Esperto di Calcio

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28 febbraio 2013

Il razzismo è un problema culturale. Lotito e la Lazio forse non l'hanno capito


L'Uefa ha deciso, due partite a porte chiuse per la Lazio. Una decisione tardiva ma necessaria, perchè non se ne poteva più. Il presidente Lotito si è inalberato e ha annunciato ricorso, ma la sua reazione è stata francamente fuori luogo. Il numero uno biancoceleste ha infatti dichiarato: "I delinquenti non hanno nulla a che fare con la tifoseria organizzata e io non posso tutelare ogni individuo a Roma. C'è differenza tra tifosi delinquenti e delinquenti tifosi. Se uno è un delinquente lo è a prescindere se è laziale, juventino o di qualsiasi altra squadra. I fatti successi ieri sera sono stati commessi da delinquenti e non sono ascrivibili alla tifoseria organizzata. C'è anche da dire per altro che i tifosi tedeschi hanno lasciato segni indelebili in diverse piazze storiche della città. I mezzi d'informazione devono fare una netta distinzione tra il delinquente tifoso e il tifoso delinquente, questo che significa? Significa che se un delinquente commette un reato, lo commette da delinquente e non da tifoso, questo è l'aspetto fondamentale. Se invece è un tifoso delinquente, allora lui espleta il reato, lo fa da tifoso. Il problema è che il presidente di una squadra, che ha sempre cercato di reprimere questi atteggiamenti, non può pagare pegno per comportamenti che non hanno nulla a che vedere con la tifoseria".
Io mi chiedo, ma com'è possibile dire tante banalità e fesserie? Il presidente difende i suoi investimenti e i suoi ragazzi, questo è pacifico e lo rispetto. Ma non può parlare di "sparuta minoranza" quando basta fare un rapido giro su youtube o sul web per ascoltare osceni cori e leggere striscioni indegni. E non parlo degli stadi italiani in generale, sto parlando della curva nord di Roma, quella dove albergano i tifosi della Lazio.
Siamo seri, stiamo parlando di una tifoseria il cui idolo, Paolo Di Canio, si presentava settimanalmente sotto la curva con il braccio destro alzato. Lui parlava di saluto romano come nulla fosse; bene, il resto del mondo può interpretare questo tipo di saluto come "fascista" o "razzista".
Commentare queste scene fa male, prima di tutto allo sport ed all'Italia intera. Ma non è più il tempo di nascondersi ed inventare stucchevoli scuse, ci sono stadi e città in cui il razzismo è un problema da affrontare e superare. Una volta era il nord-est, con Verona e Treviso in testa; da qualche anno si è aggiunta Roma, sponda Lazio e sponda Roma. Si, perchè in questo le due tifoserie sono accomunate. Se i laziali sono razzisti a 360 gradi, i romanisti sono specializzati in antisemitismo, complimenti davvero.
Parlare di sparuta minoranza razzista, nei confronti della tifoseria laziale, significa prendere e prendersi in giro. Sono certo che su 30-40 mila tifosi presenti all'Olimpico, la stragrande maggioranza rappresenti il tifo sano e pulito; ma il tifo organizzato della curva nord è razzista. E non solo, vi alberga anche un'innata stupidità. Si, perchè il razzista è colui che discrimina in base ad etnia e colore della pelle. I "buuu" e gli "uhuhuh" modi scimmia, sono invece indirizzati solo ai tifosi di colore delle squadre avversarie. Com'è possibile? Konko, Diakitè, Cavanda, Ciani e Saha come possono tollerare un atteggiamento simile? Come possono andare ad esultare sotto la curva dopo aver ascoltato quei beceri ululati? Questo ce lo dovrebbero spiegare loro.

 

Non so cosa faccia più male, se i vessilli fascisti e razzisti allo stadio o i cori contro i calciatori di colore. Ero combattuto, ma dopo aver sentito le parole di Lotito ho capito che è un problema culturale. Il più profondo e marchiano degli errori è la mancanza di cultura. Di fronte ad una decisione così si sarebbe dovuto rispondere: "Faremo di tutto per invertire la rotta e tenere fuori i razzisti dallo stadio". Si sarebbero dovuti mettere degli stewart all'ingresso, si sarebbero dovuti controllare gli striscioni. Si, perchè se i cori sono estemporanei, gli striscioni e i vessilli son preparati. Fare entrare svastiche, croci celtiche e striscioni con su scritto "Auschwitz la vostra patria, i forni le vostre case" è sinonimo di una totale assenza di controlli. Se questi non vengono implementati ed aumentati in massa per eliminare definitivamente il problema, allora ci troviamo dinnanzi ad un palese episodio di malafede. 
Anzichè pensare a come ridurre la squalifica, a restituire alla Lazio la partita con i suoi tifosi, concentriamoci severamente sul fenomeno e debelliamolo. In Inghilterra i daspo per i razzisti son vitalizi, da noi ci lamentiamo se siam costretti a giocare a porte chiuse. Come dicevo, questione di culutra.

27 febbraio 2013

Assalto all'Inps. L'Inter cala gli assi: Rocchi-Carew, un attacco da 70 anni


Quando parlavano di Tommaso Rocchi come vice-Milito non volevo crederci, ma ho dovuto arrendermi all'evidenza. Quando ho saputo della cessione di Marko Livaja all'Atalanta, pensavo ad uno scherzo. Ma ho dovuto ricredermi.
L'acquisto di John Carew, gigante norvegese classe 1979, non mi stupisce più. Dopo le due operazioni sopra citate, questa non è altro che la classica ciliegina sulla torta. Non saprei come altro definire l'ennesimo approdo nel calcio italiano di un giocatore tanto scadente quanto l'ariete ex Roma. Si, perchè per Carew si tratta di un ritorno in Serie A, dopo una magrissima esperienza con la maglia giallorossa nella stagione 2003-04.
Quando leggo notizie simili il mio primo pensiero è: "possibile che un giovane non sia meglio". Fermandoci un solo istante a riflettere la risposta è scontata "no". Qualsiasi ragazzo ben motivato e con normali qualità potrebbe fare come Carew, un Primavera che spicca sugli altri non potrebbe che fare meglio. Marko Livaja ci ha messo tre partite a far capire di che pasta è fatto. La doppietta contro la Roma, per quanto non abbia aiutato la Dea nella corsa salvezza, ha fatto capire a tutt'Italia che può diventare un grande attaccante.
Classe 1993, potrebbe valere moltissimo, eppure l'Inter ne ha (s)venduto la prima metà per 1,8 milioni di euro. Un errore comune, come la cessione di mezzo Giovinco al Parma fatta dalla Juventus, che ha poi speso 11 milioni per riportare a casa un prodotto del suo settore giovanile. Semplicemente folle.
L'errore, nel caso di Livaja, è ancora più sorprendente. Stramaccioni, che lo aveva avuto in Primavera, avrebbe dovuto porre il veto alla sua cessione, specialmente se per sostituirlo avesse saputo di avere in rosa Rocchi o Carew. Ora, l'infortunio di Milito è stata una sfortunata circostanza, ma l'acquisto di Tommaso Rocchi come suo vice una tragica sventura. Sventura acuita oggi con l'acquisto del "lungagnone" norvegese, uno i cui numeri fanno accapponare la pelle. 121 reti in carriera, 89 se togliamo quelle realizzate con il Valerenga ed il Rosenborg nell'agguerrito campionato norvegese. Un giocatore che a 34 anni ha segnato 89 goal, come potrebbe mai cambiare le sorti dei nerazzurri? Come potrebbe essere d'aiuto nella corsa alla Champions League? A maggior ragione rimanendo 10 giorni in prova, perchè ha fallito i test fisici, io proprio non lo so.
Ciò di cui sono certo, è che Luca Garritano non farebbe peggio, anzi. Non appena esplode un talento in Italia, come successo per Pogba ed El Shaarawy, ci esaltiamo tutti quanti. Ma come possono i giovani mettersi in mostra se non gli si da un'occasione?
Per far capire a tutti chi è John Carew ho deciso di chiudere con una citazione tratta dal un'intervista di Zlatan Ibrahimovic. Il norvegese aveva criticato le movenze in campo di Ibra, giudicate goffe. Zlatan, come di consueto, aveva risposto dicendo: "quello che Carew riesce a fare con un pallone io lo posso fare con un'arancia".

Il nuovo modo di fare mercato. Quando i soldi non bastano ci vuole competenza


I santoni del calcio, gli opinionisti e i guru della carta stampata ci riempiono la testa con il declino del calcio italiano. Sono due anni circa che sono in totale disaccordo con queste teorie catastrofiste, perché tirandosi su le maniche si possono ottenere grandi risultati. 
E' il caso della Juventus, passata nel giro di qualche mese da settima a prima ed indiscussa forza del campionato italiano, senza spendere e spandere i soldi di un emiro o uno sceicco. Lo ha fatto con competenza, lavoro e tanto tanto sudore. Questo pezzo non vuole essere un elogio al lavoro dei bianconeri, perchè sarei di parte, ma piuttosto una riflessione sul modo di fare mercato. 
Usciti da un decennio di spese folli, le squadre italiane si sono scontrate con una durissima realtà. Lazio, Parma e Fiorentina son fallite o quasi; la Roma per vincere uno Scudetto ha perso tutto il suo capitale societario. L'Inter ha investito valanghe di soldi e ha vinto solo nel periodo post-Calciopoli, dando vita dal 2010 in avanti ad un'incomprensibile politica societaria basata sull'acquisto di buoni giovani (Coutinho, Poli, Biabiany..) ben presto ceduti o relegati ai margini. Le uniche due compagini a salvarsi son state Juventus e Milan, con i torinesi che hanno sempre badato ad avere un bilancio non disastroso ed i rossoneri che han potuto contare sul lavoro di Galliani, un grandissimo dirigente. 
Dicevo della Juventus, non perchè ne sono tifoso, ma perchè ha dimostrato l'anno scorso che è possibile vincere senza investire cifre folli. E quest'anno lo sta ribadendo, essendo tra l'altro ancora in corsa nell'Europa che conta. 
La Juve non vince perchè ha i giocatori migliori, vince perchè ha un'organizzazione tattica molto strutturata; un gioco fluido, pulito e godibile, fatto di possesso palla e inserimenti in velocità. La vera rivoluzione, il cui merito è da ascrivere a Conte e ai suoi preparatori, si è vissuta nella preparazione atletica. Gli stessi giocatori che con Del Neri e Ranieri subivano continui infortuni muscolari, si son trasformati. La Juventus corre a ritmi forsennati e subisce pochi stop. Il "temutissimo" centro di Vinovo si è trasformato in una fortezza del benessere, dove i giocatori si allenano e vengono monitorati costantemente. Niente di eccezionale, solo tanto sudore, tanta fatica ed un'alimentazione sana. 
Tornando al mercato, i grandi colpi son stati fatti senza un esborso economico eccessivo. Si pensi a Pirlo, Barzagli, Llorente e Pogba presi senza scucire un euro; ma anche a Vidal (12 milioni), Asamoah (9 milioni) e Lichtsteiner (10 milioni). Certo, ci sono stati acquisti sbagliati come Elia, ma anche lungimiranti affari come Gabbiadini e Boakye. 
Il mercato è cambiato, le cifre fuori portata sono per gli Abramovich e i petrolieri, ma le competenze non si comprano con i soldi. Dico questo osservando dati inquietanti, come i venti milioni spesi dall'Inter per il trio Alvarez-Forlan-Jonhatan; o i ventuno per Kovacic-Pereira. 
A chi mi vuol muovere una critica, e so che saranno in tanti a farlo, dico che questo è un solo e semplice esempio. Spendere 41 milioni di euro per acquistare Alvarez, Forlan, Jonhatan, Kovacic e Pereira mi pare una follia. Kovacic a parte, che è un '94 ancora da scoprire, gli altri si son fino ad ora dimostrati giocatori modesti (Alvarez e Forlan) o scarsi (Pereira e Jonhatan), motivo per cui vincere risulta una chimera. 
Con 33 milioni la Juventus ha preso Vidal, Asamoah, Lichtsteiner, Pogba, Barzagli, Pirlo e Llorente. 
Quando si dice che i soldi non sono tutto nella vita..

26 febbraio 2013

Esclusiva: Esperto di Calcio incontra il procuratore di Josef Martinez


Ho iniziato a scrivere questo blog per passione, per amore verso il calcio. Non è facile farsi sentire nel mondo del web, spesso si è "mangiati" dai grandi colossi dell'informazione ed in pochi leggono o commentano ciò che scrivo.
Ci sono però giorni, come ieri, in cui una mail ti regala un sorriso. Esperto di Calcio è stato infatti contattato dal signor Sebastian Cano, presidente della Secasport e procuratore di Josef Alexander Martinez.
Già, proprio quel Martinez schedato da Esperto di Calcio durante il Sub20 sudamericano ed ora in forza allo Young Boys, in Svizzera.
Questo il testo della mail di Mr. Cano, che condivido con orgoglio con tutti i miei follower:

Daniele como estas , 
un gusto de conocerte , yo soy Sebastian Cano el representante de Josef Martinez hace 10 años , desde que el tenia 9 añitos . Tambien soy el de Alexander Gonzalez , Darwin Machis, tengo ya 10 años en la empresa y mas de 30 jugadores , pero eso no es lo mas bonito , lo mas bonito es es escuela que tengo en mi ciudad Valencia - Venezuela , donde hay mas de 500 niños desde los 4 años y ahora estamos construyendo la segunda etapa . Hemos tambien firmado una alianza estrategica con el Udinese para ser la filial oficial del Udinese alla en Venezuela . 
Muy lindo y acertado tu articulo , espero que estemos en contacto. 
Un abrazo , 
Sebastian Cano Presidente-Secasports

Di seguito, ed in esclusiva, regalo a tutti i follower una fotogallery sul ragazzo, gentilmente offerta dal suo procuratore:



25 febbraio 2013

Allegri con la tattica, Stramaccioni con il cuore. Un pari nel derby che fa felice la Lazio


Tra i due litiganti il terzo gode. Dal derby di Milano la vera grande vincitrice potrebbe essere la Lazio di Petkovic, che questa sera ha l'occasione di riallungare sulle milanesi. Un derby bello ed emozionante, rovinato solo parzialmente dai soliti quattro stupidi razzisti. Inutile nascondere la testa sotto la sabbia, i cori razzisti e le banane mostrate a Balotelli sono di un livello così infimo da non meritare altro che sdegno e pietà. 
Per fortuna in campo le squadre hanno giocato con grinta ed intensità, regalando un pari che poco cambia nella corsa all'Europa che conta. 
Il Milan parte forte, anzi fortissimo. Pressing alto, ritmo elevatissimo e giocate rapide e profonde mettono in crisi un'Inter schierata in modo incomprensibile. Ieri il tecnico nerazzurro, almeno nella prima frazione, sembrava essere "Strafalcioni", altrimenti non si spiegherebbe un assetto tattico del tutto sconclusionato. Un 4-4-2 stranissimo, con un centrocampo che faceva acqua da tutte le parti ed un attacco troppo leggero per tener botta con i carriarmati rossoneri. Tant'è che il Milan domina in lungo e in largo, specialmente sulla fascia destra nerazzurra. De Sciglio ed il mobilissimo El Shaarawy sfondano con costanza e regolarità sulla sinistra, con Guarin e Nagatomo che non ci capiscono nulla. Dopo un paio di pericoli su cross del giovane terzino, ecco il goal. Cassano perde palla a centrocampo, Boateng alza la testa e vede il taglio in profondità del Faraone. Nagatomo, in costante ritardo, lo perde ed il centravanti rossonero controlla e trafigge Handanovic con un fantastico esterno sotto la traversa. 
Il Milan, forte del vantaggio, spinge forte ma si scontra contro un vero e proprio muro: Samir Handanovic. E' il portierone nerazzurro a tenere in partita i suoi, prima con una spettacolare parata su Balotelli; poi con un altro intervento di puro istinto sempre su SuperMario. Le squadre vanno così al riposo con la sensazione che il derby abbia un solo padrone. 
Stramaccioni, che torna tale, carica i suoi ragazzi. I nerazzurri tornano in campo con un altro piglio e, stante un pò di stanchezza per il Milan, attaccano con convinzione. Abbiati salva su Guarin con un grande intervento, ma è il preludio ad un cambio di vento. Al minuto 23 la mossa tattica che tutti si aspettavano. Fuori un irritante Cambiasso in favore di Schelotto, con Guarin che torna in mezzo al campo ed un esterno di ruolo in fascia. Il nuovo assetto tattico scuote i nerazzurri, che da li a poco trovano il goal del pari proprio con l'ex atalantino, bravo a trafiggere di testa un incolpevole Abbiati. 
Gli ultimi 20 minuti sono all'insegna dell'equilibrio, con l'Inter che spinge e il Milan che prova a ripartire in contropiede. Ancora un grande intervento di Handanovic su Niang, e nulla più. 
Il pari è il risultato forse più giusto, quello che mantiene anche il campionato più interessante. Se andiamo ad analizzare tatticamente la partita, Allegri è stato decisamente più bravo. Il rossonero, pur non inventandosi nulla di nuovo, ha creato grattacapi notevoli a Stramaccioni. Si, perchè il Milansi è presentato con lo stesso schieramento tattico con cui ha schiantato il Barcellona, mentre l'Inter ha sorpreso tutti con questo inedito 4-4-2. Le assenze di  Samuel e Milito non possono bastare a giustificare un atteggiamento tattico tanto "spensierato", perchè di fatto i nuovi acquisti son stati tutti bocciati. Passi per "nonno" Rocchi, che è onestamente troppo per una partita del genere, ma Kovacic, Kuzmanovic e Schelotto? Com'è possibile schierare sugli esterni due giocatori che non lo hanno quasi mai fatto in carriera? L'idea di Strama era quella di sorprendere sulle fasce i cugini, bypassando la linea mediana tutta muscoli del Milan. Niente di più sbagliato concettualmente, specie se si pensa che Montolivo,Nocerino e Muntari non sono così superiori ad un trio di centrocampo composto da Cambiasso-Kuzmanovic e Kovacic; con Guarin e Boateng che si possono equivalere in supporto alle punte. 
Il risultato è arrivato con cuore, grinta e forza di volontà, ma questa Inter sotto il profilo tattico deve crescere e tanto. In stagione ha cambiato, anche a causa delle assenze, troppi sistemi tattici. A gennaio son stati investiti tanti soldi (18 milioni) per tre giocatori che faticano a trovare spazio. Se Stramaccioni non troverà un sistema di gioco efficace e solido, la corsa all'Europa che conta non potrà che essere in salita. 
Per Allegri la strada imboccata è quella giusta. Da settimane il Milan ha preso a giocare un bel calcio, e dietro si sta riscoprendo più solida di quanto i suoi difensori potrebbero far pensare. Questo 4-3-3 mascherato garantisce ai rossoneri copertura ed imprevedibilità offensiva, permettendo di fare la partita o ripartire in contropiede. E' questo il grande merito tattico di Allegri, quello di poter cambiare filosofia di gioco senza mutare schieramento o uomini. Con il Barcellona si è chiuso ed è ripartito, nel derby ha fatto la partita. 
A fine stagione, ormai son due mesi che lo dico, il Milan arriverà in Champions League, e se così andrà il grande merito sarà del suo allenatore. Bravo Galliani a proteggerlo, specialmente dalle aspre e piccanti punture del presidente Berlusconi. Senza Thiago Silva, Ibrahimovic, Seedorf e Gattuso in pochi avrebbero fatto meglio del livornese, e non è un caso se la Roma lo sta "puntando" con grande interesse per partire con un progetto serio e magari vincente. 

24 febbraio 2013

Esclusiva: Marchese a giugno sarà rossoblu



Il Genoa pensa già al futuro e per il prossimo anno ha prenotato l'arrivo di Giovanni Marchese, terzino sinistro del Catania in scadenza di contratto. Ancora nessuna ufficialità trapela da Genova, ma ho la certezza che il terzino catanese nel prossimo campionato sarà un Grifone a tutti gli effetto. Per lui, fonti vicine a me dicono di un contratto di quattro anni, a circa 600 mila euro.
Giovanni Marchese, nato a Caltanissetta è un classe '84, terzino sinistro può giocare anche come esterno di un centrocampo a cinque. Molto bravo nella lettura della fase difensiva, possiede una buona spinta ed un mancino educato, pericoloso in zona tiro. Dopo esser cresciuto nelle giovanili del Torino, ha girovagato un po per l'Italia (Chievo, Treviso, Bari e Salernitana) prima di trovare la definitiva consacrazione in Sicilia, con 69 presenze e 4 goal. Adesso finito in scadenza di contratto, non ha voluto rinnovare ed è stato molto bravo il Genoa ad assicurarselo a parametro zero, andando a prendere un giocatore nel meglio della sua carriera con una buona esperienza.

23 febbraio 2013

Serie A vs Liga, un confronto impari per gli spagnoli


Si, va bene, la Liga ha tre campionissimi in avanti. E poi? Sul serio, ora basta dire che il nostro campionato non ha un livello accettabile o che il nostro calcio non è più quello di un tempo. Certo, le nostre grandi squadre non sono più ai livelli del Milan di Capello o della Juventus di Lippi, ma non è che siano poi così male. Il vero problema è l'atteggiamento con cui entrano in campo in Europa League, come accaduto al Napoli contro il Victoria Plzen. Ma a ben vedere quello non è un problema di qualità, ma di mentalità.
Ritornando al punto di partenza, analizzerei con voi la classifica cannonieri della Liga.

soccerway.com

Messi, Ronaldo e Falcao son fuori categoria, ma gli altri? Vogliamo parlare di Arduiz o Ruben Castro e metterli a confronto con Klose, Milito o Di Natale? Possiamo farlo, ma il risultato sarebbe impietoso.
Centravanti come Jovetic, Lamela, Totti e Gilardino, in Spagna non ci sono. Certo, ci sono tre cannonieri di livello mondiale, ma siamo certi che in Italia farebbero 50 goal? Io si, son certo che non ci riuscirebbero. Messi e Ronaldo non sono mai riusciti a fare i fenomeni con le italiane, sappiamo marcare e difendere troppo bene. Se Barça e Real giocassero da noi vincerebbero, ma non con 100 punti. Campi come Bergamo, Genova, Udine o Catania sarebbero off limits anche per loro. Certo, potrebbero potenzialmente espugnarli tutti, come accade alla Juventus, al Milan o all'Inter, ma non andrebbero a vincere facile.
Quest'anno il Barça ne ha segnati 4 in casa del Getafe, 4 a Valencia col Levante, 3 a Malaga; il Real Madrid ne ha rifilati 5 al Valencia e altrettanti a Mallorca. Pochi esempi, ma significativi.
In Italia non accade nula di simile, quasi mai. Sono saltuari, sporadici. E per fortuna aggiungerei, preferisco vedere partite combattute ogni domenica che avere due squadroni che ammazzano il torneo. Tutto il resto, è noia.

22 febbraio 2013

Montella, l'allenatore che ha stregato tutti




Molti lo ricordano "svolazzare" sui campi da gioco per festeggiare i suoi gol, ora lo lo si vede seduto su una delle panchine maggiori d'Italia. Lui è Vincenzo Montella, una delle più belle realtà da un paio di stagioni a questa parte.
Montella, da giocatore, non era molto dotato fisicamente ma con grandi doti tecniche; era veloce, scaltro, con un grande fiuto del gol. L'impronta che ha fino ad ora dato alle sue squadre è questa, le vuole tecniche, che "diano del tu" al pallone, che cerchino il risultato attraverso il gioco, non il contrario. L'ex "aeroplanino", appena lasciati i campi, si dedica al mestiere di allenatore con i giovanissimi della Roma. L'esonero di Ranieri lo porta nella seconda metà di campionato a guidare la Roma dei grandi. Preparato, voglioso e con idee ben chiare, Montella finisce il campionato portando i giallorossi in Europa League. Sbagliando, la Roma non lo riconferma e lui viene chiamato dal Catania dove raggiunge risultati straordinari, sfiorando l'Europa e salvando la squadra con molte giornate d'anticipo. Adesso il grande cammino con la Fiorentina.
Ma non sono i risultati a far di lui un grande tecnico, ma le sue idee di calcio. Un calcio tecnico, che basato sul giro palla e le verticalizzazioni. Alterna diversi sistemi tattici, il 3-5-2 e il 4-3-3 mostrando una grande duttilità. La difesa a tre si basa su movimenti fissi, con due stantuffi di fascia a fare il resto, in fase difensiva e propositiva. Il fulcro del gioco è il regista che si posiziona davanti alla difesa, Pizarro nel caso della Viola, Lodi quand'era a Catania. Tutti i palloni passano attraverso i piedi e la testa del regista, che rappresenta il vero motore della squadra. Accanto a lui due mezz'ali, che devono fare entrambe le fasi, essendo libere di cercare l'inserimento nell'area avversaria. Infine due punte che si muovono molto, cercando lo scambio, e la superiorità numerica. Devono saper giocare a pallone, non importa se sono prestanti, il vero punto focale è saper giocare con e per la squadra.
Tutto questo da vita allo scacchiere tattico di Montella, che fa grande affidamento anche sui calci piazzati. Preparati nei minimi dettagli, con cura maniacale, sono un'inesauribile fonte di goal e situazioni pericolose.

Luca Siligardi - 1988 - Italia

foto: livornocalcio.it
Nome: Luca
Cognome: Siligardi
Data di nascita: 26 gennaio 1988
Luogo di nascita: Coreggio (Italia)
Altezza: 180 cm
Peso: 72 kg
Piede: sinistro





Troppo spesso avere un cognome straniero accelera la carriera dei giovani calciatori. Paradossalmente, in Italia, i migliori talenti nostrani vengono accantonati in favore di presunti fenomeni sudamercani, africani o est europei. Questo preambolo rispecchia alla perfezione quanto accaduto a Luca Siligardi, cristallino talento cresciuto nell'Inter ed ora esploso nel Livorno di Davide Nicola.

Luca Siligardi nasce il 26 gennaio 1988 a Correggio, paesino dell'Emilia Romagna baciato dalla fortuna. Si, perchè questo piccolo centro di appena 25 mila abitanti ha dato i natali ad alcune personalità di rilievo. Luciano Ligabue ed Antonio Allegri nelle arti; Daniele Adani, Salvatore Bagni e appunto Luca Siligardi nello sport.
foto: livornocalcio.it
Il piccolo Luca è un grande appassionato di sport e ama il calcio, per questo nel 1995 entra a far parte di una piccola formazione locale, la Campagnola. Dopo alcuni anni con la scuola calcio emiliana passa alla Riese e quindi alla Dorando Pietri, dove avrà l'occasione di mettersi in mostra al cospetto delle più grandi compagini italiane. Il Parma nota le sue qualità e lo porta nel capoluogo emiliano, nella stagione 2004-2005. Per i gialloblu è un'annata difficilissima, con la prima squadra che si salva all'ultimo respiro in uno spareggio da brividi con il Bologna. Non certo l'ambiente ideale dove mettersi in mostra, tanto che dopo solo una stagione Siligardi viene restituito alla Dorando Petri.
Tenacia e caparbietà non mancano al ragazzo, che riesce a ritagliarsi una seconda grande occasione. Nell'estate del 2006 è l'Inter ad aprirgli le porte, inserendolo in pianta stabile nella formazione Primavera. Agli ordini di Vincenzo Esposito ha la possibilità di cresce ed allenarsi con giocatori destinati a fare grandi cose: Leonardo Bonucci ('87), Mario Balotelli ('90), Jonathan Biabiany ('88) e Davide Santon ('91), solo per citare i più famosi. Con i giovani nerazzurri vince il Viareggio 2008 e ha l'occasione di debuttare in Coppa Italia, sostituendo Dejan Stankovic nel comodo successo casalingo per 3-0 contro la Reggina.
L'Inter post-calciopoli è una squadra troppo forte per permettere a Siligardi di giocare con una certa continuità, e dalla stagione 2008-09 inizia una peregrinazione per l'Italia che finirà solo nel 2011, quando il ragazzo troverà la giusta dimora a Livorno. Bari, Piaceza e Triestina lo accolgono in prestito, dandogli l'occasione di giocare alcune partite in Serie B. Con i friulani mette in mostra tutto il suo talento, timbrando quattro volte il cartellino in appena venti presenze.
foto: livornocalcio.it
Il Bologna si convince a dargli un'occasione, regalandogli il debutto in massima serie proprio contro l'Inter il 30 agosto 2010. Con i felsinei di Colomba e Malesani non sboccia l'amore, ed il ragazzo non viene riscattato. L'Inter ne cede dunque la comproprietà al Livorno, squadra che milita nella serie cadetta. Dopo un inizio difficile agli ordini di Novellino, Siligardi conquista progressivamente spazio, diventando un tassello importante nella corsa alla salvezza dei labronici. 21 presenze, 3 goal e 4 assist convincono il presidente Spinelli a riscattare la seconda metà del suo cartellino.
Con l'approdo di Davide Nicola in panchina, Luca Siligardi esplode letteralmente. Il tecnico livornese ritaglia infatti il ruolo perfetto per l'esterno emiliano, schierato sulla trequarti offensiva di sinistra, libero di attaccare ed agire. Siligardi ripaga la fiducia del tecnico, siglando 13 reti e fornendo 4 assist in appena 20 partite di campionato. E' la definitiva consacrazione di un talento che aveva solo bisogno della giusta collocazione tattica e di un po' di fiducia.

Tecnico, freddo e velocissimo, Luca Siligardi è un esterno d'attacco di indiscutibile talento. Con le doti fisiche in suo possesso è in grado di spaccare le difese, presentandosi come uno edgli esterni offensivi più difficili da marcare. E' il classico giocatore imprevedibile, che riesce ad arrivare su palle che sembrano perdute e che se ti punta in velocità diventa inarrestabile.
Mancino naturale, Luca Siligardi è praticamente sempre stato impiegato sulla fascia sinistra. Le sue caratteristiche tecniche lo rendono un giocatore duttile, in grado di giocare in diversi scacchieri tattici. Il ruolo in cui riesce a dare il massimo è, ovviamente, quello di esterno d'attacco. Se lasciato libero da compiti difensivi, Siligardi diventa devastante. Con la sua velocità ed un piede decisamente educato, può puntare la porta sia rientrando per un tiro a giro, sia calciando di mezzo esterno.
180 cm per 72 kg di peso, non è in possesso di un fisico da "carrozziere", ma possiede una velocità fuori dal comune. Muscolarmente solido, sa tener botta con qualsivoglia tipologia di difensore, diventando un'arma preziosa per reperire calci di punizione e calci di rigore. Questi ultimi sono una "specialità della casa", a testimonianza che anche il carattere è ormai quello del giocatore maturo.
Classe 1988, non è più considerabile come una giovane promessa, ma ha ancora tutto il tempo per diventare un giocatore di grande livello. Per far capire chi è Luca Siligardi a chi non lo ha mai visto giocare, si potrebbe azzardare un paragone con il romanista Lamela. Sebbene siano due giocatori diversi, sono tatticamente due giocatori simili. Siligardi, come il campioncino giallorosso, occupa infatti quella classica posizione che da un gran fastidio agli avversari. Infilandosi fra il centrocampista ed il difensore, riesce ad eludere la prima marcatura, puntando in velocità il terzino avversario in modo da ritagliarsi lo spazio per l'assist o per la conclusione in porta.
Relegato fino a questo momento nelle categorie minori, è giunta l'ora che Siligardi si confronti con l'elitè del calcio italiano. Continuando così ha tutte le possibilità di farlo con il Livorno, ma su di lui si stanno muovendo alcune squadre di Serie A, a testimonianza del fatto che "è meglio tardi che mai".

Il cormorano dalle ali di cachemire: Patrick Kluivert


Ha avuto poca fortuna nel nostro calcio, con una semplice stagione fra più ombre che luci. Patrick Kluivert, però, era un attaccante davvero formidabile, completo. Univa la classe, la tecnica e la visione di gioco di una seconda punta con il fisico e l'istinto "omicida" di un vero e unico centravanti.
Cresciuto nelle giovanili del Schellingwoude, entra giovanissimo a far parte del settore giovanile dei lanceri di Amsterdam. L'Ajax è la migliore scuola calcistica possibile per ogni ragazzo olandese, tanto che dopo 10 anni di militanza nel settore giovanile, Kluivert viene aggregato alla prima squadra, allenata dal maestro olandese Louis Van Gaal. In sole tre stagioni, a cavallo fra il '94 ed il '97, vince tutto. Un ragazzo appena maggiorenne che decide partite d'importanza planetaria. In una mite sera viennese, infatti, trafigge Sebastiano Rossi con una zampata di sinistro, che regala all'Ajax la quarta Coppa dei Campioni.
70 presenze e 39 reti con i biancorossi di Amsterdam sono il biglietto da visita con cui Patrick Kluivert si presenta a Milano, sponda rossonera. Fabio Capello fa del ragazzone olandese il terminale offensivo del suo Milan, con il quale non spiccherà il volo. 27 partite e solo 6 reti, convincono i dirigenti milanisti a cedere Kluivert al Barcellona. In Catalogna ritrova Louis Van Gaal, il tecnico che lo ha lanciato nel grande calcio. Con i Blaugrana è amore a prima vista: dribbling, assist e goal piovono copiosi. 16 il primo anno, 23 il secondo, 25 i due successivi.
Con la maglia del Barça esprime il suo calcio migliore, fatto di reti e giocate meravigliose. Destro, sinistro o testa fa lo stesso, perchè il numero 9 segna in ogni modo e maniera. Al Camp Nou ancora si stropicciano gli occhi quando pensano a quel Barcellona, poggiato sul tridente Figo-Kluivert-Rivaldo.
Sesto marcatore assoluto della storia del Barcellona, nell'estate 2004 viene ceduto al Newcastle United, con il quale mette a segno 13 reti alla prima ed unica stagione. Il ritorno in Spagna, nelle fila del Valencia, e poi in Olanda e Francia con PSV e Lille, segnano la fine della sua carriera. Una carriera fatta di molte luci, ma l'ombra di non aver sfruttato tutto il suo potenziale.
Kluivert aveva nei piedi, nel fisico e nella testa le potenzialità per diventare il numero uno del mondo. E' stato un grandissimo giocatore, in grado di fare goal in tutti i modi, ma avrebbe potuto essere ancora di più. Ciò che ricordo di Patrick, era la sua potenza unita a piedi sopraffini. Meno tecnico e meno forte fisicamente di Ibrahimovic, aveva uno stile di gioco che può ricordare lo svedese. Estroso e sorprendente, lo annovero fra i campioni che ho avuto la fortuna di ammirare. E inserirlo in questo novero, significa contestualizzarlo con gente come Ronaldo, Batistuta, Baggio, Del Piero, Shearer, Shevchenko. Potrei continuare, ma il messaggio è chiaro. Ora allena gli attaccanti dell'AZ Alkmar, e con un maestro così c'è da aspettarsi che diventino fenomenali.

21 febbraio 2013

Scacco al Re. Le mosse di Allegri per imbrigliare il Barcellona e Berlusconi


Una partita da mostrare nelle scuole calcio. Milan-Barcellona è stato uno di quei match che mi ha entusiasmato da un punto di vista tattico. Una partita perfetta, per la quale Max Allegri merita un applauso lungo e fragoroso. L'ho scritto in tempi non sospetti, il tecnico rossonero ha dimostrato quest'anno il suo valore, risollevando una squadra a pezzi e restituendole dignità e gioco. Ho letto e sentito parecchi tifosi ed opinionisti dire "certo, gli hanno preso Balotelli", ma chi afferma qualcosa del genere è in palese malafede. Allegri aveva ben prima rimesso in carreggiata il Milan, cambiando modo di giocare dopo i due anni "Ibracentrici" della sua gestione tecnica. Ieri sera, il tocco finale, quello che lo fa entrare di diritto fra i grandi allenatori.
Il Milan è sceso in campo a San Siro con forza e determinazione, quelli che potrebbero esser definiti "gli occhi della tigre". Ogni giocatore era pronto e preparato a dovere, conscio di dover dare più del massimo per strappare un buon risultato al cospetto del Barcellona. Ma la preparazione mentale non poteva bastare, ecco allora il capolavoro tattico dell'allenatore livornese, un 4-3-3 che si trasformava, in fase di non possesso, in un 4-5-1. Linee vicine, corsa, pressing e undici uomini dietro la linea della palla, pronti però a ripartire velocissimi in contropiede. Questa la ricetta di Allegri, che in barba a quanto "profetizzato" da Berlusconi, non mette una specifica marcatura su Messi. Preferisce, e giustamente, una zona mista, con costanti raddoppi di marcatura sul portatore di palla e perfetti movimenti a scalare di tutta la squadra. Il tiqui-taca dei catalani è così imbrigliato, o meglio neutralizzato. Si, perchè il 65% di possesso palla del Barcellona è effimero quanto il numero di conclusioni verso la porta di Abbiati. I continui passaggi in orizzontale del Barça non trovavano sbocco alcuno, con Messi, Fabregas e Pedro inermi di fronte alla marcatura del Diavolo. E' forse questo il dato più impressionante, perchè la difesa, o meglio la fase difensiva, è il tallone d'achille del Milan. Mexes e Zapata sono lontani parenti della coppia Nesta-Maldini che ha fatto le fortune dei rossoneri, eppure ieri sera non sembrava. Il centrocampo tutto muscoli voluto da Allegri ha trovato in Montolivo un perfetto direttore d'orchestra, il cui compito è stato facilitato da uno spavaldo El Shaarawy ed un Pazzini gladiatore. L'uomo in più, come già avvenuto in passato, è stato poi quel Kevin Prince Boateng che sembrava l'ombra di sè stesso fino a ieri sera. Il ghanese, invece, ha stupito tutti, giocando con la grinta di un leone e la rapacità di una pantera. Si, perchè per trafiggere Valdes bisognava avventarsi su quella palla vagante come un rapace, ed il "Boa" lo ha fatto con la sfrontatezza di chi è sicuro dei suoi mezzi.
Ed il Barcellona?  Lo sapete tutti, io amo quella squadra e quella maglia, ma ieri è stata davvero imbarazzante. A chi paragona questa sconfitta a quella contro l'Inter, io rispondo che sono due partite non paragonabili. Quel Barça era un gradino sopra questo; quell'Inter due o tre sopra il Milan di Allegri. E se nel 2010 l'Inter ebbe il grande merito di punire i catalani con letali contropiedi, ieri il Diavolo ha saputo non far giocare il Barcellona. I blaugrana, vestiti con un'imbarazzante tenuta arancio-giallo, sembravano una squadra senza idee. Eppure in campo c'erano fior di campioni, che hanno davvero sfigurato al cospetto dei rossoneri. Impossibile non parlare di Messi, nemmeno parente di quel funambolo capace di battere ogni record. L'argentino non è mai riuscito ad esser decisivo, non ha mai saltato l'uomo e, cosa più importante per una punta, non ha mai concluso in porta. Questo è un segno che, quando si affrontano squadre tatticamente preparate, anche i grandi campioni soffrono e patiscono. Spesso, quando guardiamo le classifiche cannonieri della Liga diciamo "quello sì che è un torneo.. Falcao, Messi e Ronaldo in Italia non li abbiamo". Vero, ma è altrettanto giusto sottolineare che questi campionissimi, in Serie A, non farebbero 40-50 goal, perchè da noi ogni squadra studia la partita e cerca di bloccare il gioco avversario. Non esiste una partita semplice con le italiane, e il Milan l'ha dimostrato ieri.
Si è detto di Messi, ma potremmo parlare di Xavi, Iniesta, Fabregas e Pedro; per finire magari con quell'Alexis Sanchez che è parso un pesce fuor d'acqua. L'errore più marchiano, però, l'ha commesso "mister" Roura a fine partita, appellandosi al campo inadatto a giocare a pallone. Quando si perde, e nettamente, si deve tacere. In italia da anni sentiamo queste tiritere, e pensiamo di essere gli unici; bene, anche all'estero son come noi.
Allegri deve godersi il momento, deve assaporare questo successo ed esser doppiamente felice per aver chiuso la bocca al presidente Berlusconi. Lui, ne sono certo, sarà stato il primo a gioire, ma sotto sotto sarà dispiaciuto di non poter affermare "ragazzi, ho spiegato io come fermare il giuoco dei catalani". Si, perchè Allegri ha fatto di testa sua, ed il risultato parla chiarissimo. A Barcellona sarà non dura, ma durissima. La bolgia del Camp Nou ed il campo non aiuteranno i rossoneri, ma non ci si deve nascondere, il Milan deve andare in Spagna per passare il turno.

20 febbraio 2013

Editoriale Inter: è davvero tutta colpa di Strama?


L'Inter ha subito la più brutta sconfitta del campionato contro la Fiorentina, non tanto per il risultato finale ma  per l'andamento tecnico-tattico che ha avuto la partita. Una Fiorentina bella, a tratti spettacolare, che cambia modulo per la partita passando ad un 4-3-3. Sovrapposizioni continue, inserimenti dei centrocampisti e triangolazioni offensive, tutto questo realizzato in maniera semplice e concreta dalla squadra di Montella. L'Inter ha assistito suo malgrado a questo terribile spettacolo, giocando la partita in maniera passiva, sbagliando un numero di palloni inimmaginabile.
Ma vogliamo dare tutta la colpa a Stramaccioni per una prova insufficiente di tutti quanti, escluso il solo Handanovic? Strama, come invocato dal presidente Moratti, ha schierato una difesa a quattro che si è rilevata un vero e proprio "tallone d'achille"; sulle fasce subiva una continua superiorità numerica che impediva ai terzini di spingere ed ha sofferto le sovrapposizioni di quelli avversari, mentre per vie centrali Jovetic insieme agli inserimenti delle mezz'ale hanno creato non pochi problemi alla coppia Ranocchia-Juan Jesus, mettendo "a ferro e fuoco" tutta la fase difensiva.
Il centrocampo era assente ingiustificato, però cosa poteva fare il tecnico con a disposizione un Cambiasso fuori forma, un Kovacic forse immaturo ed un Kuzmanovic non proprio da Inter? Se poi Guarin non è in serata "la frittata è servita".
Davanti Palacio era troppo isolato ed accompagnato da un Antonio Cassano totalmente fuori dagli schemi, nonostante il bel goal negli ultimi minuti di gara.
Stramaccioni avrà le sue colpe, ma non tutto il peso può ricadere sulle sue spalle, perchè la rosa assemblata in sede di mercato presenta limiti evidenti. Le fasce difensive non funzionano, Zanetti ha la sua età e come terzino non garantisce più l'apporto degli anni scorsi; Schelotto ha già fatto capire che da esterno basso non può giocare; mentre Pereira e Nagatomo non sono giocatori di livello internazionale.
A centrocampo dal sogno Paulinho, il tecnico si è risvegliato con un Kuzmanovic inconsistente ed un Kovacic ancora acerbo, mentre le alternative non danno garanzia alcuna. Infine in avanti, ora che mancherà Milito, sono guai. Non si può fare affidamento su Rocchi, ed ora i rimpianti Livaja e Longo stanno emergendo con chiarezza.
Certo, Moratti ha dovuto fare il conto con il fair play finanziario, ma ha costruito una squadra mediocre, senza indivdualità alcuno. Quindi, prima di prendere decisioni affrettate sul futuro del mister io ci penserei su.

Nicola Bellomo - 1991 - Italia

foto: asbari.it
Nome: Nicola
Cognome: Bellomo
Data di nascita: 18 febbraio 1991
Luogo di nascita: Bari
Altezza: 174 cm
Peso: 70 kg
Piede: destro
Squadra di appartenenza: Bari










La serie cadetta regala ogni anno spunti interessanti per il mercato delle grandi. Se Milan e Juventus hanno bruciato la concorrenza per assicurarsi talenti del calibro di Boakye e Saponara, Roma ed Inter sembrano duellare per un altro grande talento della nostra serie cadetta. Sto parlando di Bellomo, talentuoso jolly offensivo del Bari di Vincenzo Torrente.

Nicola Bellomo nasce a Bari il 18 febbraio 1991 e lega (fino a questo momento) la sua intera carriera all'amatissima maglia del Bari. Con le giovanili dei bianco-rossi brucia le tappe, venendo aggregato alla squadra Primavera ancora giovanissimo. Le sue giocate, i suoi goal e la sua determinazione non passano inosservate nell'ambiente pugliese, tanto che il 16 maggio 2009, ad appena 17 anni, gli viene concesso l'esordio in prima squadra. E' Antonio Conte, allora tecnico del Bari, a regalare a Bellomo il debutto in Serie B, nella comoda vittoria per 4-1 sul Modena allo stadio San Nicola.
La stagione successiva, agli ordini di Ventura, vede Bellomo allenarsi con la prima squadra, senza però scendere mai in campo. Il ragazzo barese viene pertanto riaggregato alla Primavera, della quale diventerà ben presto il leader. L'anno seguente, con i "galletti" appena retrocessi, viene mandato in prestito al Barletta, dove si mette in luce con azioni degne di nota e reti spettacolari.
Il 2011/2012 rappresenta per il numero 10 pugliese la grande occasione con la maglia del Bari. Bellomo viene aggregato alla prima squadra ed inizia a conquistare i suoi spazi. Sulla panchina del Bari si siedono diversi allenatori, che rappresentano l'occasione per mettersi in mostra e chiudere con 16 presenze e 2 reti all'attivo. L'ottimo finale di stagione convince i dirigenti pugliesi a puntare forte su di lui, facendone uno dei pilastri del nuovo Bari di Torrente. Bellomo non tradisce le attese ed esplode letteralmente. Fino a questo momento ha messo in cascina 24 apparizioni, condite da 6 goal e 5 assist. Niente male per un ragazzo così giovane, sul quale si sono concentrate le attenzioni delle più grandi società italiane.
Nonostante un cristallino talento, Bellomo non ha avuto particolare fortuna con le maglie delle Nazionali giovanili italiane. Il fantasista ha infatti indossato la maglia dell'Italia Under19 ed Under20 in alcune occasioni, senza riuscire ad entrare in pianta stabile a far parte dei progetti azzurri. Continuando così, però, una partecipazione ad Euro 2013 con l'Under21 non è da escludersi a priori.

Barese purosangue, Nicola Bellomo è ben presto divenuto una celebrità nel capoluogo pugliese. Fin dai tempi delle giovanili, infatti, viene considerato l'erede di Antonio Cassano. Sebbene tecnica e classe non manchino di certo al giovane Nicola, non bisogna farsi prendere dall'emozioni. Bellomo e  Cassano son due giocatori profondamente diversi, per caratteristiche tattiche, tecniche e mentali.
L'attuale numero 10 nasce come trequartista, ma in Primavera Maiellaro lo adatta a giocare come regista basso davanti alla difesa. Dopo la fruttuosa esperienza con il Barletta agli ordini di Sciannimanico, viene riproposto nel suo ruolo naturale. Torrente lo impiega infatti con continuità sulla trequarti per sfruttare le sue grandi doti tecniche e la sua facilità di tiro.
Abile nello stretto e dotato di un'innata facilità di corsa, Bellomo può giocare su tutto il fronte della trequarti offensiva. A destra, a sinistra o dietro le punte, sa organizzare in maniera perfetta la manovra offensiva della squadra, orchestrando il gioco o andando alla conclusione in prima persona.
174 cm per 70 kg di peso, Bellomo è dotato di un fisico non imponente ma ben bilanciato. Il suo rapporto peso-muscoli è perfetto, tanto da risultare molto rapido e veloce nei primi metri.
Destro naturale, è un numero dieci atipico. Se l'Avvocato Agnelli definì Roberto Baggio un "9 e mezzo", potremmo dire che Bellomo è la perfetta sintesi fra la mezz'ala ed il fantasista. Una sorta di "8 e mezzo", con le capacità di costruzione della manovra tipiche di un centrocampista e la cattiveria sotto porta di un trequartista. Il ragazzo è in possesso di un tiro forte e preciso, che lo ha portato a siglare numerose reti da fuori area, sia con conclusioni piazzate che di potenza.
Specialista sui calci piazzati, Bellomo ha realizzato diversi goal su punizione, riuscendo a sorprendere i portieri avversari sia sul loro palo che su quello coperto dalla barriera.
Roma ed Inter sembrano le squadre più vicine al talento pugliese, ma se non chiuderanno alla svelta la concorrenza si farà serrata.

19 febbraio 2013

Genio e sregolatezza: Alessio Cerci


Genio e sregolatezza. Spesso si abusa con l'uso di questi aggettivi, specialmente nel calcio. Dopo Maradona qualsiasi talento che poi non è sbocciato a dovere è stato etichettato con questo marchio. Cassano, Gascoigne, Morfeo, Edmundo, Asprilia, Hagi, Cantona...
In un tale potpourri di talenti io infilerei anche quell'Alessio Cerci che tanto bene sta facendo con la maglia granata sulle spalle.
Classe 1987, Cerci è un prodotto del settore giovanile della Roma, dove si era segnalato come un futuro campioncino. E allora per quale ragione non ha praticamente mai giocato con i giallorossi? Difficile rispondere dall'esterno, ma se dovessi scommettere punterei sul suo fumantino carattere.
I numeri di Cerci non si discutono, corsa, dribbling e tiro son di primissima categoria, così come la sua capacità di esser decisivo nei momenti che più contano. Soprannominato "la Ferrari" è facile intuire quella che è la sua caratteristica più devastante: la velocità, che non muta palla al piede.
Con Ventura si è creata un'alchimia fin dai tempi di Pisa, quando i due protagonisti del nuovo corso granata hanno sfiorato la promozione in Serie A con i toscani. Da lì Cerci ha faticato e non poco a ritagliarsi il suo spazio, vivendo magre esperienze professionali a Bergamo e Roma; e due stagioni in chiaro-scuro a Firenze. Proprio con i Viola ha messo in mostra alcuni dei suoi colpi migliori, ma il rapporto con l'ambiente non è mai decollato. Anzi, dissapori e malumori hanno portato ad un divorzio rovinoso in estate, quando il ragazzo ha lasciato l'Arno per mettere radici sulle sponde granata del Po. A Torino ne sono felici, perchè Cerci rappresenta quel giocatore di qualità che al Toro mancava dai tempi di Ferrante. Un calciatore completamente diverso, siamo tutti d'accordo, ma che permette di fare quel salto di qualità che significa una salvezza tranquilla.
E' presto per fare voli pindarici e pensare ad un Torino in grado di lottare per i vertici della classifica, siano essi l'accesso all'Europa più nobile o meno. Con Cerci non è utopia pensare ad un progetto vincente, che nel corso degli anni possa riportare il Toro a lottare con le migliori. In fondo il Napoli ha fatto un percorso simile, acquistando giovani talenti in rampa di lancio come Hamsik e Cavani. Alessio Cerci, 26 anni da compiere, potrebbe essere la giusta chioccia per i giovani Menga e Kabasele, o il giusto input per portare all'ombra della Mole quei 2-3 calciatori di qualità che permetterebbero al Toro di aspirare alla gloria.

18 febbraio 2013

Minuti contati per Stramaccioni. Blanc, Figo, Simeone o Mazzarri a giugno


Il pesante ko esterno contro la Fiorentina rischia di essere una mazzata di non poco conto, in particolare dal punto di vista psicologico, per l'Inter in vista del rush finale per l'ottenimento del terzo posto, l'ultimo utile per partecipare alla prossima Champions League. Lezione di gioco assoluta quella impartita da Montella e i suoi alla banda di Stramaccioni e non possono bastare come giustificazioni l'impegno di giovedì sera dei nerazzurri in Europa League o il grave infortunio che ha tolto di mezzo Diego Milito. Anche alla vigilia della partita del "Franchi" il patron dell'Inter Massimo Moratti ha voluto confermare con decisione Andrea Stramaccioni come guida tecnica per la prossima stagione, ma le recenti voci su Diego Simeone (comunque fresco di rinnovo con l'Atletico Madrid), Walter Mazzarri e Laurent Blanc non possono lasciare tranquillo l'allenatore romano. Il deludente rendimento degli ultimi mesi, soprattutto in trasferta (dopo il blitz dello Juventus Stadium è stato black-out totale), e le recenti scelte di formazione sembrano denotare uno scollamento con la proprietà. Le scelte di mercato, estive e invernali, hanno decisamente depauperato la rosa a disposizione di Stramaccioni, il quale ha però più volte sconfessato gli investimenti di Branca e Ausilio, come dimostrano le continue esclusioni di Rocchi e le prime bocciature per i nuovi arrivati Schelotto e Kovacic. Conoscendo Moratti e in vista del primo vero bivio stagionale (il ritorno dei sedicesimi di Europa League e il derby-spareggio col Milan), siamo sicuri che l'Inter e Stramaccioni andranno a braccetto ancora a lungo? Oltre ai nomi del Cholo e di Blanc, più in prospettiva di luglio, Luis Figo, già Ministro degli Esteri nerazzurro, e Beppe Baresi potrebbero essere le soluzioni immediate per frenare l'emorragia di risultati. Moratti e Branca riflettono, Strama inizia a tremare.

(calciomercato.com)

15 febbraio 2013

Milan, Zaza per un attacco di baby fenomeni?


E' sempre mercato: avanti con la linea verde: futuro rossonero a rischio per tre attaccanti. Pazzini, Robinho e Bojan potrebbero lasciare a fine stagione: all'orizzonte Zaza. L'attaccante dell'Ascoli, di proprietà della Samp, non ha ancora rinnovato il suo contratto con il club ligure. Bojan, in un'intervista a Rac 1, ha confidato che "ho bisogno di essere acquistato dal Milan o da un'altra squadra, perchè in questi anni ho capito che i prestiti a volte non sono utili".

(calciomercato.com)

14 febbraio 2013

Richmond Boakye - 1993 - Ghana

foto: sassuolocalcio.it
Nome: Richmond
Cognome: Boakye
Data di nascita: 28 gennaio 1993
Luogo di nascita: Accra (Ghana)
Altezza: 187 cm
Peso: 77 kg
Piede: destro
Ruolo: attaccante










Quasi tutti gli appassionati hanno sperato fino all'ultimo che  Didier Drogba approdasse nel nostro campionato. Se il campione ivoriano ha scelto la Turchia, in Italia abbiamo un altro giocatore africano pronto a rinverdire i fasti dell'ex Chelsea. Sto parlando di Richmond Bokye, attaccante in forza al Sassuolo che il prossimo anno è destinato ad essere uno dei protagonisti della massima serie.

Richmond Boakye Yiadom nasce ad Accra (Ghana) il 28 gennaio 1993. Cresciuto in una squadra locale, il Bechem United, si trasferisce nel 2006 nel vivaio della più forte squadra ghanese: il D.C. United di Accra. Con i bianconeri ha l'occasione di recarsi in Italia, a Genova, per disputare un torneo giovanile. Qui starbilia tutti, tanto da convincere i padroni di casa del Genoa a formulare un'offerta ed acquistarlo nel 2008, all'età di 15 anni.
Nemmeno 12 mesi con le giovanili del Grifone e Boakye viene promosso in prima squadra, dove avrà la possibilità di debuttare in Serie A il 3 aprile 2010 al Luigi Ferraris. Bastano pochi minuti al giovane ghanese per timbrare la rete del vantaggio contro il Livorno con un bel destro sotto la traversa.
Nel 2011 viene ceduto in prestito al Sassuolo, in Serie B, dove ha l'occasione di farsi le ossa e mettersi in mostra. 32 gare e 10 reti convincono la Juventus a portarlo in bianconero. Sotto il severo sguardo di Antonio Conte si fa apprezzare nel pre-campionato, ma non è ancora tempo per affermarsi in Serie A. La Juventus lo da nuovamente in prestito al Sassuolo, dove Boakye ha fin'ora contribuito con 9 reti al primo posto in solitaria degli uomini di Di Francesco. A fine anno il bomber africano è destinato a tornare in bianconero, con tutte le intenzioni di restarci.

foto: sassuolocalcio.it
187 cm per 77 kg di peso, Richmond Boakye è un giocatore duttile e di talento. In grado di giocare da prima come da seconda punta, ha nella velocità e nella tecnica di base le sue armi principali. Con un controllo di palla quasi perfetto ed uno scatto micidiale, è un cliente difficilissimo da affrontare quando si viene puntati palla al piede.
Molto abile nei movimenti, sa staccarsi dalla marcatura con grande rapidità, bruciando i difensori avversari sull'anticipo. Il suo movimento più classico è quello a tagliare sul primo palo, riuscendo a togliere il tempo d'intervento al portiere.
Destro naturale, è in possesso di un tiro secco e preciso, la cui incisività è massima all'interno dell'area di rigore, anche se a Sassuolo lo ricordano per le sue conclusioni dal limite. Bravo nel colpo di testa, sa giocare sia come unico riferimento offensivo che in coppia con un altro attaccante. Con Di Francesco è stato trasformato in unico vero centravanti di un tridente tutto velocità e fantasia con Troianiello, Masucci e Berardi che si alternano i suo supporto.
Generalmente non amo i paragoni, ma Boakye ricorda molto per tecnica e rapidità quel George Weah che tanto bene ha fatto nel Milan. Rispetto al liberiano, però, Boakye è più centravanti d'area di rigore, sempre pronto a trasformare in goal i palloni vaganti.

13 febbraio 2013

Stefano Padovan - 1994 - Italia

foto: juventus.com
Nome: Stefano
Cognome: Padovan
Data di nascita: 16 Aprile 1994
Luogo di nascita: Torino
Società: Juventus
Altezza: 182 cm
Peso: 74 kg
Piede preferito: sinistro
Ruolo: attaccante centrale







E se l'attaccante di cui si parla da tanto fosse già in casa? Alla Juventus ci stanno pensando, perchè le prestazioni in Primavera di Stefano Padovan stanno davvero strabiliando.

Stefano Padovan nasce a Torino il 16 aprile 1994 in una famiglia che crede nei valori dello sport. A 9 anni corona il sogno di moltissimi bambini torinesi, entrando a far parte della Juventus. Con il settore giovanile bianconero inizia un percorso di formazione che lo porterà ad assumere una posizione in campo ben definita. I tecnici della Juventus iniziano a lavorare sul ragazzo, plasmandolo da giocatore di movimento in vero e proprio attaccante d'area di rigore.
A 15 anni la sua crescita tattica ha raggiunto un primo punto fermo, Padovan è impiegato come attaccante centrale ed inizia a concentrarsi su quegli aspetti che fanno di un buon attaccante un vero rapace dell'area di rigore: i movimenti, le sponde, i colpi di testa ed il tiro verso la rete avversaria.
Gli sforzi di Padovan vengono premiati con le prime convocazioni nelle Nazionali giovanili italiane. Con l'Under 16 e l'Under17 gioca poche partite, ma sufficienti per timbrare il cartellino e convincere la Juventus a promuoverlo in Primavera.
Agli ordini di Mister Baroni ha l'occasione di confrontarsi con calciatori quasi formati come Stefano Beltrame, Leonardo Spinazzola e Ouasim Bouy. Le caratteristiche fisiche e tecniche del giovane attaccante lo rendono un "unicum" nello scacchiere tattico bianconero, ed il 2011-2012 si rivela essere il suo anno di grazia.
Con i giovani della Juventus gioca in campionato 17 partite, mettendo a segno la bellezza di 11 reti e sarà grande protagonista al torneo di Viareggio, contribuendo al successo nella manifestazione con 3 reti. Alla luce di prestazioni tanto importanti, un posto da titolare nella Nazionale Under18 di Alberigo Evani non poteva che essere la naturale conseguenza. Con gli azzurrini giocherà 5 partite e realizzerà 3 goal, a testimonianza del fatto che il feeling con la rete ce l'ha nel sangue.
La stagione in corso si è aperta come si era chiusa quella precedente, a suon di goal. Sono 9 fino ad ora le reti realizzate in campionato, a fronte di 11 apparizioni. Il primo posto in solitaria e la possibilità di mettersi in luce nuovamente durante la Coppa Carnevale in corso a Viareggio, potrebbero accelerare il processo di crescita di un ragazzo i cui numeri sono sotto gli occhi di tutti.

182 cm per 74 kg di peso, Padovan è un attaccante centrale completo. Dotato di un'ottima tecnica di base ed un colpo di testa efficace, vive per fare goal. Il lavoro fatto dai tenici della Juventus sta finalmente mostrando i frutti sperati, Padovan è infatti diventato un attaccante che sa lavorare per la squadra sia in fase di possesso palla che in fase difensiva. I suoi colpi di testa e la sua protezione del pallone sono un'arma fondamentale per la Primavera bianconera, che in ogni situazione sa di potersi affidare a lui.
Sinistro naturale, è in possesso di un tiro forte e preciso, specialmente da dentro l'area di rigore. Abilissimo a smarcarsi dentro l'area di rigore, elude spesso i difensori avversari fintando di staccarsi a rimorchio per poi tagliare sul primo palo. Qui fa valere il suo senso del goal, girando con il sinistro da posizione ravvicinata, non dando scampo agli estremi difensori avversari.
In coppia con Beltrame sono un'arma temibilissima, perchè il cuneese spacca la difesa con le sue accelerazioni; il ragazzone di Torino chiude l'azione con la conclusione in porta.
Fisicamente ben strutturato, Padovan potrebbe migliorare ulteriormente se incrementasse la forza muscolare, in modo da tener botta con i forti difensori della massima serie. Oltre all'aspetto fisico, il giovane bomber deve lavorare sui movimenti in profondità e sulle conclusioni con il destro, piede che tende a usare il meno possibile.
Per età e caratteristiche tecniche siamo di fronte ad un giocatore di sicuro interesse. Nelle ultime stagioni la Primavera della Juventus ha prodotto alcuni fra gli attaccanti più interessanti d'Italia e Padovan si candida a seguire le orme di Sebastian Giovinco e Ciro Immobile. Prima di esser pronto per la Serie A ci vuole ancora un po' di pazienza, ma le premesse per una carriera da protagonista ci sono.

Celtic-Juventus, le mosse tattiche per forzare il Celtic Park


Una Juventus tatticamente perfetta ieri sera, corta e rapida nelle ripartenze. Conte è stato bravo a non cadere  nel tranello di  Neil Lennon, che aveva preparato una partita da giocare a ritmi vertiginosi. Una scelta per altro intelligente, perchè la partita con la Fiorentina ha chiaramente mostrato che senza un gioco veloce ed un uomo su Pirlo, i bianconeri controllano la gara. Ecco allora che lo scozzese ha scelto, per limitare il numero 21, un pressing esasperato sulla trequarti. Scelta efficace per limitare il regista bresciano, meno per coprire la difesa, che ad ogni lancio lungo andava in difficoltà.
Giocare in Scozia, per quanto l'avversario non fosse certo blasonato, è difficile. Tanto più con una squadra che corre e pressa a ritmo forsennato, che non fa ragionare Pirlo e che non toglie mai la gamba. Ma la Juventus si è sistemata in campo molto bene, quadrata ed organizzata. E' bastato un lancio in verticale per trafiggere la difesa bianco-verde, complice un Ambrose davvero imbarazzante ed un Matri in versione "cobra". Il resto l'hanno fatto i difensori, il tempo e la stanchezza. I centrali bianconeri, Caceres su tutti, hanno offerto una prova perfetta, concedendo poco o nulla ad una squadra che faceva dell'impeto il suo marchio di fabbrica. Un impeto, una passione, una forza che fisiologicamente doveva calare. Ecco allora il favoloso goal di Claudio Marchisio, figlio di un bel dribbling ed una conclusione potente e precisa. Infine la rete di Vucinic, ispirata da un sontuoso "Principino" che si merita tutti gli applausi del caso.
Per gli scozzesi, e per il pubblico del Celtic Park, una serata da dimenticare. Iniziata con tante aspettative ed una coreografia originale e di gran classe, si è trasformata in un vero incubo. A Glasgow erano caduti tutti, persino il Barcellona di Messi ed Iniesta, ma non gli uomini di Conte.
Lecito chiedersi dove possa arrivare questa squadra, ma non credo si possa fare una previsione. Conte e i suoi ragazzi hanno dimostrato di poter battere chiunque, ma che con un passaggio a vuoto possono andare in difficoltà anche con compagini meno blasonate come il Nordsjelland o le genovesi. E allora testa alta, concentrazione a mille e palla a terra. Sarà il campo a dire fin dove si spingerà questa Juventus.

12 febbraio 2013

Balotelli-Inter, è guerra aperta


Le frasi postate ieri da Mario Balotelli si commentano da sole. Su un noto social network (Facebook), SuperMario ha scritto: "Meglio essere una scimma con tanti soldi che un coglione della vostra curva. Dimenticavo... Una città, due colori e 7 Coppe dei Campioni". E ancora: "Ai primi cori razzisti sarà 0-3 a tavolino...".
Io non sono mai stato un fan di Balotelli, ma devo dire che la situazione, vista dall'esterno, è abbastanza comica. Mi auguro che questo non significhi incidenti o botte allo stadio, ma se rimane nel campo degli sfottò va bene. Basta giocatori burattini, vedere qualcuno che scrive e dice ciò che pensa non mi dispiace. Anche perchè Mario non lo fa in curva o davanti ai capi ultras, ma dalla comoda poltrona di casa. Cosa significa? Che pensa davvero ciò che ha scritto, senza l'influenza di una massa di persone che mette pressione.

Icardi vs Balotelli. Il derby di Milano riaccende la passione


L'Inter ha in mano Icardi. Luglio non è domani ma è già vicinissimo, perché il club di Massimo Moratti si è mosso in maniera decisa e decisiva sul talento più brillante del campionato, l'argentino ex Barça e amico di Leo Messi, il sampdoriano più quotato del momento, il centravanti che il Napoli ha tentato di strappare nell'ultimo giorno di gennaio e che l'Inter avrà per la prossima stagione. L'operazione si farà per una cifra attorno ai 15-16 milioni di euro più premi: e questo non significa affatto che Milito saluterà. Anzi. Dopo aver assestato il colpo-Kovacic, e ben sapendo che Rocchi è una soluzione per l'immediato, l'Inter ha deciso di dare muscoli e talento al proprio reparto offensivo con qualcuno che sia il presente e di prospettiva: Icardi sta esplodendo adesso con colpi già sicuri ma pur sempre da perfezionare, il costo del suo cartellino si aggirerà attorno ai 15 milioni di euro, spesa ponderata e sensata perché il suo valore (tecnico e sul mercato) sarebbe destinato a impennarsi. Come quello di Kovacic, tassello che ha un chiaro profilo d'investimento. Il progetto voluto da Moratti e guidato da Andrea Stramaccioni, Marco Branca e Piero Ausilio è perfettamente inquadrabile anche con lui, Mauro Icardi, vent'anni fra una settimana, centravanti dinamico. Vero è che il Napoli non avrebbe totalmente mollato l'idea di poterlo avere, ma oltre all'assalto fallito a fine gennaio (aveva offerto 12 milioni) ha ancora il dubbio legato a Cavani (resta o va?) e il cruccio legato alla volontà (pesantissima) del giocatore. De Laurentiis, si sa, ha già speso parole d'apprezzamento verso l'argentino. E la volontà di Icardi (il cui idolo è Batistuta) è l'Inter: perché è cresciuto nel mito della colonia argentina, perché stare con Milito equivale a svegliarsi (e ovviamente allenarsi) con un'enciclopedia del calcio, perché il suo profilo è perfettamente aderente alla nuova faccia che via via l'Inter si sta dando. Insomma: se a fine gennaio non è stato fatto niente con il Napoli è anche perché il ragazzo (che fu convinto da Leo Messi a firmare per il Barcellona) ha in mente l'Inter. E l'Inter, capito questo, ha sgommato verso la chiusura dell'affare anticipando la concorrenza anche europea. Inter che, a fari spentissimi, ha già pianificato l'affare che come ultimo ostacolo avrebbe solo la modalità di pagamento: in linea di massimo andrebbero 8 milioni cash alla Samp più una contropartita tecnica. Tutti gli indizi portano a Silvestre, che già nella sessione di gennaio era stato cercato (con secco rifiuto) dai blucerchiati. Poi è chiaro che la lista dei baby targati-Inter è lunga e valida, e in quella lista potrebbe anche esserci un giocatore da prestito o comproprietà per limare ulteriormente le distanze fra i due club. Il valore totale di Icardi, insomma, si attesterebbe attorno ai 15-16 milioni più premi, un affare da prospettiva e da attualità per il famoso rapporto qualità-prezzo, profilo che un pur top player come Edin Dzeko (per costi, richieste e una Champions che chissà se arriverà) non avrebbe offerto. L'ipotesi di contratto per Icardi è fino al 2017 a un milione di euro a salire (ora ne guadagna 150.000 lordi l'anno): l'argentino ha rifiutato il rinnovo dell'attuale accordo fino al 2015 con la Sampdoria, scatenando di fatto Juventus (solo un sondaggio), Napoli e, in maniera decisiva, l'Inter. Inter che però non si ferma qui: fatta per Hugo Campagnaro in regime di svincolo con il Napoli, ma resta sempre viva l'ipotesi legata ad un altro argentino, Gino Peruzzi, terzino classe '92 del Velez che è considerato l'erede di Zanetti. Per chiudere, occhi su Vladimir Weiss, esterno offensivo slovacco del Pescara. Mettiamola così: l'Inter si è messa avanti col lavoro. Il rinnovamento continua.

(gazzetta.it)

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