Esperto di Calcio

16 luglio 2014

Futuro e verità: l'addio di Conte e la corsa al suo trono

Fulmine e tuono vogliono tempo, il lume delle costellazioni vuole tempo, le azioni vogliono tempo, anche dopo essere state compiute, perché siano vedute e ascoltate - Friedrich Nietzsche.

A volte il temporale viene preannunciato da tuoni e fulmini, a volte le gocce di pioggia iniziano a cadere così, all'improvviso. Non è questo il caso, il rapporto d'amore fra la Juventus e Conte si era da tempo incrinato. Difficile capirne le ragioni e i motivi, non più semplice accettare l'epilogo, per modi e tempistiche.
All'indomani del terzo Scudetto consecutivo, con tanto di stratosferico record di punti, Conte esprimeva strani sentimenti. Una settimana di voci e preoccupazioni, con sullo sfondo un Mondiale da preparare per l'Italia. Poi l'annuncio, stringato e dimesso: Conte rimane l'allenatore della Juventus.
Per il rinnovo di contratto c'è tempo, si diceva. Io per primo ero convinto che il prolungamento sarebbe arrivato, in autunno. E ora invece la relazione fra Antonio e la Signora è finita, almeno per ora. Il suo cuore è e resta bianconero, ma la realtà dice che ora la Juventus si trova senza allenatore. Il mercato è partito, basato su idee e strategie concordate con Conte, ed ora è quasi tutto da rifare.

Gli uomini passano, la Juventus resta. Un'affermazione vera, che non toglie l'amarezza dal palato dei milioni di juventini che amano e hanno amato Conte. Non tanto e non solo per le vittorie ed il bel gioco, quanto proprio per la sua juventinità. Quel suo essere fiero ed orgoglioso in sala stampa; duro e grintoso in campo. E' stato il suo carisma, la sua forza d'animo, a far rialzare una squadra a terra e riportarla laddove merita di stare. E non importa se in Champions League non ha vinto o giocato finali, questo è pane per i detrattori. Nessun'altro avrebbe preso un gruppo allo sbando completo e l'avrebbe riportato al successo. Subito. Nessun'altro sarebbe stato in grado di infondere in poche settimane una mentalità vincente ed uno spirito di sacrificio immane. Conte lo ha fatto, e per questo tutto il popolo bianconero lo ringrazierà sempre. 

Resta la domanda del perchè se ne sia andato, un quesito lecito da porsi. Non so dare la risposta, come non la sanno i media o i giocatori. Ciò che posso darvi è il mio personale punto di vista, che parte da un'analisi del Conte uomo prima che del Conte allenatore. Il leccese è persona verace, che ha dato alla causa tutto sè stesso, fino a svuotarsi di energia. L'ambizione lo ha portato ad alzare l'asticella oltre i limiti, ma per alzarla ulteriormente serviva un importante appoggio da parte della società. La Juventus, però, non è mai stata una squadra scialacquona sul mercato; non lo ha fatto quando la Serie A primeggiava nel mondo, con le romane e milanesi a farla da padrone sul mercato internazionale, a maggior ragione non lo fa ora. E qui c'è stato il primo punto di rottura, credo.
Conte ha chiesto innesti, tanti e di qualità. La società non ha potuto (o voluto) accontentarlo. Niente Sanchez o Cuadrado, sono altri i nomi per rinforzare la Signora. E allora ecco i primi dubbi, espressi in un surreale Maggio torinese. 
Il secondo possibile punto di rottura, tutto ancora da dimostrare, potrebbe riguardare uno dei pezzi pregiati di casa. Vidal o Pogba potrebbero lasciare la Juventus, lo si dice da tempo e nel giro di qualche giorno o settimana anche il tifoso medio saprà quale sarà il loro destino.
Questa potrebbe essere la goccia che ha fatto traboccare il vaso, il cosiddetto "point break". 

Ma ormai ciò che è successo è successo, una squadra vincente deve guardare al futuro. Conte ha reso grande la Juventus, di nuovo, e ciò che occorre fare è valorizzare il grandissimo lavoro fatto da Antonio. Occorre ripartire dalla mentalità vincente che ha saputo dare, adattandola al servizio delle idee di un nuovo allenatore, a cui è chiesto gioco-forza di vincere subito. 
Tanti sono i nomi che si fanno, con Allegri e Mancini che sono in pole position. Francamente non riesco a immaginare come Allegri, in predicato di essere il favorito, possa sedersi sulla panchina bianconera. Le frecciatine che negli anni del Diavolo ha lanciato verso Torino, unite ad un'antipatia innata verso Andrea Pirlo, lo dovrebbero escludere dalla corsa. E invece sembra che sia davanti a tutti gli altri, per quanto la cosa lasci sbigottiti. Mancini è uno con carattere, esperienza e carisma. Il suo passato nerazzurro non mi preoccupa più di tanto, piuttosto mi lascia perplesso il suo onorario e la sua atavica allergia a vincere sotto pressione, specie in Europa.
E allora faccio i nomi che vorrei sentire e che, per ora, nessuno fa. In primis Didier Deschamps, che ha lasciato la Juventus in sordina e che avrebbe fatto il percorso di Conte, ne sono sicuro. Dietro di lui Fabio Capello, l'usato sicuro che potrebbe riportare la squadra ai livelli che gli competono anche in Europa. Dietro questi due solo allenatori stranieri o giovani in rampa di lancio: Hitzfeld, Frank De Boer, Mihajlovic, Jorge Jesus o le suggestioni Zidane, Nedved e Del Piero. Ma alla fine il nome verrà fuori da uno fra Allegri e Mancini, speriamo almeno nel secondo. Fra due mali, meglio il male minore.  

3 comments:

Conoscendo Conte, più che un quesito lecito, direi ILLECITO.

Non ti dico su Allegri quante te ne faranno...

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