Ronaldo Luìs Nazario de Lima, conosciuto più comunemente come Ronaldo, nasce a Rio de Janeiro il 22 settembre 1976. Nato nella favela di Bento Ribeiro, Ronaldo ha un solo sogno fin da bambino: diventare una star del pallone. Inizia a giocare con il Sao Cristovao una squadra locale con la quale mette a segno 44 gol in 73 incontri. Una media strabiliante. I suoi numeri lo portano a fare un provino con il Flamengo, la squadra che tifa da sempre. Il club rossonero lo prenderebbe, ma Ronaldo non ha i soldi per pagarsi l'autobus che lo porterebbe al campo d'allenamento. Per questa ragione salta il suo trasferimento ed il giovane bomber dovrà aspettare ancora qualche tempo prima di essere ingaggiato da una squadra professionistica. Nel 1993 è il Cruzeiro di Bel Horizonte ad investire su di lui, portandolo a giocare nel campionato mineiro.
L'intuizione dei dirigenti viene subito premiata. 14 partite e 12 reti, con tanto di tripletta nel derby con l'Atletico Mineiro. La stagione si conclude con la vittoria della Coppa del Brasile, ma soprattutto con l'affermazione a livello Nazionale. Jairzinho, grande campione del mondo del 1970, lo aveva visto giocare a 14 anni e lo aveva segnalato allo staff tecnico delle nazionali giovanili, all'interno delle quali il giovane Ronaldo non tarda ad imporsi. Zagalo, selezionatore della Seleçao, lo tiene in così grande considerazione da convocarlo per i Mondiali di Usa '94. Con la Nazionale si laureerà campione del mondo, senza però scendere in campo. Troppo difficile scalzare un attaccante come Romario, dal quale però impara molto.
Il 1994 si chiude con il trasferimento in Europa. La chiamata giusta arriva dall'Olanda, dove il Psv di Eindhoven lo paga 6 milioni di dollari. In terra "orange" Ronaldo si scatena e legittima il soprannome che i tifosi del Cruzeiro avevano coniato per lui e che lo seguirà per l'intera carriera: "O Fenomeno", il fenomeno.
In coppia con Luc Nilis porta il Psv allo scudetto, realizzando il due anni 55 goal in 57 presenze.
L'impressionante media realizzativa convince il Barcellona ad acquistarlo, investendo l'equivalente di 15 milioni di euro per un ragazzo non ancora ventenne. In Spagna continua a dare spettacolo, guidando il Barça alla conquista della Coppa delle Coppe (realizzando su rigore il goal decisivo nell'1a0 ai danni del Paris Saint Germain) e di un posto in Champions League. Con 47 goal in 49 presenze si scatena un'asta di mercato sul gioiello brasiliano.
Il più determinato di tutti è il presidente dell'Inter, Massimo Moratti. Ronaldo sbarca a Milano il 25 luglio 1997, dietro l'investimento della faraonica cifra di 50 miliardi di lire. I maligni dicono che la Serie A sia troppo dura per mantenere quelle medie realizzative, ma Ronaldo smentisce tutti. Con i nerazzurri da vita ad un emozionante duello con la Juventus ed una vittoriosa cavalcata in Coppa Uefa. In 47 partite mette a segno 34 realizzazioni, alzando la sua seconda coppa europea in due anni. In finale con la Lazio realizza una delle reti più belle che abbia mai visto. Uno scatto devastante a bruciare Alessandro Nesta, un fulmineo doppio passo che annichlisce Marchegiani e palla in rete. Un perfetto mix di potenza, classe, genio, freddezza e determinazione. Un campione completo, la prima punta più forte che io abbia mai visto giocare.
La stagione è tiratissima e si chiuderà con il Mondiale di Francia '98. I due protagonisti più attesi sono Del Piero e Ronaldo, arrivati stremati all'appuntamento più atteso. Il Fenomeno non tradisce le attese e guida il Brasile in finale, ma proprio a poche ore dal match accusa un malore. Si parlerà di un attacco epilettico, ma ad oggi solo Ronaldo e i medici brasiliani conoscono la verità su quanto accaduto a Parigi. Ronaldo scende ugualmente in campo, ma non incide e la Francia vince agevolmente per 3a0.
Dopo le vacanze Ronaldo torna a Milano e guida un'Inter in difficoltà. La squadra va male, ma il brasiliano realizzerà ugualmente 14 gol in 19 partite. A novembre però, il primo crac della sua carriera. Durante un incontro con il Lecce il ginocchio del Fenomeno rimane incastrato sull'infido terreno di San Siro: rottura del tendine rotuleo del ginocchio. E' l'inizio di un incubo, che toccherà il suo punto più basso allo stadio Olimpico di Roma. Il giorno del rientro, il 12 aprile 2000, lo stesso tendine rotuleo si rompe di nuovo costringendo il ragazzo ad un nuovo stop di oltre un anno. Al suo rientro l'Inter è in piena lotta scudetto, presentandosi all'appuntamento decisivo con un punto di vantaggio sulla Juventus. All'Olimpico di Roma, stadio maledetto per il brasiliano, si consuma la fine del suo rapporto d'amore con l'Inter. Dopo la sconfitta per 4a2 contro una Lazio priva di motivazioni, Ronaldo chiede di essere ceduto. Moratti a malincuore cede alle richieste del suo giocatore, cedendolo al Real Madrid per 45 milioni di euro. Dopo 99 partite e 59 reti, il Fenomeno torna in Spagna.
L'impatto con il Real Madrid è fantastico. Goal a raffica, titolo di campione di Spagna e campione del mondo per club contraddistinguono le sue prime annate con la maglia merengue. Il campionissimo in campo regala emozioni, ma la sua vita inizia a farsi un pò sregolata. Nonostante le tante reti, infatti, la stampa spagnola sottolinea il suo continuo aumento di peso, tanto da soprannominarlo "El gordo". Un soprannome impietoso ed ingiusto per un ragazzo che in 177 partite mette a segno 104 goal.
Con l'arrivo di Fabio Capello sulla panchina madrilena la sua carriera è in fase discendente. Il suo "canto del cigno" in Europa si consumerà nuovamente a Milano, sponda rossonera. 20 presenze e 9 reti, con tanto di goal ed esultanza nel derby contro l'Inter. Ritornato in Brasile chiude con il Corinthians, realizzando la bellezza di 35 goal in 69 apparizioni.
Una carriera al massimo quella di Ronaldo, capace di scrivere il suo nome sui tabellini di tutte le competizioni in cui partecipa. 469 sono i goal totali, in 672 partite. Una media fantascientifica, da Fenomeno vero.
Non ci sono abbastanza aggettivi per descrivere questo ragazzo. In campo era favoloso, completo. Un campione. Destro naturale era letale dalla trequarti in su. Una progressione bruciante, unita ad una tecnica sopraffina, lo hanno reso un giocatore unico. Dribbling e doppi passi ubriacanti hanno mandato in pensione più di un difensore e, senza tutti quegli infortuni, avrebbe con tutta probabilità inciso ancora di più. Rigorista infallibile, aveva forse nel colpo di testa il punto più debole.
Due volte pallone d'oro (1997 e 2002) e tre volte vincitore del Fifa World Player (1996, 1997 e 2002) ha l'unico rimpianto nel non aver mai alzato la Champions League. Con la nazionale verdeoro si è però ampiamente rifatto, sollevano per due volte la Coppa del Mondo e la Coppa America.