Ma che succede al Faraone? Questa è la domanda che migliaia di appassionati di calcio italiani si fanno da qualche settimana a questa parte. Il "caso" è deflagrato con la panchina nel posticipo domenicale, proprio nella prima settimana in cui Mario Balotelli non poteva essere schierato da titolare. Allegri ha motivato l'esclusione per motivi di stanchezza e forma fisica; El Shaarawy, in zona mista, ha aperto più di una crepa dichiarando: "sto bene ma anche male, sono un po' giù".
Posto che non si può discutere un classe '92 capace di realizzare 20 goal alla sua prima vera stagione da protagonista, è innegabile che il rendimento del centravanti del Milan sia calato vistosamente da febbraio in avanti. Molti attribuiscono questo calo alla stanchezza, alla pressione o al peso delle responsabilità. Io, per quanto possa contare la mia opinione, la vedo diversamente. Un ventenne che si trova catapultato nel grande calcio e ha la forza ed il carattere di caricarsi una squadra come il Milan sulle spalle non soffre la pressione. Dubito che El Shaarawy si sia fatto spaventare o schiacciare dalle responsabilità; così come scarterei l'ipotesi della stanchezza. Il giovane attaccante corre come un "diavolo", solca la fascia in fase difensiva ed è sempre pronto a raccogliere i suggerimenti in fase propositiva. No, la stanchezza non è un problema.
Il calo, o presunto tale, è dovuto a questioni squisitamente tattiche. Il numero 92 ha iniziato ad avere "difficoltà" in zona goal a partire da inizio febbraio, guarda caso da quando i rossoneri schierano accanto a lui (per non dire al suo posto) un certo Mario Balotelli. Da allora la vena realizzativa di El Shaarawy si è spenta. Solo due reti infatti per il Faraone, che ha timbrato il cartellino contro l'Atalanta (in coppia con Pazzini per l'assenza di Balotelli) e nel derby contro l'Inter.
Dove voglio arrivare? Di certo non voglio dire che Balotelli sia un problema per il Milan, né che i due non possano convivere. Ciò che vorrei sottolineare è come il bomber colored del Milan sia un vero e proprio accentratore di gioco, come questo porti la squadra a modificare il suo modo di stare in campo e giocare il pallone. Se con El Shaarawy come leader dell'attacco il pallone scorreva basso e fluido; con Balotelli si cerca la profondità e non si disdegna la palla alta. Se con l'italo-egiziano l'ampiezza del gioco era notevole, anche per sfruttare i suoi movimenti sulle fasce, con Balotelli si tende a giocare centralmente. Un pò come quando era Ibra a guidare l'attacco dell'Inter, anche con SuperMario ci si appoggia su di lui in tutto e per tutto. A beneficiare dei suoi movimenti e del suo gioco non sono le altre punte, ma i centrocampisti. Questi, infatti, possono inserirsi negli spazi ed arrivare alla conclusione in porta. L'anno scorso Nocerino è andato in doppia cifra grazie agli spazi che Ibrahimovic gli creava; ora, con Balotelli a guidare l'attacco rossonero, è Montolivo ad esser salito in cattedra. L'ex viola ha innalzato il suo rendimento in modo vertiginoso, trovando con facilità la via della conclusione e del goal.
Balotelli, oltre ad essere il classico attaccante definibile come "genio e sregolatezza", è un giocatore che catalizza su di sé il gioco della squadra. Non lo fa per egoismo o egocentrismo, ma per indole naturale. Ama avere la palla fra i piedi, ama essere il fulcro del gioco. Gioca con la squadra e per la squadra, che gli riconosce il ruolo di leader del reparto avanzato. Convivere con un attaccante così non è semplice, ti costringe a trovare nuovi spazi e un nuovo modo di giocare. I due sembrano stimarsi e hanno tutte le carte in regola per convivere e fare grande il Milan, ma è chiarissima una cosa: giocare con un attaccante come Balotelli implica, per El Shaarawy, di sacrificare il suo rendimento sotto porta.
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