Essere il centravanti straniero ad aver fatto più goal nella storia di un club non è roba da tutti i giorni in Italia. Ancor meno comune se quella squadra è la Juventus, la società più titolata d'Italia.
David Trezeguet nasce a Rouen, in Francia, il 15 ottobre 1977. La famiglia è argentina, madre, padre e sorella son tutti originari del Sud America, ma il papà, che è stato un calciatore, ha militato per quattro stagioni nel Rouen, proprio dov'è nato il piccolo David.
Trézéguet, tornato in tenera età in Argentina, cresce nelle giovanili del Platense. La Francia è però nel suo destino, tanto che a diciassette anni il Monaco lo porta sulle assolate coste del Principato. "È stato Jean Tigana a scoprirmi e, ritrovarmelo come allenatore, è stato un onore per me. Era uno a cui piaceva il bel calcio ed io mi sono adattato subito al suo sistema di gioco, alla sua mentalità. Al Monaco, però, avevo diciassette anni, mi allenavo con la prima squadra e poi, magari, al sabato andavo in panchina con la prima squadra e la domenica tornavo a giocare con la Primavera", ha raccontato Trezegol.
A metà anni '90 inizia a giocare con i monegaschi, scalando piano piano le gerarchie del club. Nel 1997/98, anno del Mondiale in casa, l'esplosione. In coppia con un certo Thierry Henry incanta in Ligue 1, con 18 goal in 27 partite. Giovanissimo ma completo come pochi attaccanti al mondo, Trezeguet ha tutte le caratteristiche del centravanti moderno: controllo palla, lucidità e senso del goal. Fortissimo di testa, calcia indifferentemente con entrambi i piedi, da dentro o fuori dall'area. Con la maglia del Monaco segna una tripletta e quattro doppiette, vince uno scudetto e si laurea campione d'Europa con l'Under21 d'oltralpe.
Il commissario tecnico Jacquet lo inserisce insieme al compagno di reparto nel giro della Nazinale maggiore, ed il capitano Deschamps (suo futuro compagno) spende parole al miele: "Trézéguet ha delle qualità incredibili, in area possiede una freddezza inconsueta. Sarà un grande attaccante".
Con i blues debutta il 28 gennaio 1998 contro la Spagna allo Stade de France, giocando venti minuti al posto di Guivarc’h.
"Ho fatto il mio esordio contro la Spagna, sono entrato venti minuti. In otto mesi sono rientrato anche tra i convocati della Nazionale dei Mondiali 1998. È stata dura fino alla fine, perché la lista era composta da 28 giocatori e poi cinque non sono stati scelti dal Mister. Un colpo duro per quelli che sono andati via, penso che non sia semplice per nessuno. Ho fatto parte di quel gruppo che ha fatto la storia: il Mondiale vinto in Francia, dopo la finale vedere due milioni di persone tutte insieme, senza dimenticarci che la Francia è un posto più particolare, a livello di razzismo, e veder tutti uniti penso sia stata una grandissima vittoria per tutta la Francia".
Con i transalpini gioca i Mondiali del 1998, laureandosi Campione del Mondo, ed imponendosi sulla scena calcistica mondiale. Il Monaco riesce a trattenerlo ancora per due stagioni e Trézéguet non sbaglia un colpo.
Il padre, che gli fa da procuratore, riceve una timida offerta dal Milan che Campora, presidente del Monaco, non ritiene degna di attenzione.
David vuole l'Italia e fa pressione sulla dirigenza monegasca, dichiarando a chiare lettere il suo amore per la Serie A. Dice di ammirare Ronaldo e Totti e che il suo modello è Batistuta: "Sono cresciuto con l’immagine di Maradona, i miei primi ricordi sono stati i Mondiali del 1986 in Messico; però devo dire che per il mio posto sicuramente è stato Batistuta quello che mi piaceva di più, perché era un attaccante molto forte, aveva l’immagine del giocatore bello da vedere. Parlando calcisticamente, la cosa più bella che mi è capitata è stato ritrovarlo, lui nella Roma ed io nella Juventus; è stato un momento bello da ricordare perché negli anni passati stavo a guardarlo davanti alla TV".
E' la Juventus di Luciano Moggi che riesce a garantirsi le prestazioni del giovane bomber, scucendo un assegno a nove zeri. Trézéguet approda a Torino con al collo la medaglia d’oro dell’Europeo (grazie al suo “Golden Gol” contro l’Italia) e con la benedizione di Zidane e Deschamps, suoi compagni in Nazionale.
"Sono arrivato a ventidue anni in mezzo a tanti attaccanti eccezionali, come Del Piero, Inzaghi, Kovacevic, Esnaider, Fonseca; l’importante, all’inizio, era cercare di imparare da loro, avere la fiducia dell’allenatore e di tutto il gruppo".
Trézéguet, all’inizio, fatica a trovare spazio, chiuso dalla storica coppia Del Piero-Inzaghi. I rapporti fra i due, però, si fanno sempre più tesi, e Ancelotti da progressivamente più fiducia al centravanti di Rouen, che lo ripaga con 15 reti.
L'anno successivo Ancelotti viene sollevato dall'incarico e sulla panchina della Signora torna Marcello Lippi, con cui si instaura un perfetto idillio che porterà la Juventus allo Scudetto. "Il momento più bello è stato quando ho vinto il primo scudetto con la Juventus, per come è venuto, all’ultima giornata, con il sorpasso sull’Inter ad Udine, in uno stadio pieno; un traguardo che la squadra non riusciva a raggiungere da alcuni anni. Per me, poi, era stata un’annata molto positiva, avevo segnato tanto vinto la classifica dei cannonieri; un obbiettivo che uno juventino non raggiungeva da quasi vent’anni, dai tempi di Platini".
A cavallo fra il 2002 e il 2006 colleziona tante gioie e tante vittorie, mitigate dalla delusione in Champions League. Nella finale tutta italiana di Manchester, Trezeguet si fa ipnotizzare da Dida, tornando a casa senza la tanto agognata Coppa dalle grandi orecchie.
"Le due reti con il Real Madrid le ricordo per la bellezza, e poi perché il Real Madrid è sempre stata la squadra da battere. Avevamo davanti giocatori come Figo, Ronaldo, Zidane e noi, con le nostre armi, siamo riusciti a fare due partite di un livello straordinario; ho avuto la possibilità di segnare sia all’andata che al ritorno e, per questo, quella col Real rimane una delle più belle partite della mia carriera. Mi ha deluso tantissimo la finale di Manchester; era quello che ci chiedevano tutti i tifosi, è il mio più grosso rammarico fino ad oggi. Mentalmente mi sono detto: ritornerò a giocare una finale. In realtà non ci sono più tornato e, con il tempo, sta diventando un peso, perché la Champions è la competizione più bella, in cui giocano le squadre più forti. Quell’anno, abbiamo vinto il campionato con quasi venti punti in più del Milan e non è vero che il Milan aveva più fame di noi; il Milan non meritava più di noi. Purtroppo i rigori sono una questione anche di fortuna. Io ho tirato, ho sbagliato e mi sono preso le mie responsabilità, ma quello penso che faccia parte del calcio. Ho più rammarico di avere sbagliato questo rigore rispetto a quello del Mondiale, perché questa squadra la sento mia, qui ho vissuto i momenti più belli e più brutti di questa società e, quindi, spero di poter arrivare a disputare un’altra finale di Champions. E se ci sarà un rigore, lo tirerò di nuovo, perché per me sarà una rivincita".
I rigori non sono nel suo destino e nel 2006 lo dimostra ancora una volta. In Germania disputa i Mondiali con la maglia della Francia, ma a causa di forti incomprensioni con l’allenatore Raymond Domenech, viene schierato solamente in due partite. Entrato all’undicesimo minuto del primo tempo supplementare contro l’Italia, è tra i rigoristi della partita. Il suo tiro colpisce la traversa e rimbalza fuori. Buffon gioisce insieme a tutti noi italiani, David guarda sconsolato il pallone rotolare verso di sè.
"Ho vissuto un Mondiale molto difficile, perché erano sempre gli stessi undici che giocavano e gli altri erano da parte. Io ho la visione di gruppo diversa; se un gruppo è composto da ventitré giocatori, l’allenatore deve stare più attento a quelli che non giocano. Ed, in Germania, non era così. Sono dispiaciuto per i miei compagni per il rigore sbagliato. Personalmente, niente di più e niente di meno. È stato, per me, un Mondiale negativo dall’inizio alla fine. Ero dispiaciuto per quei giocatori che erano sempre in campo. Non ho mai sentito la fiducia nei miei confronti ed in campo si è anche visto; però, sono rimasto sempre tranquillo perché ho sempre dato il massimo per la Nazionale".
Tornato in Italia dalla delusione Mondiale, ecco la Serie B con la Juventus. Un cavaliere non lascia mai la sua Signora dicono, e così Trezegol decide di rimanere a Torino.
"Le motivazioni erano poche per me come per gli altri, per la società stessa e per i tifosi. Nessuno meritava di disputare un campionato di Serie B. Però, ci siamo trovati in quella situazione, calcisticamente non è stata un’esperienza né positiva, né negativa. Ci siamo ritrovati dei giovani che l’anno prima erano in Primavera. Abbiamo creato un gruppo molto più umano, perché le aspettative erano diverse; la cosa positiva è che siamo risaliti subito in Serie A".
Non è una grande stagione per David; non sempre riesce a trovare gli stimoli necessari ed il suo score è di 15 reti in 32 partite. Nell’ultima partita stagionale, contro lo Spezia, si rende autore di un gesto polemico verso la società. Sivolta verso il pubblico e, con le mani, fa un gesto eloquente: "Ne ho segnati 15 e mi mandano via!»
Tutto presuppone che David debba lasciare la Juventus, destinazione Barcellona, ma l'amore fra David e la Juventus non è ancora finito. Dirigenti e David si siedono ad un tavolo e trovano l'intesa per il rinnovo del contratto. "Ho fatto una scelta decisiva per la mia carriera e per la mia vita". Quasi a confermare queste parole, nella stagione che segna il ritorno in serie A della Juventus, David mette a segno 20 reti, sfiorando la vittoria nella classifica cannonieri, preceduto solamente dal compagno di una vita, Alessandro Del Piero. Lo stesso numero 10 che, all'indomani del suo addio alla Juventus e a Torino, gli dedica parole al miele.
"Caro David,
è arrivato il momento di dirsi ciao. Ho perso il conto delle stagioni che abbiamo giocato insieme e dei goal che abbiamo fatto. Di sicuro, siamo la coppia che ne ha segnati di più nella storia della Juventus, più di Charles e Sivori (due immensi campioni) e questo lo sai bene è un grande orgoglio per entrambi.
Quante formazioni in questi anni finivano così: Del Piero e Trézéguet, Trézéguet e Del Piero. Quante vittorie, quante delusioni (per fortuna, molte meno delle soddisfazioni che ci siamo tolti), quanti abbracci: non c’è altro compagno con cui io abbia giocato di più.
Diciassette goal all’anno di media, come il tuo numero di maglia: questo basta per dire che bomber sei. Ma per me che ho giocato al tuo fianco, non c’è bisogno di numeri. Ritengo sia stato un onore fare coppia in campo con uno dei più grandi attaccanti del mondo, in assoluto.
Adesso le nostre strade si dividono, nel calcio succede. Ti saluterò nello spogliatoio, ma mi fa piacere farlo anche pubblicamente: in bocca al lupo per la tua nuova avventura. Avremo tanti bei ricordi da condividere, la prossima volta che ci vedremo."
Il 21 agosto 2010 è un giorno triste per tutti i tifosi bianconeri, poichè arriva la conferma del trasferimento di Trezeguet all’Hercules Alicante, città di origine della moglie. David sveste dopo 10 intensi e meravigliosi anni la maglia numero 17 della Juventus. I suoi numeri parlano chiaro: 320 presenze, 171 goal, miglior marcatore straniero della stori).
"Dieci anni nella Juve, è stata una grande storia d'amore. Io David Trézéguet resterò per sempre tifoso della Juve. Anzi, il giorno in cui la squadra bianconera vincerà lo scudetto andrò a Torino e chiederò alla famiglia Agnelli di inventare una maglia con la terza stella. E sarò il primo ad indossarla. I due titoli che ci hanno tolto sono stati una clamorosa ingiustizia. Lo penso io, lo pensa chi ama la Juve, ma ne sono convinti anche i giocatori dell'Inter con i quali ho parlato. L'ultima Juve riparte quasi da zero. Una scelta coraggiosa. Però bisogna avere il coraggio di dire alla gente bianconera che ci vorrà un po' di tempo per tornare a essere la squadra da battere. Da amico della Juve penso che sarebbe bellissimo riconquistare la Champions e centrare l'Europa League. Sarebbe una stagione da dieci. Lo scudetto è pane per Inter e Milan. È bello vedere Andrea Agnelli presidente. Io sono cresciuto nel mito dell'Avvocato. Quando veniva al campo eravamo tutti imbambolati. Come se lui avesse vinto dieci mondiali, dieci Champions, dieci scudetti. Andrea Agnelli dovrà ricreare la stessa magia con i più giovani. La mia più bella vittoria nei miei dieci anni in bianconero è stata la promozione dalla B alla A. Una fantastica esperienza di vita. I tifosi ci consideravano degli eroi perché avevamo scelto di restare. Si sentiva stima, amore. Ed intorno a noi abbiamo visto crescere dei ragazzini che oggi sono dei grandi giocatori. Penso a Chiellini, a Marchisio. Se qualcuno credeva di ammazzare la Juve scaraventandola in Serie B allora ha proprio sbagliato tutto. Quell'esperienza ha reso ancora più grande il mondo Juve".
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