Esperto di Calcio

26 luglio 2014

Storie di calcio: Savo Milosevic

Correva l'anno 2000, nell'aria c'era fermento per l'inizio del nuovo millennio. L'anno era iniziato con la paura del "Millennium Bug", e durante l'estate si sarebbe svolta una delle più belle edizioni dell'Europeo di calcio. Nel corso della manifestazione europea, tenutasi a cavallo fra il Belgio e l'Olanda, si misero in luce tantissimi giocatori. Il più brillante di tutti, quello che personalmente mi colpì di più fu un centravanti serbo. Era forte come un toro e grosso come un bisonte, lanciato negli spazi non lo potevi tenere.
La nazionale dell'epoca si chiamava ancora Yugoslavia, aveva una stella rossa sullo stemma e tantissimo talento. Jokanovic, Mihajlovic, Jugovic, Kovacevic e Stojkovic. E ancora, Dejan Stankovic, uno dei centrocampisti più forti degli ultimi due decenni, Pedrag Mijatovic e appunto lui, Savo Milosevic.

Nato e cresciuto in una cittadina dell'attuale Bosnia, a pochi chilometri dai confini con Serbia e Croazia, Milosevic ha un cognome comune ma molto pesante.
In patria viene subito notato per il suo fisico fuori dal comune ed il suo killer instinct in area di rigore, ma soprattutto per la sua capacità di fare reparto. Fin da bambino è impiegato nel ruolo di centravanti, bruciando in poco tempo le tappe con la maglia del Partizan Belgrado. Nel 1992, a 19 anni, debutta in prima squadra, prendendosi da lì a poco i galloni del titolare. 64 reti in appena 98 presenze, nemmeno tutte dal primo minuto, sono un bottino importante, come la chiamata dell'Aston Villa. Milosevic accetta il trasferimento e va a Birmingham, dove può misurarsi in Premier League, uno dei tornei più difficili del mondo. In Inghilterra abbassa la sua media realizzativa, ma innalza il suo quoziente di utilità per la squadra. I compagni sanno che lì davanti, difensori o no, le prende tutte Savo.
"Milošević era il calcio, non ho mai conosciuto altri attaccanti che sapessero giocare con i compagni e per i compagni come Savo". Le parole di Ulivieri, suo allenatore ai tempi di Parma, descrivono molto bene che tipo di giocatore sia stato il serbo.

Trasferitosi nel 1998 al Real Saragoza, in Liga, arriva all'appuntamento con Euro2000 come riserva di lusso. Nei piani del rimpianto Vujadin Boskov, infatti, la coppia titolare è composta dall'ex Real Madrid Pedrag Mijatovic e l'ex bianconero Darko Kovacevic, supportati dall'estro ed il talento di Dragan Stojkovic, trequartista che merita una storia tutta sua.
Pronti via, però, la Yugoslavia non ingrana. Contro la Slovenia, in un derby caldissimo, i ragazzi di Belgrado son sotto di tre reti. Boskov, non a caso conosciuto come "il maestro", pesca il più classico dei conigli dal cilindro. Mette in campo Milosevic e la partita cambia radicalmente. In pochi minuti Savo spazza via la difesa slovena, segnando una doppietta. I difensori non tengono il suo strapotere fisico, e la "Yugo" pareggia.
Boskov, che è uomo di calcio intelligente e scaltro, ha capito che Milosevic è troppo più forte e affamato, non si può tenerlo in panchina.
La scelta è saggia e Milosevic prima annichilisce la Norvegia, poi spaventa la Spagna. Agli ottavi l'Olanda prende letteralmente a pallate gli uomini di Vuja, ma il goal della bandiera è nuovamente di Milosevic, che chiude il torneo con cinque reti in quattro partite.

Il Parma, venduto Crespo alla Lazio, s'innamora di Savo e fa follie per portarlo in Emilia. Qui lo inserisce al fianco dell'estro carioca di Marcio Amoroso, un attacco di tutto rispetto. Io, ovviamente, lo prendo al Fantacalcio, seduta stante.
Milosevic in Italia sarà schiavo di un altalenante rendimento da parte dei ducali, che sono lontani anni luce dalla bella squadra che avrebbe potuto dominare in Italia ed Europa. Dopo 9 goal appena saluta il Bel Paese con qualche chilo di troppo e tante delusioni. Chi come me si ricorda di come giocava, però, sa che Milosevic è stato attaccante di razza, capace di fare la fortuna di tanti assist-man.

Chiusa la carriera fra Spagna e Russia, dove vince lo scudetto con il Rubin Kazan segnando la rete decisiva, Milosevic fa ritorno in Serbia. Nel 2011, in un giorno d'estate, la tragedia che non ti aspetti. Una lite in famiglia si trasforma in tragedia, con il nonno che imbraccia il fucile e spara al padre, ferendolo a morte. Milosevic, che da sempre è stato giocatore rude e schivo, si ritira dalla vita pubblica e da anni, ormai, se ne sono perse le tracce. Io, però, lo voglio ricordare sempre come Savo-gol, il centravanti con il colletto alzato e lo sguardo da duro che ha impressionato il mondo a Euro2000.

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