Quando ti presenti all'appuntamento decisivo, dopo aver per giunta perso con il Costa Rica, e non fai nemmeno un tiro in porta, meriti di uscire. Non ci sono scuse o giustificazioni che tengano, l'Italia è uscita dal Mondiale con pieno merito. Ha espresso un calcio ridicolo, non è stata in grado di rendersi pericolosa e non ha manifestato alcuna idea. Prandelli, che almeno ha avuto la decenza, è stato il commissario tecnico più disastroso della nostra storia, almeno dal '66 ad oggi.
Una squadra, la nostra, talmente brutta da non meritare commenti, ma uno sfogo lo merita ogni italiano. Abbiamo il diritto di criticare questa compagine insulsa e amorfa, che ha offeso il nostro glorioso movimento calcistico.
Dopo il girone di Sud Africa 2010 ero convintissimo che il fondo fosse stato toccato. Non si può giocare peggio di così, mi sono detto. E invece gli uomini allenati da Prandelli, la cui parentesi in Nazionale rispecchia la sua carriera a livello di club, sono riusciti a ribaltare ogni mia previsione.
Dopo aver chiuso l'Europeo con quattro sberle sonanti (e l'umiliazione di un Casillas che chiede agli arbitri di stoppare il massacro), gli azzurri si presentano in Brasile con più di una incognita. Bastava pochissimo per essere testa di serie, e invece la Svizzera ci ha bagnato il naso. Il tecnico, dopo aver cambiato talmente tanti moduli da far venire il mal di testa pure a un matematico, annuncia le sue intenzioni: difesa a 4. L'Italia si prepara così al Mondiale con una linea al quanto discutibile. Barzagli e Chiellini sono i sicuri titolari, per gli altri posti se la devono vedere Abate, Paletta e De Sciglio. Bonucci, poco adatto alla linea, viene momentaneamente parcheggiato in panchina, Darmian scalza all'ultimo istante i più quotati rivali.
Il centrocampo, che si poggia sul solito Pirlo, è un reparto che fa venire l'angoscia. Marchisio viene come di consueto impiegato in qualsiasi posizione, un leit motiv che ha in un certo qual modo limitato la sua carriera; Candreva è il nuovo che avanza; De Rossi è riciclato davanti alla difesa, quasi una sorta di libero avanzato. Verratti, l'unico vero grande giovane in rosa, per poco non viene lasciato in Italia, riuscendo a salire sull'aereo solo "grazie" all'infortunio di Montolivo. Thiago Motta, mai in discussione, è un punto fermo del commissario tecnico, Dio solo sa cosa ci veda in lui. Gli altri sono nomi inquietanti, del calibro di Aquilani e Parolo. Mai avrei pensato che certi giocatori avrebbero partecipato al Mondiale.
L'attacco è la ciliegina sulla torta. Balotelli è l'inamovibile, nonostante anche i sassi abbiano capito che lui un campione non è. A casa Destro, reo di segnare troppo, Pepito Rossi e Toni, Prandelli chiude il reparto con Cerci e Insigne, nonostante quest'ultimo sia la riserva di Mertens e Callejon, ed il colpo a sorpresa: Cassano. Classe '82, il talento di Bari fa carte false pur di approdare in Brasile, paese il cui clima si confa poco con il suo approccio atletico al calcio.
Così, dopo esperimenti vari e 3 punti contro la più brutta Inghilterra degli ultimi 50 anni, si arriva al match decisivo. Prandelli sconfessa tutte le scelte, ha paura. Sceglie un modulo tattico "sicuro", il 3-5-2 con cui la Juve di Conte ha stravinto lo Scudetto. Purtroppo per il commissario tecnico, però, ha la brillante idea di rivisitarlo con gli uomini a disposizione. Il blocco difensivo è lo stesso, ma gli esterni cambiano radicalmente. De Sciglio non è (e forse non sarà mai) Lichtsteiner, Darmian ha caratteristiche diverse da Asamoah, nonostante sia un ottimo terzino. Il centrocampo è radicalmente diverso, Pirlo non fa il vertice basso ma gioca 10 metri più avanti. Accanto a lui non agiscono Pogba e Vidal, ma Marchisio e Verratti, giocatori completamente diversi. In avanti, poi, Balotelli e Immobile. Il primo ha come sempre fornito una prestazione nervosa e assolutamente insufficiente; il secondo è stato schierato in campo solo a furor di popolo, dietro non c'era alcun tipo di idea.
Pronti-via la partita si rivela come tutti ci aspettavamo, brutta e bloccata. Gli uruguagi sono una squadra solida ma tutt'altro che irresistibile; giocano compatti e lanciano per Cavani e Suarez, due fuoriclasse veri con la palla nei piedi. Noi non siamo in grado di impensierire Muslera, se non con una punizione di Pirlo. La palla è facile, un qualsiasi portiere di terza categoria la respingerebbe, ma l'ex Lazio per poco non la combina grossa. L'occasione è una perfetta metafora della nostra partita, qualcosa che sarebbe potuto essere ma che non è stata. Per il resto solo tanti falli, brutte giocate e tanto nervoso. Balotelli, un baluardo nel commettere errori stupidi, si fa ammonire e si prepara per la doccia.
Nel secondo tempo ci presentiamo con Parolo in luogo dell'attaccante colored, tanto per sottolineare chiaramente il nostro credo: speriamo di pareggiare. Il resto del match è un continuo susseguirsi di sciocchezze, da parte nostra e dell'arbitro.
Marchisio entra in modo deciso sull'ex Palermo Arevalo Rios, un fallo come gli altri. Non per l'arbitro, che estrae un inspiegabile rosso. Dieci minuti dopo Luis Suarez, uno che a Liverpool gode di uno psicologo personale per contenere i suoi attacchi di rabbia, ne combina una delle sue. Si azzuffa con Chiellini e gli morde la spalla, le vecchie abitudini sono dure a morire. L'arbitro non vede e pochi istanti dopo Godin ci punisce.
Usciamo così dal Mondiale, e ce lo meritiamo. L'arbitro ha commesso errori, certo, ma quando perdi in questo modo non ci sono alibi. Prandelli, che nel frattempo ha inserito il più lento essere sulla terra, Thiago Motta, sembra una sfinge. L'ultima intuizione, se si può chiamare tale, è la sostituzione di Immobile per Cassano. Ma come, fuori l'unica punta rimasta per un attaccante lento e compassato? Ebbene sì. Nemmeno il tempo di capire l'accaduto e Godin porta avanti i suoi. Le nostre speranze di pareggio, come prevedibile, non esistono. I giocatori freschi camminano, gli altri sono in totale confusione. La partita si trascina stancamente fino al 96', quando viene sancito il nostro addio al Mondiale. Un saluto compassato, giusto, meritato. Il nostro movimento calcistico è in crisi totale, ci siamo per anni nascosti dietro ai club e ai loro risultati, alla crisi economica del paese, ma non è questa la verità. Non abbiamo coraggio, non siamo in grado di essere la solita squadra. Non siamo l'Italia. Recuperiamo la nostra identità, subito. Per farlo servono misure drastiche, cambiamenti. Spero davvero che tutto questo accada, ma sono perplesso. In Italia facciamo tante parole e pochi fatti, spero di essere smentito.
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