L'ottimo andamento nel Mondiale argentino del 1978 apriva un biennio importante per la Nazionale azzurra, seppur vuoto di impegni agonistici, data l'automatica qualificazione agli Europei, di cui l'Italia aveva ottenuto l'organizzazione. Il confermatissimo Enzo Bearzot, soprannominato "il Vecio" dallo scrittore Arpino, lo spese quasi esclusivamente a celebrare i propri fedelissimi d'Argentina. Due scialbe amichevoli ravvicinate in settembre con corredo di sonori fischi (1-0 a Torino alla Bulgaria, 1-0 alla Turchia a Firenze) chiarirono profeticamente che l'Italia non avrebbe vissuto di rendita sulle belle prove di Baires.
Il Ct ne prese atto in novembre, quando in amichevole a Bratislava la Cecoslovacchia umiliò i suoi prodi per 3-0. In campo c'erano gli undici "argentini", finì a botte e calci (Antognoni espulso), con l'Italia costretta a difendersi senza riuscire a reagire. Bearzot non aveva alcuna intenzione di battere nuove strade e finì nuovamente nel mirino della critica. A dicembre superò la Spagna per 1-0 con gol del solito Rossi, facendo esordire il giovane Giordano, piccolo e tosto centravanti, in auge nella Lazio grazie a doti tecniche da campione. In febbraio, ecco l'Olanda a Milano, con suggestioni mondiali. Bearzot inserì l'interista Oriali e il giovane stopper milanista Collovati; Rossi e Bettega fecero il resto, per un 3-1 scintillante. Commento più diffuso: la Juventus si allenava in campionato (dove, senza Rossi, zoppicava) per giocare bene in Nazionale.
Il Milan del sempiterno Rivera si accingeva a conquistare il proprio decimo scudetto vincendo il duello sul sorprendente Perugia, mentre il Vicenza di Rossi avrebbe di lì a qualche settimana pagato il proprio peccato di presunzione finendo in B, al termine di un torneo avaro di nuovi valori e di grandi espressioni spettacolari. Il che non poteva non alimentare il conservatorismo di Bearzot.
Il momento positivo degli azzurri proseguì in maggio, quando ospitammo all'Olimpico l'Argentina mundial, fresca vincitrice (ai rigori) sull'Olanda nel trofeo Fifa. Mancavano gli "europei" Ardiles, Kempes, Ortiz e Bertoni, ma c'era il diciottenne Maradona. Bearzot confermò la formazione del Mondiale arricchita da Collovati e Oriali e solo un rigore inventato consentì a Passarella di cogliere il 2-2. Quando l'impegno chiamava, la Nazionale sapeva rispondere. Tre settimane dopo, il Ct sembrò divertirsi con i suoi detrattori: per un'amichevole a Zagabria con la Jugoslavia diede la stura agli esperimenti (attacco a tre punte, inserimento di Giordano), col risultato di un sonante 4-1 per gli uomini di Miljanic. Come a dire: chi lascia la via vecchia per la nuova... Estate 1979, parte la stagione degli Europei per il nostro calcio, che deve sopportare un campionato gramo, povero di gol e spettacolo, l'Inter delle rivelazioni Pasinato e Beccalossi come grande protagonista. Cinque amichevoli sono in programma prima della manifestazione continentale. Un comodo successo sulla Svezia (1-0) a Firenze, poi una passeggiata (2-0) con la Svizzera a Udine, una spenta vittoria sulla Romania (2-1) a Napoli e un risicato 1-0 sull'Uruguay a Milano confermano la volontà di Bearzot di rimanere fedele alla linea tracciata, nonostante un gioco all'insegna quasi obbligata della noia, nell'interminabile valzer di amichevoli. Nonostante il pieno di vittorie, le critiche tornano a mordere l'immobilismo del Ct, prima che un evento di portata travolgente intervenga a scompaginare le carte, cambiando del tutto la scena. Acceso dalla denuncia di un fruttivendolo, esplode il Calcio-scommesse, il più grave scandalo della storia del nostro calcio. Si muove persino la giustizia ordinaria (per il reato di truffa), mettendo le manette al calcio. Tra i giocatori arrestati il 23 marzo 1980 al fischio di chiusura delle partite c'è Giordano; colpito da ordine di comparizione anche Paolo Rossi, trasferitosi al Perugia dopo la retrocessione del Vicenza. Dopo pochi, convulsi mesi, i due alfieri azzurri per gli imminenti Europei si ritroveranno appiedati dalla giustizia sportiva: tre anni e mezzo il laziale, due anni il perugino. Per Bearzot la mazzata è pesantissima. Il 19 aprile Rossi gioca in azzurro per l'ultima volta, per un poco rassicurante pareggio a Torino con la Polonia (2-2). Il Ct, così come gli appassionati, appare frastornato per la portata dello scandalo, allargatosi ai vertici tecnici minacciando la credibilità dell'intero movimento.
In questo clima di sfascio, mentre il governo del pallone riapre, dopo quindici anni, le frontiere ai giocatori stranieri, la Nazionale si ritrova a giocare l'Europeo in casa all'insegna dell'impotenza offensiva. Orbato dei due attaccanti più forti, Bearzot ripiega sul calante Graziani, riproponendo pari pari la Nazionale "argentina", con le uniche novità Oriali e Collovati. Bloccati sul nulla di fatto dalla Spagna in apertura a Milano, gli azzurri battono l'Inghilterra a Torino ben oltre l'unico gol, dovuto a una prodezza di Tardelli. Ma col Belgio è di nuovo zero a zero, complice l'arbitro Garrido, e addio finale, mentre l'intera manifestazione si risolve in un pauroso "bagno" economico, tra stadi vuoti e scarso entusiasmo generale. Come due anni prima, dobbiamo accontentarci della finale per il terzo posto, persa ai rigori con la Cecoslovacchia (1-1 dopo i supplementari) per l'errore decisivo di Collovati. La Germania rinnovata di Derwall vince meritatamente il titolo superando il Belgio all'Olimpico. Bearzot si lamenta: siamo quarti senza avere mai perduto, se non dal dischetto. La risposta è fin troppo ovvia: in quattro partite abbiamo segnato due gol. Troppo poco per pretendere di più.
Con la stagione 1980-81 si torna a parlare di Mondiali. L'Italia deve guadagnarsi l'accesso a Spagna '82 con Lussemburgo, Danimarca, Jugoslavia e Grecia. Passata la triste sbornia dell'Europeo, Federico Sordillo, dirigente di estrazione milanista, diventa presidente della Figc, con Franchi presidente onorario, e Bearzot riprende il suo cammino. Il dopo Rossi lo ha timidamente sperimentato facendo esordire contro il Belgio il centravanti interista Altobelli, detto "Spillo" per essere lungo e magro, oltre a possedere i guizzi in palleggio e i numeri sotto porta del cannoniere di razza. A settembre, a Genova, l'Italia batte 3-1 il Portogallo in amichevole ed è appunto il nerazzurro a siglare due reti.
Per i critici di Bearzot, che hanno ripreso a martellare duramente, la spiegazione è semplice: quando vince, l'Italia lo fa "nonostante" il suo Ct; ovvero: Altobelli è stato inserito obtorto collo, solo sulla spinta di una robusta campagna di stampa. Il dettaglio serve a spiegare le reazioni scomposte al primo della serie dei successi azzurri sulla via di Spagna. Si gioca in Lussemburgo, contro la solita volonterosa truppa di dopolavoristi, e il risultato che ne scaturisce, 2-0, viene considerato troppo esile, specie per lo scarsissimo gioco che l'ha prodotto e le due espulsioni (Causio e Antognoni) che l'hanno accompagnato. La "Gazzetta dello Sport" titola: «Bearzot, ora basta!». E spiega: «O il commissario tecnico cambia rotta, o lascia la Nazionale». Il "Corriere della Sera" rincara: «È giunto il momento in cui la Federazione ha il dovere di porsi seriamente una domanda: se sia il caso dì continuare a lasciare la Nazionale nelle mani di Enzo Bearzot. La nostra impressione è che, qui in Lussemburgo, siano sprofondate nella follia e nella vergogna le ottuse teorie immobilistiche del commissario tecnico». Il quesito diventa drammatico: riuscirà Bearzot a salvare la panchina? Quel che accade dopo è una risposta significativa: 2-0 alla Danimarca (1 novembre a Roma), 2-0 alla Jugoslavia (15 novembre a Torino), 2-0 alla Grecia (6 dicembre ad Atene). In pratica, la qualificazione in tasca in tre mosse. Una volta di più, i detrattori restano spiazzati. Anche perché sulla via del rinnovamento il Ct è parsimonioso, ma vincente. Dopo aver inserito stabilmente Altobelli, dovendo trovare il successore del declinante Causio, a chi gli consiglia Bagni e Novellino risponde scegliendo il venticinquenne Bruno Conti della Roma. Che in breve diventerà un irresistibile fuoriclasse delle fasce laterali. Identico buon fiuto rivela il Ct con la Capitolo II: La ripartenza di Bearzot < Prec. > Pros. < Prec. > Pros. pipa nell'investitura di Giampiero Marini, centrocampista di fatica dell'Inter, fatto debuttare contro la Danimarca e subito a proprio agio. A fine anno, impegno in Uruguay per il "Mundialito", la Copa de Oro organizzata per celebrare il cinquantenario del primo Mondiale. Il Ct azzurro ne approfitta per provare altre forze nuove: il vigoroso stopper del Como, Pietro Vierchowod l'interno romanista Ancelotti e il tornante perugino Bagni.
Quanto al torneo, l'Italia lo brucia al primo colpo, perdendo 0-2 contro i padroni di casa, ma soprattutto perdendo la testa (due espulsioni, Cabrini e Tardelli) di fronte alle provocazioni altrui e alla direzione di gara casalinga (eufemismo) dello spagnolo Guruceta Muru. Il secondo impegno, platonico, ci vede pareggiare 1-1 con l'Olanda, con gol di Ancelotti. I padroni di casa vincono poi su un forte Brasile. In febbraio, un'Italia svogliata le busca (0-3) da una Selezione Europea di stelle, in un'amichevole organizzata all'Olimpico a favore dei terremotati dell'Irpinia. Il campionato, ravvivato dagli stranieri, si avvia a una avvincente fase finale, da cui uscirà vincitrice tra le polemiche la Juventus.
In aprile Bearzot pareggia a Udine (0-0) con la Germania Est facendo debuttare Dossena, raffinato e concreto centrocampista del Bologna. Ai primi di giugno, il ritorno con la Danimarca evoca antichi fantasmi: perdiamo a Copenaghen per 3-1, giocando un match di impressionante squallore tecnico; aspettiamo gli avversari, tergiversando in melina, e quando quelli arrivano, in una ripresa ricca di vigorosi impeti, il nostro castello si sfarina miseramente al suolo. L'insuccesso dà nuovo fiato alle trombe anti-Bearzot, accusato soprattutto di perseverare diabolicamente sull'ormai decotto Bettega.
Parte la stagione 1981-82 con un poco esaltante 3-2 alla Bulgaria a Bologna (doppietta del sempiterno Graziani), seguito il mese dopo da un prezioso pareggio a Belgrado, contro la Jugoslavia. Da 42 anni la Nazionale azzurra non usciva indenne da quella terra e Bearzot ringrazia in particolare due suoi "pallini". Il primo è Zoff, ormai vicino ai 40 anni, per salvare il quale il Ct dopo l'Argentina ha sfidato l'ira funesta della critica, quasi unanime nel considerarlo al più un valido portiere d'albergo. Il secondo è il trentunenne Bettega, che respinge il prepensionamento con una grande prestazione (e relativo gol). Purtroppo, si tratta per lui di una sorta di canto del cigno. Il 4 novembre, a Torino, durante la partita di ritorno con l'Anderlecht di Coppa dei Campioni, in un duro scontro col portiere Munaron si infortuna gravemente. È il segno lugubre di una serata malinconica per il calcio italiano, i cui club per la prima volta nella storia sono tutti fuori dalle Coppe europee già al secondo turno.
Per la partita con la Grecia, dieci giorni dopo, sempre a Torino, Bearzot rimedia lanciando il cagliaritano Selvaggi, fantasista offensivo dai buoni guizzi. Si pareggia 1-1 tra pochi squilli di tromba e diffusi malumori, conquistando con Bergomi una delle peggiori prestazioni dell'era Bearzot la matematica qualificazione per la Spagna. I centravanti Pruzzo e Graziani combattono contro l'ombra di Paolo Rossi, la cui squalifica scadrà poche settimane prima del Mondiale. Proprio mentre cerca di reagire alla tempesta di critiche sul suo conto, un altro grande accusato azzurro, Antognoni viene estromesso di scena da un terrificante incidente di gioco col portiere Martina, che gli frattura il cranio. A dicembre, il poco dignitoso 1-0 con cui liquidiamo a Napoli il Lussemburgo nell'ultimo impegno di qualificazione rinfocola le polemiche contro Bearzot, reo di ignorare la fantasia dell'interista Beccalossi anche dopo il forfait di Antognoni.
Tetragono ai colpi della critica, il Ct col naso da pugile non si muove di un centimetro. A Parigi, in febbraio, le buschiamo (2-0) dalla solita Francia di Platini. A Lipsia, in aprile, torna Antognoni e Bearzot butta sul tavolo tre esordienti: se il terzino romanista Marangon e l'atteso Massaro, tornante della Fiorentina, aggiungono poco, il terzo, il difensore interista Bergomi, fa scalpore per la sua età, contando appena diciotto anni (e un aspetto da adulto testimoniato dal soprannome "zio"), e per la disinvoltura con cui si cala nella parte. Sul piano del gioco è un'Italia in panne, che concede ai tedeschi dell'Est il primo successo della storia nei confronti diretti. Il "partito di Beccalossi" le canta chiare a Bearzot al ritorno, alimentando un clima ormai generalizzato di completa sfiducia. Il campionato italiano sta vivendo una stagione di diffusa crisi tecnica, cui si cerca di rimediare portando a due il numero di stranieri per la stagione successiva, nella speranza che vengano i campioni di fuorivia a rinsanguare il nostro asfittico calcio. Il 2 maggio 1982 il neo juventino Paolo Rossi, scontata la squalifica, viene immediatamente mandato in campo da Trapattoni e risponde con un gol. La Juventus è impegnata in un testa a testa all'ultimo respiro con la Fiorentina per lo scudetto, da cui uscirà vincitrice sotto lo striscione del traguardo. Invano Bearzot attende che Trapattoni rilanci anche l'ormai guarito Bettega. All'indomani della chiusura del campionato, il Ct scioglie le riserve: al posto di "Penna bianca", atteso invano fino all'ultimo, c'è il cagliaritano Selvaggi. Viene ripescato pure Causio, spinto dall'orgoglio a una strepitosa stagione nell'Udinese. Per il resto, tutto regolare, compresi il baby Bergomi, scommessa audace, e Paolo Rossi, subito recuperato alla causa nella speranza che risolva i problemi di anemia della squadra. L'ultima amichevole prima della partenza, con la Svizzera a Ginevra, fa registrare un pareggio (1-1) povero di gioco.
È l'ennesima scintilla per un incendio ormai incontrollabile. A parte un paio di eccezioni, l'ondata delle critiche si leva violenta, raggiungendo toni ed espressioni oltre il limite della ferocia e addirittura dell'insulto personale. Nonostante l'avversario sia reduce da una sensazionale striscia positiva di risultati e la prova degli azzurri, sul piano della tenuta atletica e dei meccanismi di gioco, sia tutt'altro che da buttare.
Grandi manovre politiche si muovono attorno alla gigantesca torta del Mondiale. I Paesi extraeuropei premono per una più cospicua rappresentanza nella fase finale della Coppa e il brasiliano Joào Havelange, presidente della Fifa, li accontenta sulla base del nobile principio che i loro voti possono garantirgli a oltranza la conservazione del posto... La replica europea, di cui si fa paladino l'abile Franchi, non si fa attendere e la soluzione, a quel punto, pare obbligata: aumentare il numero delle partecipanti alla fase finale. Che salgono da 16 a 24, con quel che ne consegue sul piano della qualità complessiva della manifestazione e del logorio degli atleti. L'organizzazione della dodicesima edizione è stata affidata alla Spagna, sulla base di una impiantistica già notevole, di un'ottima tradizione tecnica e soprattutto di un periodo di risveglio sociale ed economico dopo il lungo periodo del franchismo.
Sono 105 le squadre iscritte, l'aumento di posti a disposizione sdrammatizza i gironi di qualificazione. Oltre ad Argentina e Spagna, partecipanti di diritto, passano alla fase finale: Germania Ovest, Austria (su Bulgaria, Finlandia e Albania), Belgio, Francia (su Eire, Olanda e Cipro), Cecoslovacchia, Urss (su Galles, Islanda e Turchia), Ungheria, Inghilterra (su Romania, Svizzera e Norvegia), Jugoslavia, Italia (su Danimarca, Grecia e Lussemburgo), Scozia, Irlanda del Nord (su Svezia, Portogallo e Israele), Polonia (su Germania Est e Malta), Brasile (su Bolivia e Venezuela), Perù (su Uruguay e Colombia), Cile (su Ecuador e Paraguay), Algeria, Camerun (su Egitto, Etiopia, Gambia, Guinea, Kenia, Lesotho, Liberia, Libia, Madagascar, Malawi, Marocco, Mozambico, Niger, Nigeria, Senegal, Sierra Leone, Somalia, Sudan, Tanzania, Togo, Tunisia, Zaire, Zambia, Zimbabwe), Kuwait, Zuova Zelanda (su Australia, Indonesia, Taiwan, Figi, Arabia Saudita, Iraq, Qatar, Bahrein, Siria, Corea del Sud Malaysia, Thailandia, Cina, Giappone, Macao, Corea del Nord Hong Kong, Singapore), Honduras, El Salvador (su Cuba, Suriname, Guyana, Grenada, Haiti, Trinidad, Antille Olandesi, Canada, Messico, Stati Uniti, Guatemala, Costa Rica, Panama).
Una sola vittima davvero illustre, l'Olanda, uscita a pezzi dal girone, superata non solo da Francia e Belgio, ma anche dall'Eire; esauritasi la generazione dei campionissimi, il "calcio totale" è bruscamente passato di moda. Capitolo IV: Una Coppa gigante < Prec. > Pros. < Prec. > Pros. Nel quarto gruppo tutto facile per Inghilterra, che chiude a punteggio pieno, e Francia, cui basta battere il Kuwait (con tanto di sceicco - presidente della Federcalcio kuwaitiana - in campo a minacciare il ritiro della squadra, ottenendo dall'arbitro l'annullamento di un gol regolare di Giresse, perché i suoi si sono bloccati a causa di un fischio malandrino) e non perdere con i cecoslovacchi per passare il turno.
Nel quinto gruppo gli arbitri sospingono la Spagna, destinata altrimenti a cadere per mano della sorprendente Irlanda del Nord. Un rigore discutibile consente alle ex "furie rosse" di salvarsi con l'Honduras, un rigore inventato (e ripetuto) la fa vincere contro la Jugoslavia dei campioni, inaspettatamente estromessa. I modesti irlandesi di Billy Bingham centrano la grande sorpresa.
Nel sesto gruppo, Brasile sugli scudi, seppure sospinto poderosamente dall'arbitro spagnolo Lamo Castillo a battere l'Urss in apertura. Poi, gioco entusiasmante, sulle ali di un centrocampo sublime (il "divino" Falcao, Cerezo, Socrates e Zico, con l'appoggio di Junior e Eder). Spazio anche per l'Urss, che supera la Scozia di Souness e Jordan solo grazie alla differenza reti.
Una volta di più, le condizioni climatiche favoriscono gli azzurri, spediti sull'Oceano atlantico, a Vigo, dove il freddo pungente rivitalizza gli atleti. Il girone, non proprio morbido, propone Polonia, Perù e Camerun: si qualificano le prime due. Il tradizionale match di allenamento viene organizzato con i portoghesi del Braga, neopromossi in A, sul loro campo oltreconfine. La prova non felice (eufemismo) degli spenti azzurri, che vincono grazie a un golletto di Graziani, suscita la reazione indignata del presidente federale Sordillo: «Se la Nazionale è questa» detta ai cronisti, «meglio tornare a casa». Rincuorato dalla pacca sulla spalla, Bearzot, sempre più solo, si accinge nel ritiro della "Casa del Baron" di Pontevedra a dar battaglia al mondo. Quattro giorni dopo, Bearzot conferma gli undici contro il Perù, ricavandone una partita doublé face: buon primo tempo degli azzurri, con gol dal limite dell'indiavolato Conti; ripresa disastrosa, con un rigore negato ai peruviani (atterramento in area di Oblitas da parte di Gentile) e meritato pareggio su tiro di Diaz deviato nella propria porta da Collovati. Nell'intervallo, il Ct ha tolto il fantasma Rossi, sostituendolo con Causio, senza rilevanti risultati. L'onda della critica si risveglia feroce...
Al terzo appuntamento, lo scialbo pari con il Camerun distilla la goccia che fa traboccare il vaso dei veleni. Bearzot sostituisce l'acciaccato Marini con Oriali, l'Italia va in campo senza idee e senza nerbo. Solo nella ripresa un cross di Rossi viene raccolto di testa dal vivace Graziani che infila il sorpreso N'Kono. Basta un minuto, però, e su un'esitazione di Scirea Kunde passa a M'Bida che batte Zoff da pochi passi, in sospetto fuorigioco. Il gol non basta al Camerun: le due squadre sono a pari punti e differenza reti, ma l'Italia ha il vantaggio di avere segnato due gol, il doppio degli africani. Ai quali non par vero di potersene andare eliminati sì, ma imbattuti. Finisce dunque in melina e in Italia si scatena la gazzarra.
Alcuni giornali montano una polemica sui premi stratosferici che sarebbero stati promessi agli azzurri: 70 milioni a testa solo per la qualificazione alla seconda fase, ottenuta senza riuscire a vincere neppure una partita. Puntuali, piovono le interrogazioni parlamentari, viatico al proibitivo girone di seconda fase, con i "mostri" Argentina e Brasile (passa solo la prima classificata).
In vista della prevedibile eliminazione azzurra, il fuoco incrociato dei cecchini della critica raggiunge punte di parossismo senza precedenti. Bearzot è stato dipinto come un minus habens:
«Prima di assumere l'alto incarico di Ct, trascorreva le sue giornate seduto sul caffè che dà sulla piazza di Ajello del Friuli e quando passavano gli automobilisti esitanti diretti a Udine o più oltre, e si fermavano per chiedere quale cammino seguire, il futuro Ct si affrettava ad insegnare loro premurosamente la strada giusta, per cui gli fu unanimemente riconosciuta questa sua qualità di insegnante. Poi si sa cosa accade a chi, senza essere dotato di un robusto equilibrio, ha la ventura di percorrere una carriera vertiginosa: perde facilmente la testa». Paolo Rossi gli siede accanto sulla graticola: «È una bestemmia mandarlo in campo. In queste condizioni un atleta si spedisce in montagna. C'è da chiedersi quali conoscenze di sport abbia gente convinta di poter cavare qualcosa da un atleta ridotto nelle condizioni di Rossi».
Gli azzurri si tuffano nel caldo torrido di Barcellona e comunicano ai cronisti una decisione senza precedenti. Indispettiti dalle voci sui premi e dalla simpatica insinuazione di un quotidiano milanese (su una tenera amicizia tra Rossi e Cabrini: a questo si è arrivati), proclamano il silenzio stampa. Motivazione ufficiale: le eccessive distorsioni delle loro dichiarazioni operate dai giornalisti nei loro resoconti. Unica eccezione: a nome di tutti d'ora in poi parlerà solo Dino Zoff, la cui loquacità, è noto, pareggia la popolarità di Bearzot tra gli operatori dell'informazione. Sordillo convoca una conferenza stampa per smentire i 70 milioni dello scandalo, senza peraltro sottilizzare più di tanto sulle responsabilità di chi le ha pubblicate. Tanto, tutti si preparano allo scempio che della povera Italia faranno i fenomeni argentini e brasiliani.
Il primo appuntamento è con i campioni del Mondo uscenti. Nonostante la pressione generale, Bearzot conferma nuovamente il deludentissimo Paolo Rossi. Torna al suo posto Oriali e si va in campo nel piccolo, ribollente stadio Sarrià. Qui avviene il miracolo. Di fronte a un'Argentina che ricalca la formazione 1978, con Diaz al posto di Luque al centro dell'attacco e il giovane fenomeno Diego Maradona per Ortiz (con Kempes all'ala), gli azzurri danno vita a una prova magistrale, cogliendo la prima vittoria. Il primo tempo scorre senza troppi sussulti, con leggera prevalenza degli uomini di Menotti e azzurri in fase di studio. Gentile annulla Maradona e nella ripresa l'Italia, rincuorata, si trasforma, dando vita a contrattacchi rapidi ed essenziali. Conti lancia Antognoni, avanzata e pallone sul limite dell'area per l'accorrente Tardelli, che spara in rete al volo di sinistro senza scampo per Fillol. In un girone a tre, chi perde il primo incontro è fuori per metà, logica la reazione rabbiosa degli argentini. Maradona colpisce il palo su punizione, ma tre minuti dopo l'Italia fa il bis: lancio dello scatenato Tardelli per Rossi, che spreca su Fillol in uscita, Conti raccoglie la respinta e dà a Cabrini, il cui sinistro al volo infila il portiere sulla sua sinistra. Due minuti dopo solo un nuovo, clamoroso errore di Rossi, sempre più stralunato, impedisce il terzo gol agli uomini di Bearzot, che cominciano ad accusare la fatica e qualche duro intervento avversario. Esce Oriali per Marini, esce lo spento Rossi per Altobelli. Su un fallo di Marini, Rainea decreta la punizione, Passarella non aspetta il fischio e sorprende Zoff con un tiro che picchia sotto la traversa e finisce in rete. Mancano pochi minuti, Gallego brutalizza Tardelli e viene espulso, Fillol con una prodezza assorbe un bel pallonetto di Conti ed è il fischio di chiusura. L'imprevedibile è accaduto, qualcuno tra i critici comincia a rettificare il tiro, anche se c'è sempre il Brasile dietro l'angolo pronto a fare giustizia di Bearzot e dei suoi... Per il Brasile si fa dura, le ali del gioco si appesantiscono, la manovra auriverde diventa affannosa. Azione Graziani-Oriali-Antognoni e tiro di quest'ultimo che sorprende di nuovo l'incerto Valdir Peres, ma l'arbitro annulla per un inesistente fuorigioco. L'ultimo brivido è allo scadere: cross di Eder dalla trequarti sinistra, Paulo Isidoro di testa spara in porta, il monumentale Zoff blocca il pallone sulla linea. In un tripudio di bandiere italiane, l'Italia si qualifica per la semifinale. Ha eliminato le due superfavorite del Mondiale, diventa la squadra più forte. E "Pablito" Rossi, redivivo, è per gli spagnoli l'«hombre del partido», l'uomo decisivo della partita. Il centravanti del miracolo.
Nel primo girone si sveglia Zbigniew Boniek, con una terrificante tripletta affossatore del Belgio, il cui controgioco non basta poi a bloccare l'Urss. Nel confronto diretto, i polacchi fermano gli avversari sul nulla di fatto, passando per differenza reti con un successo di portata persino extrasportiva (per lo smacco inflitto al "Grande Fratello").
Nel gruppo B, lotta allo spasimo: Germania e Inghilterra si astengono nel confronto diretto, poi i tedeschi, salvaguardati dall'arbitraggio onesto di Casarin, sbattono fuori gli spagnoli tra il cordoglio della tifoseria locale.
Gli stessi spagnoli, anziché "vendicarsi" regalando il successo agli inglesi, si battono con grande sportività, fermando gli avversari sul nulla di fatto.
Nel quarto gruppo, tutto facile per la brillante Francia di Platini (ma anche Giresse, Tigana e Tresor), che supera l'Austria di misura e poi travolge l'Irlanda.
La sensazione, in casa azzurra, è che il peggio sia ormai passato. La Polonia, già domata in avvio di Mondiale, non vale l'Argentina e tanto meno il Brasile. Oltretutto scende in campo priva dello squalificato trascinatore Boniek. Bearzot dal canto suo deve rinunciare allo squalificato Gentile, ben sostituito da Bergomi. Priva del suo leader, la squadra di Piechniczek si limita a una partita di contenimento, con una brutalità colpevolmente tollerata dall'arbitro Cardellino.
L'Italia, ormai sicura dei propri mezzi, controlla senza problemi e va in gol: punizione di Antognoni su cui l'inarrestabile Rossi al volo rapina il gol da pochi passi. Lo stesso Antognoni viene poi azzoppato da Matysik (cinque punti di sutura) e deve uscire, sostituito da Marini. Kupcewicz colpisce il palo su punizione, ma non c'è partita.
Nella ripresa, Graziani, "accarezzato" da Zmuda, viene sostituito da Altobelli, che tre minuti dopo lancia Conti: fuga sulla sinistra, cross a centro area dove "buca" Janas e alle sue spalle di testa il micidiale Rossi fa il bis. Capitolo VII: Le semifinali < Prec. > Pros. < Prec. > Pros. Splendida l'altra semifinale, una battaglia a colpi di grande calcio. Il guizzante Littbarski prima colpisce la traversa su punizione di Breitner, poi, su una difettosa risposta di Ettori a un tiro di Fischer, porta in vantaggio i tedeschi.
La Germania sembra rinata, dopo le opache prove precedenti ma la Francia ha fantasia da vendere. Tigana inventa che è un piacere, Giresse pennella una punizione per Platini, che di testa serve Rocheteau, K.H. Forster lo atterra. Rigore ineccepibile, Platini spiazza Schumacher dal dischetto e fa il pari.
Fino al novantesimo non si segna più, nonostante lo splendido gioco francese, pilotato da Platini, e radi ma efficaci contropiede tedeschi; uno spaventoso contrasto tra il lanciato Battiston e Schumacher in uscita costringe il francese a uscire, mentre lo stadio fischia i tedeschi.
Si va ai supplementari e i francesi finalmente concretizzano con Tresor e poi Giresse. Finita? Tutt'altro. Entra il claudicante bomber Rummenigge, che subito va in gol e sulla sbandata dei transalpini si allunga una zampata micidiale di Fischer. Sul 3-3 si va ai rigori. Dal dischetto prima fallisce Stielike, poi Six e Bossis lo imitano e i francesi escono di scena.
L'ultimo atto, nel monumentale Bernabeu tappezzato di bandiere italiane, è un inno alla superiorità degli azzurri. Bearzot manda in campo Oriali per l'infortunato Antognoni, avanzando Cabrini, con Bergomi, Gentile e Collovati marcatori (rispettivamente su Rummenigge, Littbarski e Fischer).
Graziani, sia pure menomato, scende in campo, ma una entrata di Kaltz lo sbatterà fuori dopo pochi minuti.
Derwall non se la sente di rinunciare al claudicante Rummenigge. Partenza guardinga delle due squadre, con marcature ferree: K.H. Forster chiude su Rossi, il fratello morde Graziani e poi Altobelli, Briegel picchia Conti; quando quest'ultimo trova un varco ed entra guizzando in area, il gigante lo stende e l'arbitro fischia il rigore. Mancando il rigorista Antognoni, batte Cabrini, il cui tiro sbilenco finisce fuori, radente il palo alla sinistra di Schumacher.
Azzurri avviliti, tedeschi in difficoltà a passare, gioco scarso. Nella ripresa, l'Italia è rinfrancata e per gli avversari non c'è scampo. Tardelli su punizione lancia Gentile, sul cui cross Rossi di testa anticipa Cabrini mettendo in rete. I tedeschi provano a reagire e vengono puniti: da Rossi a Scirea sulla destra, servizio per l'accorrente Tardelli, che di sinistro al volo infila Schumacher, abbandonandosi poi a un rabbioso e liberatorio urlo in corsa che diventerà il simbolo dell'Italia campione del mondo.
Pochi minuti e il gioco azzurro, che ormai viaggia sul velluto, produce ancora un gol, grazie ad Altobelli, servito da Conti e bravo a superare in serpentina Schumacher, Kaltz e Briegel e a depositare in porta.
Un diagonale di Breitner, su respinta della difesa azzurra, concede ai tedeschi l'onore delle armi. Poi, è il trionfo italiano, con Bearzot e i suoi festeggiati dal re spagnolo Juan Carlos e dal presidente italiano Pertini. Mentre nella stragrande maggioranza i critici del Bel Paese chiedono alla propria faccia una fatica supplementare per saltare sul carro del vincitore e inneggiare all'eroe Bearzot e ai suoi. Rimasti fino all'ultimo in silenzio stampa...
0 comments:
Posta un commento