Si è fatto un gran parlare della nuova Serie A, di come i campioni approdati nel Bel Paese spostino gli equilibri e rendano la vita difficile alla Juventus di Conte. Sarà così o viceversa i bianconeri sono ancora un passo avanti a tutti? Difficile dirlo su due piedi, ma il mio amico e collega Alan Bisio (Fantagazzetta.com ndr) fa una lucida ed inaspettata analisi del campionato che verrà, ricordando le sette sorelle e sognando i vecchi fuochi d'artificio di inizio maggio.
Tanto valeva addormentarsi quel 5 maggio dopo il rigore di Arturo Vidal al Palermo. Risvegliandoci solo stasera, 3 mesi dopo, ci sentiremmo solo un po' destabilizzati per la pseudo-cresta dell'arbitro Rocchi, per quel '10' sulle spalle di Tevez, o forse per Conte che chiama Ravanelli per complimentarsi dopo il pari strappato al Parco dei Principi, anzi, sicuramente per Cavanda, in campo con la maschera di Predator. Dovevano partire alla pari, doveva essere una partita equilibrata, (Klose) doveva segnare il primo gol a Buffon, (Marchetti) doveva minare le certezze di Prandelli, (Petkovic) doveva aprire un ciclo, doveva essere la stagione della rinascita della Serie A, irrorata dall'entusiasmo portato dai Top Player sbarcati in pompa magna nello Stivale, doveva.
S'era tanto parlato del pessimo pre-campionato bianconero fatto di pareggi, mancanza di fame, sconfitte ai rigori firmate Carrizo, figuracce coi Galaxy, manco fossero i Galacticos, toh. Sarebbe stato meglio sì, dormire, senza leggere ogni maledetto giorno di Thohir, Honda, delle critiche a Conte per quell'ultimo posto in Guinness Cup e le diatribe su Cina, San Siro, Olimpico, Usa, il pallone lo porta Lotito, o gol o rigore, Buffon che dice a Mauri 'non puoi giocare, la palla non è mia'. Dormire e puntare la sveglia al primo gol ufficiale 2013/14, senza bestemmiare per la cessione di quell'animale da fantacalcio che è Osvaldo al Southampton, senza scoprire che al Milan gioca un terzino '96 che di cognome fa Galliani ed ha origini russe, giusto in tempo per godersi Pogba, perché a 20 anni vinci un Mondiale da capitano e un mese dopo segni il gol decisivo in Supercoppa, très facile. Sbadigliando, ci saremmo ricordati le formazioni dell'ultimo Lazio-Juventus, praticamente invariate rispetto a quelle di stasera, solo un argentino nuovo per parte: l'Apache sotto la Mole, Lucas Biglia (mi raccomando, Big-li-a) al Colosseo.
Accendere la tv ripescando il telecomando sotto al cuscino, vedere l'Inter contro il Cittadella (sarà un'amichevole estiva), il Barça che vince ancora coi gol di Messi, ampiamente oltre l'1 con handicap, Casillas sempre in panchina, eppure Mourinho è a Stamford Bridge, ancora? Mah, riecco le sgroppate di Candreva e Lulic, sono sempre all'Olimpico, dove dal minuto 52 al 57 la Lazio pare essersi svegliata la mattina del 6 agosto '45 a Hiroshima, bombardata dai sali-scendi di Liftsteiner, migliore in campo per distacco, dalla gorillata di Chiellini che fa il Llorente e dal sigillo del nuovo acquisto, abituato ai successi d'agosto dopo le Community Shield arraffate a Manchester. La smorfia di Marchetti vale più di mille highlights. Sono quattro gol, stropicciamoci gli occhi gonfi, eguagliato il parziale più ampio in Supercoppa, bissato il poker di un anno fa al Napoli, quando a segnare toccò ad Asamoah, Vidal e Vucinic. Proprio non è cambiato nulla, tanto valeva addormentarsi quell'11 agosto 2012, sempre che Higuain e Gomez...
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