Esperto di Calcio

17 marzo 2013

Razzismo, tifo organizzato e ignoranza: i mali del calcio italiano

Il male, o quantomeno uno dei mali, del calcio italiano è il tifo organizzato. Sentirsi parte di un gruppo fatto di persone poco raccomandabili è, secondo me, sinonimo di qualunquismo e scarsa intelligenza. Non voglio far di tutta un'erba un fascio, ma spiegare che, a mio modesto modo di vedere, non esiste una sola tifoseria italiana che non abbia al suo interno gente che con lo sport non ha nulla cui spartire.
Ho sentito l'esigenza di scrivere questo pezzo per svariate ragioni, ma in primis per prendere una posizione chiara. Ho spesso criticato aspramente la tifoseria della Lazio e del Verona, con annesse le due città. Ora, sebbene queste due siano di gran lunga le due compagini con gli ultras più volgari, razzisti e xenofobi, le altre non possono dormire sonni tranquilli. Ho atteso qualche settimana, ma non è cambiato nulla. Torino, Milano, Genova, Firenze, Bologna, Napoli..tutte le grandi città italiane, rappresentate da una o più compagini in Serie A, vivono settimanalmente episodi deprecabili.
Ad oggi va tanto di moda il razzismo, ma insultare i morti dell'Heysel, i caduti di Superga o Mario Balotelli poco cambia. Sono insulti gratuiti, volgari e fuori luogo. Schernire una persona perchè nera, ebrea o meridionale non è peggio che dileggiare la morte di alcune persone. Ne sono convinto e lo dico con forza, il razzismo è solo uno dei problemi.
Parlavo di qualunquismo, si, perchè spesso sento in giro: "Certo che gli juventini sono una curva di cretini", "I napoletani sono il peggio che esista" o "I fiorentini non hanno morale". Non è tollerabile un discorso di questo tipo, e proprio perchè non si deve fare di tutta l'erba un fascio, dico che persone che hanno poco a che fare con lo sport, e con il calcio, sono ovunque. Certo, cambierà magari la percentuale di "imbecilli", ma nessuna curva o tribuna italiana si salva. Si, dico curva e tribuna, perchè è troppo semplice fare un discorso di classe sociale o ceto economico, chi segue il calcio sa che i "buuuu" e gli insulti partono anche dai settori più "nobili" dello stadio.
Questo pezzo vuole essere una denuncia sociale, affinchè i veri tifosi vadano più spesso allo stadio e lo riempiano di gioia e sano agonismo sportivo. Lo sfottò, il coro di scherno, ci sta, è parte integrante di questo sport e del nostro campanilismo. Ma non si può trascendere.
Per invertire una rotta ormai da tempo alla deriva, sono le società che devono intervenire. Come? Non lo so, ma di certo smettendo di coprire i tifosi violenti. Prendiamo Genoa-Siena, Preziosi avrebbe dovuto scendere in campo non per umiliare i suoi giocatori facendogli togliere le maglie, ma contro i tifosi. Avrebbe dovuto collaborare con la magistratura e battersi affinchè chi si è macchiato di quell'episodio fosse bandito a vita dallo stadio. Chi non sa comportarsi non è degno di partecipare allo spettacolo che più amiamo.
Noi, da par nostro, dobbiamo salvaguardarlo e difenderlo da questa massa di cafoni ignoranti, che rappresenta per fortuna una sparuta minoranza.
Si è parlato troppo poco del bell'episodio avvenuto a Torino durante Juventus-Celtic. Lo scambio di sciarpe fra le due tifoserie è stato qualcosa di bello e inusuale. Non importa e non sapremo mai da chi è partita questa iniziativa, e non importa in realtà. Ciò che conta è che si sia vissuto un momento di festa, ancor più a fronte di un risultato scritto e scontato già dopo la partita in terra di Scozia. Penso che i media avrebbero dovuto sottolineare con maggior forza questo avvenimento, contrapponendolo con le solite scene della domenica. Basta cori razzisti o che esaltano la morte di persone innocenti, sediamoci e gustiamoci la partita; gioiamo per i goal e le vittorie, e applaudiamo i nostri ragazzi anche quando perdono. Si può criticare e fischiare; si può sfogare la frustrazione per una sconfitta in modo sano e civile. Ogni tifoso di calcio lo può fare, anche chi non frequenta lo stadio con assiduità. Smettiamo di pensare di far parte di un branco, perchè è la prima cosa che ci rende simili alle bestie.

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