Serbia-Croazia non è e non sarà mai una partita come le altre. Troppo forti le motivazioni politico-ideologiche per non trasformare una partita di calcio in una vera "guerra" sportiva, con tanto di risse, espulsioni e scontri sugli spalti.
Il tutto è iniziato ovviamente negli anni'90, quando le due nazioni sono entrate in guerra. I croati volevano l'indipendenza, Belgrado non voleva lasciare le belle coste dell'Adriatico.
Così, la partita di calcio si è trasformata nel giro di pochissimo tempo, il simbolo dell'orgoglio nazionale. Ancora oggi, che le cose sembrano andar meglio, è difficile pensare ad una sfida giocata a Belgrado o a Zagabria che non termini con tafferugli, risse ed espulsioni. La partita di ieri non ha ovviamente fatto eccezione, con il doppio rosso a Matic e Simunic.
Io, che da mesi scrivo per un calcio bello e con valori, sono rimasto allibito. Non tanto per i rossi o per il nervoso, quanto per il fallo assassino del croato Simunic. Un intervento scriteriato e sconsiderato, degno di un vero e proprio killer.
Eppure, sembra quasi normale questa perebbe lotta fra le due nazioni, nata ideologicamente dal fanatismo di due tifoserie al limite dell'organizzazione para-militare. Dal sito partner "prossimi campioni", ecco un resoconto sulle più terrificanti e temibili tifoserie serbo-croate, con tanto di riferimento a quella notte del 13 maggio 1990, quando la situazione stava degenerando.
Croazia e Serbia, due Paesi dalla lunga e gloriosa tradizione calcistica, ma segnata dal fanatismo dei loro tifosi. Si autodefiniscono eroi e in tempi passati quando hanno abbandonato le tribune degli stadi per darsi battaglia al fronte sono stati “combattenti per la libertà”. Oggi vivono separati, non giocano più nello stesso campionato e raramente si incontrano in Europa, ma nonostante la lontananza e le differenze culturali gli esponenti ultras di entrambi i Paesi hanno molte caratteristiche in comune.
I due gruppi più famosi della Croazia sono la “Torcida” dell’Hajduk Spalato che detiene anche il primato come gruppo più antico d’Europa e i “Bad Blue Boys” della Dinamo Zagabria, la squadra più titolata del Paese.
Tra i loro vicini serbi i più noti sono i “Grobari” o becchini del Partizan, il gruppo più numeroso, e i “Delije” o eroi della Stella Rossa, coloro che hanno maggiormente fatto parlare di se durante la Guerra d’Indipendenza.
Torcida:
Come già detto sono il gruppo organizzato più antico d’Europa, nati nel 1950, hanno sempre seguito e sostenuto il loro glorioso club. Vengono da Spalato, città tipicamente adriatica con molte influenze veneziane, si possono fregiare di una lunga storia di scontri, risse e battaglie.
Il gruppo si è costituito dopo la partita del 28 ottobre 1950 contro la Stella Rossa quando alcuni tifosi, per sostenere al meglio la squadra, hanno organizzato imponenti coreografie nello stile dei brasiliani durante la Coppa del Mondo giocata pochi mesi prima proprio nel Paese del Samba.
Da allora in poi la storia della Torcida ha iniziato sempre di più a macchiarsi di violenza:
Nel 1961 aggrediscono un arbitro per aver negato il rigore del possibile pareggio nella partita contro l’FK Sarajevo.
Nel 1966 dopo una sconfitta presi dalla rabbia demoliscono un intero settore dello stadio.
Durante gli anni ’70 si scontrano ripetutamente contro le forse dell’ordine, come quando nel 1974 costrinsero la polizia ad evacuare l’intero stadio.
Nel 1984 in occasione di un match contro il Tottenham un tifoso in campo uccise e macello un gallo, simbolo della squadra londinese.
Nel 1988 vengono estromessi per tre anni dalle competizioni europee dopo alcuni violenti scontri a Marsiglia.
Nel 1990 invadono il campo di gioco cercando lo scontro con la tifoseria del Partizan.
Dopo la fine della guerra, con la conseguente indipendenza della Croazia e la nascita del Campionato Nazionale i loro scontri si concentrarono soprattutto contro gli storici rivali della Dinamo Zagabria.
Nel 2000 alcuni tifosi della squadra di Zagabria lanciarono fumogeni contro i normali tifosi dell’Hajduk, visto che il settore della Torcida era fuori dalla loro portata. Questi raggiunsero il settore vicino ai tifosi capitolini cercando di abbattere le barriera al fine di invaderli ed attaccarli. Il bilancio finale è stato di oltre cento feriti, 98 arresti e chiaramente la sospensione della partita.
Il 2001 li vide protagonisti di un violento scontro con la polizia, quando ruppero le recinzioni invadendo la pista di altetica per attaccare in massa i poliziotti. Le forze dell’ordine risposero con gli idranti ricacciando i tifosi sugli spalti ma lo scontro si spostò in seguito nel centro della città.
I sostenitori della Torcida sono regolati da un loro statuto interno, ma è strano sapere che la proprietà della maggioranza delle quote dell’organizzazione appartiene all’Hajduk stesso che le ha acquisite tramite contributi volontari, donazioni, sovvenzioni, sponsorizzazioni e altri mezzi in conformità alla legge.
La rivalità storica della Torcida è con i tifosi dei Bad Blue Boys della Dinamo Zagabria, che da vita all’incontro più atteso e pericoloso della stagione. Raramente un incontro tra queste due compagini si è concluso senza scontri o arresti.
Bad Blue Boys:
La differenza di ambiente tra Spalato e Zagabria si nota subito, Zagabria è la capitale, una città cosmopolita di ottocento mila abitanti all’interno del Paese. Estremamente diversa dal porto di mare ed incontro di culture che è Spalato.
Il gruppo organizzato della Dinamo nasce nel 1986 prendendo spunto per il nome dal film di Sean Penn “Bad Boys” a cui viene aggiunto Blue, il colore della squadra. Basandosi su due semplici regole: Sostieni la squadra per novanta minuti e se necessario battiti, si sono fatti conoscere fin da subito. Durante gli anni ’90 gli scontri con gli altri tifosi e la polizia erano all’ordine del giorno, ma nel frattempo acquisirono anche la forza interna necessaria per opporsi o contrastare alcune scelte della Dinamo. Come quando l’allora Presidente Tuđman decise di cambiare nome al club e per tutta risposta trovò un intero settore dello stadio (quello dove aveva il suo posto) ridotto in cenere.
ersino quando non sono contenti del gioco espresso lo fanno capire ai giocatori sfasciandogli le auto o tirandogli qualche pugno. Una volta alcuni di loro entrarono di nascosto al centro di allenamento per rubare magliette e pantaloncini visto che, a loro dire, i giocatori erano indegni di portarli.
Nel 2000 furono protagonisti di un violento scontro a Milano prima di una partita con il Milan il cui bilancio fu di una cinquantina di arresti e altrettanti feriti da entrambe le parti.
Come già accennato la rivalità maggiore è con i tifosi dell’Hajduk, ma il risentimento nei loro confronti è nulla rapportato all’odio di entrambi per i loro vicini serbi, maturato durante la Guerra Civile.
Nel maggio del ’90 la Jugoslavia era sull’orlo della guerra per gli impulsi nazionalistici di Croazia e Serbia. In questo clima di tensione e con la situazione sul punto di degenerare bisognava giocare la sfida più attesa: Dinamo Zagabria – Stella Rossa.
I gruppi ultras di entrambe le tifoserie arrivarono allo stadio preparati e armati: acido per sciogliere le recinzioni, pietre, spranghe di ferro e quant’altro. Ad un certo punto la violenza esplose scatenando una battaglia spinta dall’odio e dal nazionalismo, non si trattava più di una partita di calcio tra Dinamo e Stella Rossa, e neanche di uno scontro tra Bad Blue Boys e Delije, era una battaglia fra Croazia e Serbia.
Si respirava un clima di tensione già prima che iniziasse l’incontro, tutti si aspettavano ed erano pronti al peggio.
Durante la partita i tifosi della Stella Rossa divelsero i seggiolini ed iniziarono a lanciarli in direzione dei tifosi croati mentre quelli della Dinamo abbattevano le recinzione per riversarsi in campo. Ad un certo punto si trovarono addosso la Polizia, ed in un primo momento riuscirono a metterla in fuga, ma poi i poliziotti, in maggioranza serbi, si accanirono contro i tifosi croati, uno di loro aggredì un giovane riverso a terra e ciò scatenò l’ira del capitano della Dinamo, Zvonimir Boban, che lo colpì con un calcio al fine di proteggere il tifoso. Questo fu un momento simbolico, sono molti a ritenere il calcio di Boban come l’inizio della fine della Jugoslavia.
Il combattimento terminò solo a notte inoltrata provocando ingenti danni sia all’impianto di gioco che ai quartieri limitrofi e un bilancio di 138 feriti e 147 arresti. Lo stesso Boban rischiò la galera ma alla fine ebbe solo una sospensione di sei mesi e la non convocazione per i Mondiali di Italia ’90.
Un anno dopo le parti entrarono ufficialmente in guerra, calci e pugni vennero sostituiti da proiettili e granate, e gli stessi ultras indossarono la divisa e sfogarono il loro odio in una guerra vera durata quattro anni che ha provocato oltre 15.000 vittime, decine di migliaia di sfollati e profughi e la separazione di Croazia e Serbia in due diversi Paesi.
Per far capire il livello di coinvolgimenti degli ultras in questo conflitto ci sono due memoriali a testimoniare la loro presenza al fronte, uno fuori lo stadio Maksimir che raffigura i militi della Dinamo, uno fuori la sede della Torcida, nel pieno centro cittadino di Spalato.
L’odio provato dai tifosi croati per i serbi è ricambiato dalla loro parte, le due tifoserie dei Grobari e dei Delije (rispettivamente del Partizan e della Stella Rossa) sono unite dall’avversione nei confronti della Croazia prima di essere separate dall’odio che provano nei confronti gli uni degli altri.
Grobari e Delije:
In un ambiente, Belgrado, estremamente diverso da quello di Zagabria per non parlare di Spalato, di fatti la capitale serba è la tipica città dell’est europeo, hanno sede i due più numerosi gruppi ultras della Serbia e forse degli interi Balcani. Le due organizzazioni hanno sede una vicina all’altra e ogni occasione è buona per affrontarsi. Essi di fatto definiscono Belgrado una città senza regole dove sono loro a comandare.
I becchini del Partizan si formarono negli anni ’70 iniziando a seguire in massa i bianconeri sia alle partite nel Campionato Jugoslavo che in Europa. Infatti detengono un triste record di scontri in 25 partite europee su 36, e solo questo dato basterebbe a rendere l’idea del loro temperamento.
Nel 1999 lanciarono un razzo nel settore dello stadio occupato dai supporters della Stella Rossa ferendo a morte un giovane tifoso.
Nel 2000, in occasione di un nuovo scontro tra le due parti, centinaia di ultras diedero vita a una vera e propria battaglia sul campo della Stella Rossa e i Delije sfregiarono in volto il tecnico del Partizan.
Gli scontri tra tifosi vengono esportati dallo stadio di calcio al palazzetto di basket, dove entrambe le società hanno un team con un’ottima tradizione. Nel 2006 in un derby scoppiarono incidenti sugli spalti, la polizia caricò i tifosi della Stella Rossa e cento di loro si ferirono cadendo dalle scale.
Durante la guerra civile entrambi i gruppi hanno abbandonato gli spalti per andare al fronte, alcuni di loro erano al servizio di Arkan, leader para-militare, criminale di guerra incriminato dall’ONU per crimini contro l’umanità, includendo ruoli principali in genocidi e atti di pulizia etnica. Arkan era presente all’epoca della famosa partita tra Dinamo e Stella Rossa, era l’addetto alla sicurezza dei serbi e controllava gli “Eroi”. Negli anni ’90 era il leader assoluto e i ragazzi lo ammiravano per il suo coraggio provando sentimenti di vera adorazione. Arkan era un ultra-nazionalistà che durante la guerra costituì un gruppo para-militare sotto gli auspici del governo serbo, noto come “Le tigri”, reclutando direttamente dai Delije, e anche alcuni Grobari vi aderirono.
Alla vigilia della Guerra la Stella Rossa vinse la Coppa dei Campioni, con la scissione il livello complessivo dei due campionati scese di molto e c’è chi vorrebbe tutt’oggi una riunificazione in un campionato unico. Un’ipotesi del genere oltre che impraticabile sembra del tutto fuori da ogni concetto logico, basti pensare che durante un amichevole del 2003 in Svizzera tra Partizan e Dinamo ci furono violentissimi scontri in campo, o come magari all’Australian Open del 2007 a Melbourne oltre 150 tifosi croati e serbi vennero cacciati per rissa da un incontro di tennis.
Questi concetti esulano da una visione di calcio o situazione sociale che conosciamo. Solo chi vive in un determinato ambiente, con determinate convinzioni o influenze può capire i sentimenti che provano croati e serbi. La ferita della Guerra Civile è ancora aperta e ci vorranno molti anni per iniziare solo a parlare di una riconciliazione.
Noi vi lasciamo con un macabro aneddoto avvenuto negli anni ’80 quando il leader della Torcida venne invitato a Belgrado dai Grobari. Dopo aver alzato un po’ il gomito pare abbia detto qualche parola di troppo, i tifosi del Partizan lo portarono sulla tomba di uno dei loro miti intimandogli di baciarla al fine di umiliarlo. Lui si rifiutò e il capo dei becchini lo violentò su quella stessa tomba.
George Orwell disse: “Lo sport è come la guerra, ma senza sparatorie”, in Croazia e Serbia ci sono state anche quelle.
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