Correva l'anno 2003. L'uragano Erika spazzava via le coste messicane, mentre il Bel Paese era sconvolto dalla seconda partecipazione in Serie A dell'Ancona.
Troppo semplice e ingiusto parlare del fallimento marchigiano, ben più interessante è invece focalizzare la nostra attenzione su una delle coppie più strane che la nostra Serie A abbia mai visto.
In una compagine senza ne arte ne parte, un'accozzaglia di vecchie glorie e giocatori sopravvalutati, spuntavano come i funghi nel bosco un giovane Goran "belli capelli" Pandev e Mario "tutti a tavola" Jardel.
Un macedone in rampa di lancio e un brasiliano pronto per la pensione, talmente in sovrappeso da cadere in un contatto spalla a spalla con Giovinco.
Non sorprende quindi che l'Ancona, che fra gli altri si avvaleva delle gesta di gente del calibro di Daino, Maini, Helguera (Luis, il fratello scarso di Ivan), De Falco e Grabbi, sia retrocessa nell'ignominia generale.
Goran Pandev, approdato in riva al Conero a 20 anni e con ancora qualche capello sulla cucuzza, doveva essere la giovane scommessa. Cresciuto nelle giovanili dell'Inter, era reduce da una stagione con lo Spezia, in cui aveva realizzato 4 reti in 22 presenze. Con davanti campionissimi del calibro di Maurizio Ganz, Christian Bucchi, Pietro Parente e Paolino Poggi, Pandev riesce a ritagliarsi i suoi spazi senza troppi problemi.
Del parco attaccanti a disposizione dei mister anconetani, Goran il macedone è forse l'unico a non allenarsi col girello, riuscendo a schivare in allenamento i temibili tackle di Fabio Bilica e Mauro Milanese, incitati da un Bruce Dombolo di cui francamente non si ricordava la carriera nemmeno il suo più fraterno amico.
Pronti via, l'Ancona si sgretola come l'impero Parmalat sotto la guida di Callisto Tanzi. Nel girone d'andata i marchigiani si affidano alla coppia Hubner-Ganz in avanti, con Pandev pronto a subentrare. In 17 partite l'Ancona riesce a racimolare il misero bottino di 5 punti, e Goran inizia lentamente a perdere i capelli. Non potrebbe essere altrimenti, vedere in campo Gimmy Maini, Vincenzo Sommese e William Viali (in goal con la Juventus) è un incubo che nemmeno in un film dell'orrore di bassa lega. A Bologna, nella solita sconfitta domenicale, scontata più di un over 3,5 al pendolino di Maurizio Mosca, Pandev illumina. Prende palla, salta tre uomini e tira una minella sotto l'incrocio del secondo palo. Un goal fantastico, in una partita segnata dalle autoreti del solito Fabio Bilica, che nemmeno i suoi amici vogliono più avere in squadra, e l'ex Napoli Troise, che ha degnamente chiuso la carriera nel Panthrakikos Komotini.
A gennaio la svolta. l'Ancona, che raschia il fondo della classifica meglio della Concordia di Schettino, decide di acquistare un grande campione. Quando il sito della società annuncia l'accordo con Mario Jardel, la folla è in delirio. Con le maglie di Porto, Galatasaray e Sporting Lisbona ha segnato qualcosa come 242 reti in 198 partite, tanto da conquistare per due volte la Scarpa d'oro. Nell'estate del 2003 era passato al Bolton, in Premier League, dove ha sperimentato sulla sua pelle la pessima cucina inglese. Fra una Guinness e un fish and chips, Jardel gioca 7 partite e segna 0 reti in Premier. Accetta di giocare in riva all'Adriatico dopo aver letto entusiastiche recensioni sulla cucnia locale, perchè Marione ha un solo obiettivo: sforare i 120 kg.
L'esordio della coppia Pandev-Jardel si consuma alla Scala del calcio. In quel di San Siro, in una fredda domenica di gennaio, i nostri eroi giocano assieme una manciata di minuti. Nonostante la pettinatura di Pandev e la sbudrella di Jardel, il Milan passeggia comodamente sui resti dell'Ancona, sconfitto per 5-0 fra una fetta di panettone e un sorso di Nustranell.
Vedere Jardel correre al campo di allenamento è come trovare un'oasi nel deserto del Gobi, e Goran Pandev vede la sua criniera affievolirsi sempre più. Con l'approdo di Galeone in panchina, l'Ancona si trascina stancamente verso un'inevitabile retrocessione, la più meritata della storia del calcio italiano. Jardel, nel frattempo, ha pienamente raggiunto il suo obiettivo, tornando in Sud America con una valigia ricolma di soldi e prodotti tipi della gastronomia marchigiana. Goran Pandev, invece, ormai sull'orlo della depressione, tira un sospiro di sollievo per la fine dell'incubo Ancona. Trova un ingaggio alla Lazio, dove riesce a rilanciare la sua carriera.
Tutto è bene quel che finisce bene.
0 comments:
Posta un commento