Interessante intervista del Faraone El Shaarawy, che parla di sè e del mercato rossonero a 360 gradi. Queste le sue parole alla Gazzetta dello Sport:
Il ritmo dei gol è calato, ma la cresta è sempre più alta. Merito degli estri del parrucchiere Sebastiano e soprattutto del temperamento di Stephan El Shaarawy, uno che non si abbatte facilmente. «Non è una vita che non segno. Sono due partite, quattro in campionato, ma in mezzo c'è stato il gol in coppa Italia alla Juve. Quindi sono due». Così, deciso. Coi capelli dritti. «Con la cresta arrivo a un metro e ottanta». E senza? «Non lo so». Il problema è che fa proseliti al Milan. Le piace la pettinatura di Niang? «Ah, io non c'entro nulla. Si è presentato con quella stella sotto la cresta...Boh». Come giocatore Niang le piace? «E' bravissimo, si sta integrando in fretta e in allenamento fa vedere grandi cose. Mi ricorda un po' Balotelli, per la forza che ha. Niang ha solo diciotto anni, ma ha una forza fisica impressionante». Balotelli è un suo pallino: vorrebbe riportare un po' di follia a Milanello? «E' la società che decide quali sono i calciatori che possono arrivare. Posso solo dire che Mario è un giocatore di altissimo livello, che in nazionale con lui mi sono trovato molto bene, e che non penso proprio che sia folle». Di Kakà che cosa pensa? «E cosa devo pensare? Era il mio idolo, lo è sempre stato. Da ragazzino sognavo semplicemente di incontrarlo. Mi interessava come giocatore ma anche come uomo, perché mi sembrava una persona buona, proprio come me. Mi identificavo in lui». E quando lo ha incontrato a New York? «Quando l'ho incontrato in quella amichevole gli ho chiesto la maglia, e quando se l'è sfilata e me l'ha data per me è stata un'emozione fortissima. Kakà era esattamente come me lo ero immaginato: una persona positiva oltre che un campione». Arrivi, probabili arrivi e partenze. Le manca Pato? «Mi dispiace che se ne sia andato. Poteva fare ancora tanto per il Milan». Una volta Pato ha detto: "El Shaarawy farà meglio di me. E' stato buon profeta? «Speriamo. Per ora non ho certo fatto più di lui al Milan». Per un certo periodo è andato di moda il paragone Sheva-El Shaarawy. Lei che ne dice? «Forse era una questione di numero di gol, perché nella prima parte della stagione ne ho fatti tanti. Ma come caratteristiche tecniche mi rivedo di più in Kakà». Quindi inutile prenderlo, sarebbe un doppione. «Ah no, Kakà potrebbe dare tanto al Milan». A proposito di giovani e vecchi, è vero che Gattuso la rimproverava perché stava troppo in palestra? «Io ci andavo solo per lavorare sul quadricipite dopo l'infortunio. Certo, ogni tanto lavoravo anche per rinforzare la parte superiore del corpo, ma nessuno si è mai lamentato». Adesso si parla già di flessione di El Shaarawy, ma il girone d'andata è stato sorprendente: quali fattori hanno favorito la sua crescita immediata? «Primo, la fiducia dell'allenatore. Anche ora mi dà sicurezza, mi dice: "pensa a come giochi, il gol arriverà". E ho sempre avuto anche la fiducia dei compagni e della società. Secondo fattore, l'esperienza dell'anno scorso. Non tanto la partita, ma i ritmi dell'allenamento e la convivenza con tanti campioni, che mi hanno fatto maturare mentalmente». Terzo fattore? «La presenza costante dei miei genitori, di mio fratello, del mio procuratore. Mio padre ha cambiato lavoro per seguirmi. Sono sempre con me, e per un giovane è fondamentale». Visto che si è messo in pausa, prema il rewind e ci elenchi i gol preferiti della stagione. «Il gol all'Udinese, quello segnato a Bruxelles all'Anderlecht e quello segnato al Genoa. Speciale, perché era il giorno del mio ventesimo compleanno. E soprattutto il gol allo Zenit. Bello e importante, perché era un momento complicato per la squadra». I momenti peggiori forse sono passati, ma il terzo posto è ancora lontano. «Io ci credo. Ci credevo quando eravamo undicesimi, figuriamoci ora...». Visto che è un collezionista, ha già pensato a chiedere la maglia a Messi? «Prima fatemi giocare contro il Barça...». Beh, a detta di quasi tutti è più o meno un'amichevole: risultato scontato «Io e i miei compagni non la vediamo così. Si parte da zero a zero e siamo 11 contro 11. Non sarebbe la prima volta che il Barça parte strafavorito e viene battuto dal Milan». Allude alla finale del 1994? Ma lei era praticamente appena nato... «Sono giovane, ma so abbastanza di calcio per dire che le partite vanno giocate. Noi non molliamo niente».
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