Non ho parlato di quanto accaduto in Olanda volutamente. Ho avuto bisogno di un paio di giorni per metabolizzare questa tragedia, che ha irreparabilmente macchiato il nome del calcio. Uno sport fantastico, unico, che amo e amiamo con un calore inimmaginabile, ma che ora è sporco di sangue. Il brutale omicidio di Richard Nieuwenhuizen da parte dei tre ragazzini olandesi ci deve far riflettere. Dobbiamo capire chi siamo e dove vogliamo andare, perchè la bussola è ormai smarrita. Se tre quindicenni uccidono a calci e pugni un signore di 41 anni per una partitella giovanile, questo deve imporci una profonda riflessione. Non sul calcio, visto troppo spesso come un male sociale, ma sul modo in cui vengono educati i ragazzi, a casa, a scuola e nello sport. Troppo semplice prendersela con il calcio, che con questo tipo di violenza non ha nulla a che fare.
Dice bene Sepp Blatter, presidente della FIFA, quando dichiara che "la violenza è un problema di tutta la società e per questo può verificarsi anche sui campi di calcio. Ma questo sport è una forza del bene anche grazie all'esempio e agli sforzi di persone come Richard Nieuwenhuizen". Lo sport è bene, il calcio dev'essere un'isola felice per tutti. Per chi lo pratica, per chi lo guarda, per chi lo vive.
Com'è possibile che dei ragazzini possano macchiarsi di un omicidio tanto efferato? Con quali valori sono cresciuti, con quali modelli? Dobbiamo agire, pulire la società o quantomeno il mondo del calcio. Devono essere allontanati ed isolati i violenti, in campo e fuori. Ma è un'azione che non dev'essere perpetrata a posteriori, come successo in Olanda, si deve prevenire.
Da anni si dice che lo stadio deve tornare ad essere un posto per tutti, ma com'è possibile pensarlo? I fanatici, quelli che con lo sport non hanno nulla da spartire, sono infiltrati ovunque. Sono arrivati persino ad infangare il calcio giovanile, ma adesso basta. Stop alle risse sugli spalti fra genitori esagitati, fermiamo chi va allo stadio per il solo gusto di insultare ed offendere. Che sia fatto con cori o striscioni, non è ammissibile che si insultino i morti, si espongano vessilli razzisti o s'inneggi alla morte.
La vita di ogni essere umano è fatta di gioie e dolori, soddisfazioni e delusioni. Il calcio dev'essere amore, passione, gioia, felicità. Non importa quale maglia si indossi o quale coro si canti, ci dev'essere rispetto. Questo non significa che non possano esistere gli sfottò, ma fra la bonaria presa di posizione e l'insulto corre una linea piuttosto evidente, che viene oltrepassata con giubilo dall'ignoranza delle persone.
Chi va allo stadio o in campo per picchiarsi ed insultarsi non merita di far parte di quella grande famiglia che è il mondo del calcio. Questa dev'essere un "locus amoenus", in cui trascorrere con amici, famiglia e compagni il proprio tempo libero. Tutto il resto è specchio di una frustrazione recondita, di un'instabilità mentale e una capacità di ragionamento più simile a quella di una bestia che ad un uomo.
Per i tre assassini olandesi mi auspico l'ergastolo, perchè non ci possono essere attenuanti, nemmeno quelle legate alla giovane età. Ma il problema va affrontato di petto, in tutti gli stati e tutti i contesti sociali. Eliminiamo la violenza dal calcio, e restitugliamogli la sua vera e unica dimensione: quella del gioco.
3 comments:
Senza parole
pazzesco
uno non piu andare a fare la spesa al giorno d'oggi.
si stava meglio quando si stava peggio.
non trovo lavoro non trovo parcheggio.
è colpa dei videogiochi violenti.
non ci sono piu le mezze stagioni
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