Dopo la scoppola presa al Mondiale casalingo, nel 1994, gli Stati Uniti decisero di dare una spinta al movimento calcistico americano. Stadi all'altezza della situazione ed un campionato di livello più alto, per conquistare il cuore della gente ed aiutare la nazionale. Gli States non sono una nazione che nello sport, in genere, si limita a partecipare. Olimpiadi o Mondiali che siano, i ragazzi a stelle e strisce sono quasi sempre fra i favoriti alla vittoria, in tutte le discipline. Nel calcio, invece, non hanno mai rischiato di vincere qualcosa, non sono mai riusciti a dominare. E francamente credo che il trend continuerà.
Agli americani il calcio piace, ma fino ad un certo punto. E' una tipologia di sport estranea al mondo del marketing e della domenica seduti, per ore, a mangiare snack e hot-dog. Il campionato di massima divisione, l'MLS, è specchio di questo disinteresse, nonostante intorno ad esso gravitino molti ma molti soldi. Un po' come i tornei arabi, la massima lega americana sembra essere "la tomba dei campioni", ripercorrendo la tradizione che ha voluto giocare negli USA campioni a fine carriera. Pelè e Beckenbauer ne sanno qualcosa. Nulla di male, semplicemente un calcio con meno ritmo e meno qualità, dove a farla da padrone sono i nomi e non le abilità dei giocatori.
E, a supporto della mia tesi, ecco i risultati. I campioni in carica sono la temibilissima compagine del Kansas City, il cui giocatore simbolo è Claudio Bieler. Vi chiederete chi sia costui, come ho fatto io. Ecco, Bieler è un centravanti argentino naturalizzato ecuadoriano, le cui stagioni al top son state vissute con la maglia della Deportiva Universitaria de Quito.
In finale, spuntandola solo ai rigori, il Kansas ha sconfitto il Salt Lake City di Alvaro Saborio, centravanti del Costa Rica con un passato al Sion, in Svizzera.
Sconcertante direte voi, ma voglio chiudere con il dato più allarmante. A New York, con la maglia dei Red Bull, giocano questi calciatori: Peguy Luyindula, ex Lione; Thierry Henry, un campione sensazionale; Tim Cahill, fresco di un goal da spellarsi le mani al Mondiale; Bradley Wright-Phillips, speranza del City, figlio di Ian Wright e fratello di Shaun Wright-Phillips, un altro definito in gioventù un fenomeno.
Di questo passo il calcio è destinato a rimanere un gioco per gli americani. Divertente, appassionante, ma solo e sempre un passatempo. Ed è un peccato, con Klinsmann alla guida della Nazionale, infatti, gli States hanno dimostrato un grande potenziale. Poche nazioni al mondo sono così forti nello sport, è quasi una fortuna per i grandi paesi europei che gli americani non si dedichino anima e corpo al calcio, ma fino a quando durerà tutto questo? Klinsmann sembra avere indirizzato gli americani sulla giusta rotta.
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