltre è un pericoloso colpitore di testa. Dotato di una tecnica ben al di sopra della media, può svariare su tutto il fronte offensivo, anche se per caratteristiche naturali preferisce disimpegnarsi sulla fascia sinistra accentrandosi poi per cercare la conclusione o il passaggio. La caratteristica per la quale viene cosi apprezzato da Almeyda è lo spirito di sacrificio. In fase di non possesso rientra sempre ad aiutare in fase difensiva, inoltre chi lo conosce bene lo definisce un ragazzo serio che si allena sempre con impegno e costanza, e con una grandissima voglia di vincere e sfondare nel calcio che conta.

Ad oggi Lucas ha vestito la maglia della Nazionale Under 15 con la quale non ha passato il girone eliminatorio del Campionato Sudamericano Sub15, e quella dell'Under17, dove oltre agli ottavi del Mondiale di categoria ha raggiunto un terzo posto nel Sudamericano Sub17 del 2011. Ad oggi ha siglato 3 gol in 8 presenze.

Nell'estate 2012 è passato al Monaco di Claudio Ranieri, contribuendo alla promozione in Ligue 1 e ritagliandosi la possibilità di giocare nella massima serie francese. Al suo fianco sembra destinato a giocare un bomber di primissimo livello, quel Radamel Falcao che fa già sognare l'intero Principato di Monaco

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Super Pippo Inzaghi e le sue passioni: Plasmon, Goal e ....

Andrea Pirlo, storico compagno del bomber piacentino, racconta alcuni divertenti (ed un pò schifosi) dettagli sulla vita sportiva di Pippo Inzaghi. Il numero 9 rossonero, infatti, aveva abitudini particolari in spogliatoio, tanto da riuscire a sconvolgere l'ecosistema rossonero in un batter d'occhio.

Queste le parole di Pirlo, nella sua autobiografia "Penso quindi gioco": "Cagava. Cagava tantissimo e questo di per sé è un bene. Il fatto però che la facesse allo stadio, nel nostro spogliatoio, poco prima di giocare, ci rendeva alquanto nervosi. In particolare se lo spogliatoio era piccolo, perchè tanta puzza in poco spazio tende a comprimersi. Andava in bagno anche tre o quattro volte nel giro di dieci minuti. “Ragazzi, mi porta bene”. A pestarla mi avevano raccontato, non a produrla o annusarla. “Pippo, a noi no. Ma cos’hai mangiato, un cadavere?”. “I bambini, comunista!” avrebbe urlato Berlusconi, mentre Inzaghi si limitava ad ammettere: “I Plasmon”.

“In effetti la domanda era mal posta. Lui i Plasmon li mangiava per davvero, tutti i giorni, a tutte le ore, e noi lo sapevamo. Un neonato di quasi quarant’anni. Alla fine ne doveva per forza avanzare due e lasciarli sul fondo della confezione, non uno di più e non uno di meno: “In questo modo la congiuntura astrale sta dalla mia parte”. Il famoso allieamento dei pianeti e dei biscotti. “E per carità, non toccate quei due che restano, altrimenti cambia l’equilibrio”. Intestinale, probabilmente. Abbiamo tentato di rubarglieli in tutti i modi, senza successo. Li custodiva gelosamente, egoista nel passare la palla e nel condividere la merenda: “Lo faccio per il vostro bene, i miei gol vi servono”.

“Al di là del dessert per poppanti, vigeva una monotonia assoluta anche nella scelta degli altri suoi piatti: pasta in bianco con un pizzico di sugo rosso e bresaola a pranzo, pasta in bianco con un pizzico di sugo rosso e bresaola a cena. Un menu lungo una vita. A tavola si comportava come quando si trovava davanti al portiere avversario: faceva sempre la stessa cosa, senza fantasia ma con il massimo dell’efficacia. Durante i pasti stava seduto ad aspettare che il cameriere gli portasse le pietanze e quasi lo imboccasse, durante le partite che una palla in qualche modo gli carambolasse addosso e finisse in rete”.

20 maggio 2013

Nicola Rizzoli designato per la finale di Uefa Champions League

Come da pronostici sarà Nicola Rizzoli da Bologna l'arbitro della finale di Champions League tra Borussia Dortmund e Bayern Monaco. Per Rizzoli è la seconda finale europea, dopo quella di Europa League del 2010 tra Atletico Madrid e Fulham. Ecco come la news è stata riportata dal sito www.aia-figc.it: 
"La Commissione Arbitri UEFA ha designato Nicola Rizzoli per dirigere la finale della UEFA Champions’ League tra Borussia Dortmund e Bayern Monaco, in programma sabato 25 maggio alle ore 20.45 allo stadio di Wembley a Londra. Assieme a Rizzoli designati gli assistenti Renato Faverani e Andrea Stefani e i due arbitri addizionali Gianluca Rocchi e Paolo Tagliavento. Il quarto ufficiale, come consuetudine per le finali europee, sarà di un’altra federazione, e il designato è lo sloveno Damir Skomina. A completare il team Gianluca Cariolato, assistente di riserva. A distanza di 12 anni, l’ultimo fu l’attuale designatore della CAN A Stefano Braschi, un arbitro italiano torna a dirigere la finale della massima competizione europea per club e, così come dodici anni fa, sarà un derby a concludere l’edizione 2012-13 della Champions’ League, stavolta tutto tedesco."
C'è da dire che il fischietto bolognese abbia sicuramente avuto il vantaggio di essere il pupillo, e concittadino, del designatore arbitrale UEFA Pierluigi Collina, e di avere sfruttato la pessima stagione dei concorrenti per la direzione della finalissima.Speriamo che la direzione di gara sia un bagliore di luce nella grigia stagione di Rizzoli, il sesto italiano a dirigere la finale della massima competizione europea dopo Lo Bello (1968 e 1970), Agnolin (1988), Lanese (1991), Collina (1999) e Braschi (2000).

Sedici sconfitte, mai così male i nerazzurri nella loro storia

Lo scempio dell'Inter, l'ennesimo capolavoro dell'Udinese. Non ci sono mezze misure a San Siro, dove l'Inter — non più tardi di tre anni fa campione d'Europa e del mondo — viene umiliata da una piccola grande squadra di provincia, l'Udinese, che festeggia la qualificazione in Europa League e inanella l'ottava vittoria di fila, record assoluto in Serie A per la società friulana. L'Inter finisce nona, peggior risultato nerazzurro del nuovo secolo, e incassa la sedicesima sconfitta in campionato, primato negativo per la Serie A a 20 formazioni. Ad agosto ripartirà dal terzo turno eliminatorio di Coppa Italia, perché il nono posto tanto vale. Una squadra allo sbando. Anzi, una squadra che non c'è più, che non può più definirsi tale. Un punto nelle ultime cinque partite. Numeri disastrosi e totale mancanza di un gioco. Sì, lo sappiamo, gli infortuni. Ma non c'è, non ci può essere moria di giocatori che giustifichi un tale disordine, un club del livello dell'Inter non può essere condannato all'improvvisazione. Oggi ci vuole coraggio per confermare Andrea Stramaccioni, bisogna compiere un atto di fede, essere visionari, vedere un futuro là dove un futuro non sembra esserci. In passato Massimo Moratti ha esonerato allenatori per molto meno. E bisogna che nell'area tecnica qualcuno si assuma le proprie responsabilità. Prendere Alvarez e scartare Lamela, per dirne una, è stato a suo tempo un abbaglio colossale. Troppo facile scaricare tutto sull'inesperto Stramaccioni.
Opposti estremismi Da una parte una squadra riconoscibile come tale, con gioco definito, collaudato. Con un copione, con un'organizzazione. Questa squadra era l'Udinese. Dall'altra una formazione che recitava a soggetto, minuto per minuto, senza uno spartito, senza un'idea fissa di sé. E questa squadra era l'Inter. A un certo punto, ieri sera, abbiamo perso il conto dei mutamenti tattici ordinati da Strama, partito con una difesa a tre, poi corretta a quattro: 3-5-1-1, 4-2-3-1, 4-3-3... Che litania di prefissi. Mancava giusto il 5-5-5 di Oronzo Canà. L'allenatore cambiava sistemi di gioco come fazzoletti di carta durante un raffreddore. Giocatori spostati di qua e di là come bandierine su un'ipotetica carta geografica, nella speranza che prima o poi si trovasse l'alchimia. Si procedeva a tentoni e per tentativi. E i gol subiti: 5 ieri in un colpo solo, 57 in totale. Cinquantasette reti al passivo per l'Inter sono un'enormità, sono la spia di una fase difensiva imbarazzante. Del resto basta rivedersi la cinquina presa ieri. Non c'è un gol dell'Udinese che in qualche modo non sia stato figlio della sbadataggine e dell'incuria di qualche giocatore nerazzurro, dal primo fulmineo di Pinzi all'ultimo definitivo di Muriel, passando per l'incornata di Domizzi e il «tiramisù» di Di Natale.
I due fenomeni Certo, la differenza l'hanno fatta anche i colpi dei giocatori. Oggi come oggi l'Inter due attaccanti del livello di Muriel e Di Natale se li sogna. La rete di Di Natale è stata un capolavoro, il gol di Muriel ha fatto viaggiare molti tifosi nerazzurri all'indietro nel tempo, perché il colombiano sembra il fratellino minore di Ronaldo. I campioni però bisogna metterli nelle condizioni di dare il meglio di sé, e qui scatta la diversità tra Inter e Udinese. Nelle squadre di Guidolin si curano i dettagli, non c'è pallone che non sia pesato, studiato e speso come logica comanda. Ciascuno ha un compito, un ruolo, una posizione. È sacrosanto che l'Udinese entri in Europa, è assurdo che l'Inter si sia ridotta così.

fonte: gazzetta dello sport

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