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A Rio va in scena una di quelle che partite che, normale, non sarà mai. Argentina e Germania hanno una rivalità calcistica troppo forte e radicata. Deflagrata con la finale di Messico '86, la sfida ha assunto nel tempo connotati leggendari, per la qualità dei giocatori in campo ed i risultati.
Come detto il tutto comincia il 29 Giugno 1986 a Città del Messico. Sul campo dell'Atzteca si trovano l'Argentina di Carlos Bilardo e la Germania di Beckenbauer. Sulla carta non c'è storia, la Germania è più forte e quadrata. Agli ordini del maestro tedesco giocano esperti campioni del calibro di Briegel, Rumenigge e Magath, reduci dalla sconfitta di Spagna '82 e giovani fenomeni come Brehme e Matthaus, semplice comparsa nel Mundial spagnolo. Bilardo ha però Diego Armando Maradona, il miglior Diego di sempre. In una forma psico-fisica mostruosa, "el dies" trascina i sudamericani oltre i propri limiti e confini. Valdano e Burruchaga, esaltati dall'estro del miglior calciatore del mondo, regalano un successo incredibile all'albiceleste, che bissa il titolo del '78 ed agguanta proprio la Germania a quota due mondiali.
La rivincita è un piatto che va servito freddo. Praticamente la stessa Germania del 1986, infatti, si presenta a Roma, l'8 Luglio del 1990. Allo stadio Olimpico va in scena una finale vibrante, tesa e ricca di colpi al limite del proibito. Più che per il goal di Brehme, realizzato calciando il rigore con il piede non dominante (aspetto assolutamente fuori dal normale, almeno per me), la sfida di Roma passa alla storia per l'atteggiamento di Diego. Infastidito dai fischi italiani verso la sua nazionale, carnefice dell'Italia a Napoli, il numero 10 risponde ripetendo a gran voce "hijo de puta" durante l'esecuzione dell'inno.
Beckenbauer si prende la sua rivincita, Diego fa esplodere definitivamente l'odio sportivo tra due paesi simili fra loro come il giorno e la notte. Da un lato la giovialità argentina, tipica dei paesi caldi; un fare molto italico e spagnolo, con un pizzico di filosofia messicana annessa. Dall'altro la rigidità teutonica, fatta di lavoro e disciplina, regole e doveri.
E così al Maracanà di Rio va in scena la finale più giocata della storia. Dimentichiamo per un momento ai precedenti storici di alcuni decenni fa e concentriamoci sul presente ed il passato meno remoto. Dal 2006 ad oggi la Germania è sempre stata la carnefice dell'Argentina. Lo ha fatto ai calci di rigore nel 2006, dopo l'1-1 dei tempi regolamentari, firmato da Ayala ed il solito Klose. Ha ribadito il concetto con ancor più forza in Sud Africa, quando Mueller, Klose (due volte) e Friedrich hanno annichilito l'Argentina di Diego Armando Maradona, ancora lui. A conti fatti le vittorie tedesche in queste manifestazioni non hanno portato ad un successo, se è vero che Italia prima e Spagna poi hanno spento i sogni in semifinale. Ma quella del Maracanà sarà nuovamente una partita decisiva, come quelle giocate in Messico ed Italia.
In tempi non sospetti ho pronosticato questa finale, e se dovessi scommettere, oggi, punterei sulla Germania. Per la forza dei singoli, per la qualità del gioco espresso, per l'attitudine al successo di quasi tutti i componenti della rosa. E sarebbe inoltre la prima volta che una squadra europea s'impone nel continente americano, un tabù che va sfatato prima o dopo. I ragazzi di Loew non hanno mostrato debolezze o paure, ma solo di soffrire le squadre che si chiudono e ripartono veloci. Non è un caso se solamente il Ghana e l'Algeria, due africane dotate di corsa e velocità, sono riuscite a spaventare i bianchi di Germania.
Loew punterà sui suoi fedelissimi, con Klose a caccia del goal numero 17, utile a spaventare l'amico Mueller nella caccia al suo primato.
Se fossi in Sabella punterei quindi su una tattica attendista, con una difesa solida e tanta velocità in ripartenza. L'ottimo Higuain di queste ultime partite potrebbe essere il giusto grimaldello per spaventare i due lenti centrali, Hummels e Boateng. Dietro di lui servono tecnica e rapidità, qualità che Messi ha a bizzeffe. Rinuncerei forse a Lavezzi dal primo minuto in favore di Di Maria, vero ago della bilancia del match, dietro alle punte. Se c'è un giocatore a cui non rinuncerei mai è proprio il madrilista, che è dato per recuperabile. Dietro questo trio tantissima attenzione e tattica, per stoppare Mueller e compagni. Se gli lasci spazio, loro ti puniscono. Chiedere al Brasile per conferma.
Vada come vada, l'importante è che la partita sia bella ed emozionante, non a senso unico come Brasile-Germania; non soporifera come Argentina-Olanda. Che vinca il migliore.
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