La vetrina mondiale regala da sempre emozioni e gesti tecnici di raro valore. Impossibile dimenticare alcuni gesti tecnici, che segnano per sempre la storia di questo sport.
L'esempio più eclatante, ovviamente, è quel fantastico goal di Maradona a Messico '86, nel giorno in cui con una doppietta stese l'Inghilterra. Se il primo passa alla storia per la "mano de Dìos"; il secondo resta nell'immaginario collettivo il goal più bello di sempre.
El Dies, come lo chiamavano in patria, prende palla, salta tutti e deposita in rete. 12 secondi di corsa e potenza; 11 tocchi palla, tutti rigorosamente di sinistro.
Il Mondiale non è solo Maradona, può portare agli onori della cronaca anche i meno famosi. La storia più singolare e interessante è quella del saudita Saeed Al-Owairan (سعيد العويران), veloce centravanti mattatore del Belgio a Usa '94.
L'Arabia Saudita, arrivata alla rassegna statunitense con poche velleità, fu capace di stupire tutti. Una sconfitta di misura con l'Olanda, maturata a pochi minuti dal termine; un successo con il Marocco, giusto per arrivare a giocarsela con il Belgio. I Diavoli Rossi avevano una formazione decisamente più forte, con l'esperto Preud'homme in porta; Albert in difesa; l'attuale commissario tecnico Marc Wilmots a centrocampo; e davanti la coppia dei sogni: Vincenzo Scifo e Luc Nilis.
Proprio Luc Nilis meriterebbe una storia tutta sua, e presto gliela dedicherò. Per ora vi basti sapere che Ronaldo, non proprio l'ultimo arrivato, lo ha definito uno dei migliori con cui abbia mai giocato.
Eppure il Belgio, in quella partita, soccomberà. A guidare i sauditi non ci sono campioni, ma la leggenda vuole che il re Fahd avesse avuto grandi premonizioni. Non so quanto di vero ci sia, ma per me contano i fatti, i goal. E nel torrido pomeriggio di Washington c'è un giocatore solo ad illuminare la scena. Si chiama Saeed Al-Owairan, il Maradona del Golfo.
Cresciuto calcisticamente nell'Al-Shabab, Owairan non è stato baciato da un talento cristallino, ma ha una cosa più degli altri: la corsa. Sa che se fai grandi cose al Mondiale, nessuno ti dimenticherà. Tanto meno in Arabia Saudita, dove puoi diventare un eroe nazionale.
Mercoledì 29 Giugno 1994, Saeed vuole regalarsi la gloria eterna. Nella decisiva sfida con il Belgio, al 5' di gioco, Al-Owairan entra per sempre nella storia del calcio. Numero 10 sulle spalle e corsa fluida, il saudita prende palla sulla sua trequarti difensiva. I compagni son quasi tutti dietro di lui, davanti a sè un muro di difensori fiamminghi. Ma non importa, si vive una volta sola. Scatto bruciante a incunearsi in mezzo ai due centrocampisti belgi, che non commettono fallo. Finta verso sinistra e cade un difensore; piccolo rimpallo a liberarsi dell'ultimo baluardo e poi davanti al portiere. Pressato da Albert e con Preud'homme in uscita, Al-Owairan ha la forza di lasciarsi cadere e colpire di collo. Un tiro forte, come nessuno s'immaginerebbe dopo 65 metri di corsa forsennata. La palla parte veloce, forte, e s'insacca sotto la traversa. E' un goal fantastico, unico, a tratti inimmaginabile.
L'Arabia Saudita si qualifica, è un momento storico per il calcio saudita e per il movimento asiatico, dopo il falso dentista coreano (1966, al secolo Pak Doo Ik) un nuovo eroe.
Carichi come delle molle Al-Owairan e compagni giocano contro la Svezia. Il divario tecnico-tattico è abissale, i nordici vincono facile 1-3 con la doppietta di Kennett Andersson.
Ma il mondiale per Al-Owairan era già vinto, e ha coinciso con un futuro da nababbo. Tornato in patria il giocatore saudita diventa l'icona del movimento calcistico arabo, con onori e oneri. Se il re gli concede grandi tributi e immense ricchezze, allo stesso tempo Saeed non può lasciare il paese. Ma non puoi domare un cavallo imbizzarrito, e così soldi e potere danno alla testa al Maradona saudita. Proprio come Diego, Saeed Al-Owairan inizia una vita dedita ai vizi e ai bagordi, spesso in compagnia di procaci fanciulle a pagamento.
Scappato dal paese, viene fermato al Cairo all’uscita di un locale notturno, dopo una nottata di follie con due ragazze russe, il Maradona del Golfo venne arrestato e portato in prigione, nella sua Arabia Saudita. Tutto d'un tratto si trovò nella polvere esattamente come Dieguito, il mito a cui era stato tanto enfaticamente accostato dai suoi ammiratori calcistici. Il talento, la fama improvvisa e l’adorazione; poi il denaro, l’invidia, la caduta e la prigione. Tutta colpa di un gol strepitoso.
"Quel gol per me si rivelò essere un’arma a doppio taglio - ha raccontato pochi anni fa Saeed al New York Times - e, se da un lato fu meraviglioso, dall’altro fu tremendo perché finii costantemente sotto la luce dei riflettori".
La condanna per il misfatto è tremenda, quattro anni di reclusione. Ma Al-Owairan ha una buona stella, il figlio del re. Le sue pressioni inducono il padre a scarcerare il numero 10 dopo un solo anno di carcere, anche in previsione dei Mondiali francesi del '98. Al-Owairan però non è più lo stesso, consumato dalla fama e dal successo dice addio al calcio nel 2001, quattro anni dopo il vero Dies.
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