Esperto di Calcio

20 giugno 2013

Italia-Spagna. è sfida vera. "Un anno di tempo per vendicare queste maledette 8 pere"

Un applauso ad Alfredo De Vuono, direttore editoriale di Fantagazzetta, amico e collega stimato. Questo pezzo è bello, interessante, attuale e racchiude tutto ciò che gli italiani, quelli che amano il calcio e la nazionale, pensano. Forza Azzurri, sempre e comunque.

La prima volta che misi mano ad una tastiera - già digitale, ovviamente: non mi farete mica così vecchio ? - per scrivere di calcio su un giornale, gli Europei dei giovani si giocavano ancora negli anni pari.
L'Under 21. Mi ha sempre affascinato almeno quasi quanto la Nazionale maggiore. Sarà proprio perchè iniziai così, o forse perché il grosso dell'unica Italia campione del Mondo che ho avuto il piacere (e l'onore) di festeggiare, praticamente, l'ho vista crescere mediante le varie Under dell' "infanzia" del mio indottrinamento calcistico.
Per non parlare dell'innato, ma recondito, fascino che poteva evocare, in me, lo scrivere di ragazzi che avevano solo pochi anni in più del sottoscritto. Io un liceale alla caccia di storie da raccontare; loro post-liceali che sognavano che le loro storie venissero raccontate: nulla di meglio.

Era il biennio che avrebbe poi portato alle attesissime Olimpiadi di Sydney del Giubileo. Il gruppo, da poco lasciato anche da uno dei tanti, fulgidi, esempi morali del nostro calcio come Cesare Maldini, aveva peraltro appena salutato l'esperienza azzurrina dei vari Inzaghi, Del Piero, Vieri, Totti, Nesta, Zambrotta e Buffon: tutti, per meriti già acquisiti, inevitabilmente già in maggiore, oppure per sopraggiunti limiti di età.
In tanti - compreso il sottoscritto - credevano o forse già sapevano che a quel blocco straordinario, capace di chiudere ancor meravigliosamente il cerchio magico dell'Under degli anni '90, sarebbe mancato poco per diventare una compagine che avrebbe fatto la storia.
Quel poco che gli mancava, ovviamente, ancora doveva venire. Ed apparteneva alla squadra che Tardelli cercava, faticosamente, di ricostruire dopo l'ampio girovagare di stelle di mastodontiche proporzioni.

La squadra venne rifondata puntando tutto, in attacco, su un ventenne di fresco proscenio - Andrea Pirlo - che poi sarebbe divenuto il migliore regista del nuovo millennio; con una congrega di mediani di rottura ed impostazione - Gattuso, Ambrosini, Perrotta, Baronio - che si sarebbe poi unito al gruppo azzurro del futuro; due punteros di assoluta affidabilità - Ventola e Comandini - che le sfortune poi avrebbero semi-nascosto alle alte sfere del pallone, e qualche sfumata promessa come Mezzano, Zanchi, Grandoni, Coco, Vannucchi e Cirillo. In porta, due attuali protagonisti della Serie A ed ex azzurri come Abbiati e De Sanctis. Qualcosa di meno delle Under di Cesarone, qualcosa in più, forse, di tutte quelle che gli sarebbero succedute. Quella squadra vinse, e dominando, il pur difficilissimo Europeo di categoria, nel 2000. Con Pirlo capocannoniere della competizione, e prossimo a diventare faro, metronomo e riferimento cardinale unico ed imprescindibile oltre che del Milan anche del calcio occidentale.

La squadra di Devis Mangia me la ricordava tantissimo. Non tanto per l'impostazione tattica (quel gruppo giocava un 4-3-1-2 assai rigido, molto italiano; Mangia ha storicamente impostato il 4-4-2 tutto scambi, pressing e squadra corta di sacchiana memoria) quanto per lo spirito. Anche allora molti dei ragazzi di Tardelli erano già in maggiore, con la testa all'Europeo di Belgio e Olanda, quando avrebbero anche potuto giocare con i loro coetanei; e viceversa molti dei migliori dell'Under a breve avrebbero chiuso il proprio percorso per approdare nell'Italia dei grandi.
Un processo di vicendevole commistione che, da allora, praticamente non s'è mai ripetuto.
I "piccoli" già grandi, ed i "grandi" ancora piccoli. Le Nazionali di Trapattoni, Lippi e Donadoni, d'altra parte, non hanno mai avuto particolare devozione rispetto all'aria fresca che proveniva dalle nostre giovanili; esse stesse, d'altronde, di rado hanno saputo produrre oggetti appetibili.

Non i ragazzi di Mangia. Faranno strada, tutti.
Hanno saputo ripartire da zero dopo una gestione che aveva portato scarsi risultati; hanno affrontato la competizione senza alcuni dei loro componenti più prestigiosi, sono arrivati sino in fondo e si sono dovuti inchinare solo ai migliori di tutti. Agli invincibili - o quasi -, verrebbe da dire. A coloro che, praticamente in tutti gli sport, stanno vivendo il momento migliore della loro storia. La Nazionale spagnola, tanto giovanile quanto maggiore, è di certo la più forte della storia delle furie rosse, e la fucina di talenti che gli iberici continuano a sfornare praticamente non vuole saperne di cessare di funzionare. Buon per loro: tràttasi di successi ampiamente meritati.

La nostra, però, non è stata una sconfitta come tutte le altre. La scintilla di alcune stelline, certo, non s'è accesa, perché offuscata dal bagliore incontenibile degli avversari: ma ciò non significa che non tornerà a farlo, in futuro.
Verratti, Insigne, Florenzi, Borini, Gabbiadini, Saponara, Regini e Bardi sono già pronti per vestire l'abito della festa anche nelle competizioni internazionali "dei grandi", e presumibilmente sia a livello di club che di Nazionale.
A quel punto sarà il 2014, ed a Rio Prandelli avrà tremendamente bisogno di ragazzi da accostare ai suoi pezzi di storia, per poter disporre del più classico dei mix generazionali ben assortiti. Molti di loro verranno dalla squadra che ieri ha preso quattro bastonate dalla Spagna, gli altri, i vecchietti, le famigerate "quattro pere" invece le hanno già rimediate lo scorso anno, all'Europeo dei grandi.
C'è abbastanza materiale e rabbia repressa per diagnosticare una furente vendetta.


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