Giocare contro il Real Madrid non capita tutti i giorni. Ci sono squadre che rappresentano il calcio nella loro essenza, il Madrid è una di queste. Già, il Madrid. In Italia siamo soliti apostrofarlo come "il Real", ma per gli spagnoli esiste solamente "il Madrid", quella squadra capace di vincere 9 volte la Coppa più ambita. La squadra che ha fatto la storia del calcio e che evoca in me ricordi agrodolci.
Come quando la Juventus trovò gli spagnoli sulla sua strada nel '96, eliminandoli ai quarti di finale in un epico duello. A Madrid era stato un giovane fenomeno a "matare" la Juventus, quel Raul Gonzalez Blanco che avrebbe poi fatto parte della storia del calcio e del Madrid.
Ma la Juve di Lippi era squadra tosta, che pur non schierando solo fenomeni sapeva il fatto suo e non si arrendeva di fronte a niente e nessuno. Ecco perchè un altro giovane campione, Alessandro Del Piero, riaprì la qualificazione nel ritorno di Torino; ed un Michele Padovano ancora lontano da quei tristi vizietti, stese gli spagnoli battendo Canizares per la seconda volta nella stessa notte.
Ma anche la cocente sconfitta nella finale di Amsterdam, con la Juventus nettamente favorita e tornata a casa per il secondo anno consecutivo con le pive nel sacco. Una finale strana, tesa. Decisa da un goal in fuorigioco che, ancora oggi, fa gioire mezza italia e getta nello sconforto tutto il resto dello Stivale. Me compreso. Ancora sogno la notte il braccio alzato di Paolo Montero, quella palla sporca calciata da Mijatovic che lentamente s'insacca in rete. Lo slavo che alza il dito al cielo e corre ad esultare, raccogliendo l'abbraccio dei compagni. Del Piero che si avvicina alla panchina, si fa massaggiare la coscia e sparisce dal gioco, infortuna, proprio quando la squadra avrebbe avuto più bisogno del suo campione, del suo futuro capitano.
O la vittoria targata Trezeguet, Del Piero e Nedved nell'aprile del 2003. Una vittoria che aveva caricato tutti i tifosi bianconeri, ebbri di gioia per una delle partite più pazzesche di sempre. C'era da rimontare il due a uno patito al Bernabeu, con i goal di Ronaldo, Trezeguet ed un Roberto Carlos sempre letale. E gli uomini di Lippi lo fecero, eccome. Scendendo in campo con una furia agonistica straordinaria, in un Delle Alpi stracolmo e carico di tensione positiva. E ancora oggi ho negli occhi la sponda di Del Piero ed il goal di Trezeguet; il magico aggancio del capitano in area di rigore, la doppia finta a sedere Hierro ed il collo destro a battere Casillas sul primo palo. Come la parata di Buffon sul rigore del portoghese Figo, prima del definitivo tris di Pavel Nedved e del goal della bandiera di uno Zidane fischiato, ma in possesso di un'eleganza unica.
Eppure, anche in quella vittoria, c'è quel senso di amarezza che accompagna tutte le sfide con il Real, per quella maledetta ammonizione di Nedved, costatagli la finale poi persa ai rigori contro il Milan.
Infine, la doppia sfida del 2008, con sei punti pesantissimi e l'illusione che la Juventus fosse tornata la Vecchia Signora che ho sempre amato. Un 2-1 in casa, firmato da Del Piero e Amauri, con il goal di un centravanti fantastico come Ruud Van Nistelrooy a rendere meno amara la lezione di calcio per il Madrid. E, soprattutto, l'impresa al Santiago Bernabeu, firmata dall'unico calciatore bianconero che avrebbe potuto godere di una standing ovation in quello stadio tanto esigente: Alessandro Del Piero. Un onore concesso a pochi, pochissimi campioni, ma meritato per un calciatore capace di stendere da solo il Madrid con una doppietta, prima di salutare e ringraziare il pubblico spagnolo, che gli riserva un applauso lungo e fragoroso.
Questo è giocare contro il Real Madrid per me. Sfidare i campioni, in gare maschie, corrette e combattute rende questo gioco e questo sport magico. La storia del calcio si fa anche questa sera.
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