“Si poteva vincere e bisognava vincere. I problemi riguardano la conduzione della squadra: non si può lasciare la fonte del gioco Zidane sempre libero. Era una cosa che non si poteva non vedere, anche un dilettante l'avrebbe vista”.
Le parole di Silvio Berlusconi, all’indomani della sconfitta con i francesi, mi hanno lasciato l’amaro in bocca. Difficile digerire una partita come quella di Rotterdam, ancor più arduo pensare che Zoff lasci la Nazionale. Dino Zoff è stato un grandissimo uomo ancor prima che un campione del mondo ed un allenatore di successo. Ha sempre dato tutto per l’Italia ed ha sempre tenuto un atteggiamento corretto, onesto e mirabile. All’indomani delle sue dimissioni, ricordo bene, ero arrabbiato, frustrato. Non capivo come fosse possibile che le parole di un politico, per quanto influente, potessero spingere il commissario tecnico a gettare la spugna. Oggi, a distanza di 13 anni dall’accaduto, ho capito la scelta di Zoff. Da uomo di sport non ha messo in scena un teatrino, non ha fatto polemiche o dibattiti beceri e stucchevoli. Ha lasciato che l’Italia andasse avanti senza di lui, ha voluto liberarsi dalle pressioni e dalle calunnie immotivate. In cuor suo, ne sono certo, ancora oggi Zoff è fiero delle scelte che ha fatto, tanto in partita quanto nei giorni avvenire. Io, nel mio piccolo e per quanto poco possa valere, mi sento oggi di appoggiare e condividere la scelta, presa da un uomo tutto d’un pezzo a cui tutti gli sportivi italiani dovranno sempre e solo dire “grazie”.
Francia e Italia non è e non sarà mai una partita come le altre. Io sento tantissimo la rivalità, ma in generale tutti quanti sentono una sorta di “derby” con i propri vicini. I francesi sono i nostri “cugini” d’oltralpe, impossibile dire che sia una partita normale. In Olanda, poi, il match acquisiva ancora più significato, per due ragioni. Perché dopo la vittoria transalpina nei quarti del Mondiale casalingo ai rigori, l’Italia cerca la doverosa rivincita. Il secondo motivo è che moltissimi dei giocatori in campo giocavano o avevano giocato in Serie A. Le squadre, insomma, si conoscevano benissimo e la partita lo dimostrerà.
A Rotterdam l'Italia aveva la possibilità di bissare il trionfo europeo del 1968, mentre i francesi di Lemerre potevano vincere uno straordinario "double" dopo la conquista del Mondiale 1998. Gli uomini di Zoff, in divisa bianca per l'occasione, cercano di sorprendere la Francia già dall'inizio e Delvecchio dopo appena un minuto si trova solo avanti a Barthez, che riesce ad anticiparlo in uscita. Il portiere francese, da sempre riconoscibile per la sua “pelata” ed il bacio che Blanc gli dedicava, mi ha sempre portato il buon umore. Quando lo vedevo in campo la mia squadra trionfava, e la cosa mi ha sempre messo di buon umore. Nulla e per sempre, e Fabien ha prontamente provveduto a smentire il mio buon umore nell’occasione più importante.
Al terzo la palla del vantaggio plana sulla testa di Francesco Totti, che non ha mai avuto nel colpo di testa il suo colpo più efficace. Il giallorosso non imprime la giusta traiettoria e l’occasione viene vanificata, come quella che capita ancora a Marco Del Vecchio pochi minuti. L’Italia c’è, attacca con convinzione e annichilisce i cugini d’oltralpe, che si aggrappano intorno a capitan Deschamps ed il fuoriclasse che ha ereditato la numero 10 da Michel Platini.
E’ proprio Zidane a suonare la carica e portare la Francia a ritrovare i suoi riferimenti, facendo guadagnare metri preziosi per dare sfogo al suo talento ed alla velocità di Henry davanti, uno che quando c’è da buttarla dentro non si tira mai indietro. Fino alle fine del primo tempo le due squadre si fronteggiano in una guerra di posizione, in avanzamento gli uomini di Lamerre, in arretramento quelli di Zoff. Sembra un po’ la guerra di logoramento del ’15-’18, con nessuna delle due che riesce a prevalere sull’altra. Al 38' Henry ha un guizzo e libera al centro dell’area Djorkaeff, che calcia fra le braccia di Toldo. E’ l’ultima vera occasione di un primo tempo ricco di tensione e povero di palle goal. Le due squadre che lasciano il campo con poche certezze e tanti dubbi, consapevoli che nei successivi 45’ il campionato europeo si sarebbe deciso.
La ripresa inizia com’è finito il primo tempo, con i campioni del mondo all'assalto frontale e gli azzurri in affanno. Una superiorità territoriale, quella transalpina, che dura solo sette minuti. Zoff decide di cambiare assetto tattico e allora dentro Del Piero, fuori Fiore. Totti arretra sulla trequarti e questo crea scompiglio nella difesa francese. E così in due minuti l'Italia va in vantaggio. Totti riceve da Albertini e libera Pessotto con un magnifico colpo di tacco. Lo juventino ha il tempo di alzare la testa e crossare al centro, dove Del Vecchio è bravo e veloce a traffigere Barthez.
Il contraccolpo psicologico per la Francia è tanto forte quanto evidente. Per qualche minuto i cugini d’oltralpe vanno in trance, stregati dalle geometrie italiche. Gli azzurri ne approfittano e per poco non sfiorano il raddoppio. Un ispiratissimo Totti libera Del Piero. Pinturicchio scivola nell'area francese come la lama di un coltello nel burro, ma calcia troppo alla sinistra di Barthez, il pallone si spegne sul fondo. Le ripartenze azzurre bruciano l'ossigeno nei polmoni di Zidane e compagni e Zoff prova a congelare il match inserendo l’incontrista Ambrosini, a cui chiede di fare il guastatore davanti alla difesa e catturare i palloni aerei.
I francesi provano a riprendersi, ma le loro sfuriate si schiantano sempre contro il solito Toldo. I pericoli veri, i brividi, li corrono i nostri avversari. Al 77' Totti serve Del Vecchio con un lancio vellutato, il romanista calcia forte e trova solo l’esterno della rete. Pochi minuti dopo il pallone del raddoppio è di nuovo sugli educati piedi di Del Piero, liberato perfettamente da Ambrosini. Il numero 10 sbaglia nuovamente, aprendo un circolo polemico destinato a chiudersi con il goal nella semifinale di Germania 2006 ed il rigore in fiale, proprio contro la Francia.
L’Italia non riesce dunque a raddoppiare, ma tutto sembra presagire un successo di misura. Gli uomini di Zoff gestiscono il pallone e non soffrono eccessivamente le ripartenze francesi, ma quando anche il recupero sembra finito, la beffa. Wiltord riceve un assist tanto invitante quanto fortuito, nato da un’azione stranissima. Il pallone è sporcato da Cannavaro, ma arriva comunque all’attaccante colored, che tira fuori il classico jolly della vita. La conclusione passa sotto i tacchetti di Nesta, viene sfiorato dalla manona di Toldo e finisce in fondo al sacco, portando il match agli extra-time. La bastonata è stavolta per gli azzurri, che subiscono il colpo. Nelle gambe e nelle teste dei ragazzi s’insinuano dubbi e paure. Non sono i supplementari adrenalici vissuti in quel di Amsterdam, ma son minuti d’ansia. Per la Francia i supplementari sono un distillato di emozioni, per gli italiani un concentrato di terrore.
Ricordo con assoluta chiarezza la voce di Bruno Pizzul raccontare l’azione decisiva. La palla è nei piedi di un grandissimo calciatore come Robert Pires, che salta facilmente il suo marcatore e mette un invitante cross in mezzo. “L’attaccante più duro da marcare è Trezeguet, ti può punire in qualsiasi modo. E’ destro, ma può segnare con entrambi i piedi; è forte di testa e in acrobazia”. Le parole di Alessandro Nesta son profetiche, perché la sfera finisce proprio nella zona del futuro numero 17 juventino, che calcia di sinistro. La conclusione è fortissima, imparabile. La rete si gonfia, la voce di Pizzul si fa roca e prima della frase di rito per celebrare la vittoria francese si susseguono due-tre secondi di silenzio. David Trezeguet ci ha puniti, la Francia è Campione d’Europa ed esulta davanti a noi. Ci eravamo vicini, vicinissimi. Il contenzioso con i transalpini non finirà qui, ma questa è come sempre un’altra storia.
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