“E' proprio un grande
gol. Questa è una vittoria che mi auguro sia importante per il futuro. Perché
questa è una buona squadra. Cosa dico a Trapattoni? Lui sa come la penso io e
cosa pensa la squadra di lui. Questa è la vittoria di tutti, non sono io l'
eroe della serata”.
L’umiltà
di un campione assoluto. Gabriel Omar Batistuta, capace di espugnare con un
goal fantascientifico Wembley, è stato un centravanti meraviglioso, unico. Il
numero nove argentino è uno dei tanti giocatori per cui non mi spiego come sia
possibile che France Football non gli abbia conferito il Pallone d’Oro.
Batigol, Raùl, Del Piero, Maldini, Henry, Iniesta, Xavi.. tutti campionissimi
che non sono stati insigniti del massimo riconoscimento personale, ma che hanno
scritto pagine meravigliose di calcio.
La
Fiorentina vive a cavallo del nuovo millennio il suo momento più bello. Con un
tecnico preparato come Trapattoni il lavoro e la programmazione societaria sono
perfette, tanto da vivere il sogno Scudetto nella stagione 1998-99. La
qualificazione in Champions League, un traguardo insperato a inizio anno,
ripaga i Viola degli sforzi sfatti. Il leader della squadra è senza ombra di
dubbio il capitano, Gabriel Omar Batistuta. Accanto al bomber argentino
giostrano giocatori di classe e personalità come Toldo, Rui Costa e Chiesa,
affiancati da un gruppetto di italiani tostissimi. La Fiorentina è una
Cenerentola in Europa, ed il girone di Champions è di quelli durissimi.
Barcellona ed Arsenal sono squadre sulla carta molto più quotate, esperte,
abituate ai palcoscenici internazionali. Non potrebbe essere altrimenti quando
schieri delle vere stelle del calcio mondiale: Guardiola, Figo, Rivaldo e Luis
Enrique; Vieira, Ljunberg, Suker, Bergkamp e Overmars.
Trapattoni,
però, ha forgiato una squadra di rara compattezza, come suo costume. Passati
agevolmente i preliminari, si presenta all’appuntamento Champions con un
pareggio a reti bianche in casa contro l’Arsenal, con Francesco Toldo che prime
concede e poi neutralizza un calcio di rigore, calciato sotto la Fiesole dall’ex
nerazzuro Kanu. La trasferta di Barcellona è di quelle che mettono i brividi. I
90 mila del Camp Nou aspettano di rivedere Batistuta, l’attaccante che due
stagioni prima li spaventò con una rete stupenda, pazzesca. Di solito i
catalani sono un pubblico orgoglioso. Il gesto di Batigol, l’indice sulla bocca
per zittire i loro fischi di paura, avrebbe potuto far pensare ad
un’accoglienza tremenda per il capitano gigliato. E invece i blaugrana hanno
capito, sapevano che il Re Leone è giocatore corretto, un professionista a
tutto tondo che merita applausi a scena aperta. A maggior ragione se non riesce
a guidare nuovamente all’impresa i suoi, sconfitti sotto i colpi di Figo, Luis
Enrique e Rivaldo.
Si
arriva così alla notte decisiva, nell’impareggiabile cornice di Wembley, a
Londra. Uno stadio che mette i brividi, così permeato di storia da essere una
parte stessa del calcio. Fabio Capello, eroe della prima vittoria italiana a
Londra, racconta ai microfoni di Rai Sport cosa significhi giocare in uno stadio
del genere: “Gli stadi come Wembley Sono luoghi in cui si respira la storia.
I campi cosi' sono pochi al mondo: il Maracana', Anfield Road o l'Old Trafford,
San Siro e il Santiago Bernabeu. E poi gli stadi inglesi hanno qualcosa in
piu', la recinzione che non c'e'. Soprattutto noi italiani ce ne accorgiamo
subito: entri, e respiri la tradizione e il rispetto”.
La
Fiorentina si presenta in quel di Londra portando il rispetto del caso, ma
consapevole di giocarsela. Perdere significherebbe essere eliminati; pareggiare
invece vorrebbe dire giocarsi il passaggio del turno in casa con il Barcellona.
Insomma, nessuna idilliaca prospettiva.
Wenger
presenta il suo solito Arsenal, bello ed offensivo. Davanti ad una difesa
rocciosa e spigolosa, composta da gente come Martin Keown e Tony Adams, un
centrocampo di qualità e quantità. Vieira, Parlour e Petit hanno il compito di
filtrare il gioco e far ripartire il tridente Overmars, Bergkamp e Kanu. A
sorpresa solo panchina per Fredrik Ljungberg, Thierry Henry e Davor Suker.
Ricordo bene quella partita e mi son spesso chiesto il perchè di queste scelte.
Bergkamp era un intoccabile e per quello che ha fatto con indosso la numero 10
dei Gunners ci stava. Ciò che non mi son mai spiegato era la totale fiducia in
Nwankwo Kanu, possente attaccante nigeriano approdato all’Inter con una triste
e grave forma di disfunzione cardiaca. Giocatore con mezzi fisico-tecnici
enormi, ma che non è mai riuscito a conquistarmi. E quando metti a sedere gente
come Suker ed Henry, qualche domanda è lecito farsela.
Trapattoni
studia bene il suo avversario. E’ troppo esperto e intelligente per affrontare
l’Arsenal a viso aperto, sa che cadrebbe preda dello spumeggiante palleggio in
salsa Champagne che Wenger ama tanto fare. Ecco che presenta allora una
Fiorentina compatta, con le linee di centrocampo e di difesa molto vicine, in
modo da irretire la manovra dei Gunners. Accanto a marcatori di rara ruvidezza
come Firicano, Repka e Pierini, il tecnico milanese fa agire un centrocampo con
tantissima quantità. Cois, Rossitto, Di Livio ed il tedesco Heinrich hanno il
preciso incarico di bloccare le manovre offensive, scaricando poi il pallone
sul portoghese Manuel Rui Costa. Il numero 10 deve innescare le punte, Enrico
Chiesa e, ovviamente, Gabriel Batistuta.
La
partita viaggia sul filo dell’equilibrio, e non potrebbe essere altrimenti. I
Gunners attaccano, ma lo fanno con il solito palleggio. L’idea di Wenger è
quella di aprire la difesa Viola, di muoverli fino a quando uno dei suoi
talenti non trova il varco giusto. Il Trap però è una furia in panchina. Fra un
fischio ed un urlaccio muove i suoi ragazzi come i pedoni degli scacchi,
soffocando l’Arsenal. La Fiorentina, quando riparte, lo fa con lanci lunghi per
innescare le punte. La difesa alta guidata da Tony Adams, però, manda gli
avanti gigliati in fuorigioco e il primo tempo va così in archivio a reti
inviolate.
Nella
ripresa i londinesi entrano in campo con un altro piglio. Spinti dal pubblico
di casa cercano il goal qualificazione per evitare di essere eliminati nel
girone per il secondo anno consecutivo. Dopo 2’ è Francesco Toldo a superarsi,
bloccando una velenosa conclusione di Kanu. Lo stesso nigeriano, solo pochi
minuti, dopo imbecca alla perfezione Dennis Bergkamp. L’olandese, che
evidentemente ha un conto aperto con l’Italia, spreca clamorosamente.
Trapattoni è scatenato, nel suo completo giacca e camicia urla e salta come un
ragazzo di vent’anni, mentre l’alsaziano Wenger si fa sempre più corruciato. I
britannici spingono con veemenza, ma non trovano la via del goal. Gli innesti
di Ljungberg, Vivas e Suker non danno i frutti sperati, anzi.
Dopo
un solo minuto dall’ingresso del centravanti croato la doccia fredda per
l’intero stadio di Wembley. Heinrich riceve un pallone a centrocampo e corre
indisturbato fino al limite dell’area. Qui scarica sulla destra per Batistuta,
intelligentemente portato sull’esterno da Winterburn. L’argentino controlla il
pallone col mancino e scatta in avanti lanciandosi il pallone e bruciando
letteralmente il difensore sullo scatto. Batigol, però, è molto defilato e
tutti da lì si aspettano un cross. Ma il campione ha colpi risolutori,
inaspettati. Laddove tutti avrebbero cercato un corner o un passaggio al
centro, il colpo di genio. Batistuta alza la testa e scocca uno dei suoi tiri.
La palla calciata dal capitano della Fiorentina è un bracciante, un missile
terra-aria. La traiettoria è magica, perfetta. In men che non si dica fulmina
David Seaman e s’insacca sotto la traversa, quasi all’incrocio del secondo
palo. Batigol, fascia gialla al braccio e numero 9 in bella mostra, corre
felice per il campo, mostrando con orgoglio al pubblico inglese la sua
esultanza.
Di
lì in avanti quindimi minuti di arrembaggio, con la forza della disperazione
più che con una vera trama offensiva. Il fortino viola tiene bene e ringrazia
il suo campione, che come scriverà la Gazzetta dello Sport all’indomani
dell’impresa: “non vincerà il pallone d' oro nemmeno stavolta, ma pazienza:
Gabriel Batistuta è certamente il cannoniere principe del campionato italiano e
forse dell' Europa intera nell' ultimo decennio”.
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