Il panzer buono. Oliver Bierhoff, ancor prima di essere un grande calciatore, è stato un uomo tutto d'un pezzo e uno sportivo correttissimo.
Il colosso teutonico, 191 cm e 90 kg di pura potenza, nasce a Karlsruhe il 1° maggio 1968, crescendo calcisticamente nel Bayer Urendingen. Con la squadra renana il giovane Oliver debutta in Bundesliga, guadagnandosi nel giro di un paio di stagioni la chiamata dell'Amburgo.
In Germania si fa le ossa, ma è nella vicina Austria che si afferma come bomber di razza. Nel 1990, giusto dopo la vittoria del Mondiale da parte della sua Germania, Bierhoff sigla 23 reti in 32 presenze con la maglia dell'Austria Salisburgo. Il giovane centravanti piace, sa fare reparto e vede la porta come pochi giovani, così le squadre italiane iniziano ad interessarsi a lui. La più lesta ad assicurarselo è l'Inter, che lo acquista e lo gira in prestito all'Ascoli, con cui Bierhoff giocherà quattro stagioni, di cui solo una in massima serie.
Il primo anno, con un Ascoli disastrato, mette a segno solo due reti. L'Inter se ne "sbarazza" e in bianconero, com'era prevedibile, Bierhoff esplode. Con 46 reti in tre anni, l'Udinese decide di puntare su di lui per il suo attacco, e fa bene. A Udine, indossando sempre una casacca bianconera, Bierhoff si conferma come un attaccante di razza.
Specializzato nel colpo di testa, mette a segno goal a raffica. La stagione della svolta è il 1997-98, quando riesce a laurearsi capocannoniere in uno dei tornei più ricchi di campioni: Ronaldo, Batistuta, Del Piero, Baggio, Inzaghi, Montella, Crespo. Tanto per fare solo alcuni nomi.
Eppure Oliver Bierhoff, in coppia con Marcio Amoroso, alza le braccia al cielo 27 volte in 32 partite giocate, un numero rimpolpato ulteriormente dai 2 centri in 4 presenze europee con la maglia friulana. Come spesso capita, dopo anni passati in sordina, Bierhoff viene conteso a suon di miliardi dalle grandi del nostro campionato. Alla fine è il Milan ad aggiudicarselo, scucendo all'Udinese la bellezza di 25 miliardi di lire per accontare Alberto Zaccheroni, il tecnico con cui è cresciuto e con cui si laureerà campione d'Italia.
Con il Diavolo non perde il vizio di segnare a raffica, sfruttando i cross della premiata ditta Helveg-Guly, non proprio due piedi finissimi.
Con 19 reti è il cannoniere principe del Milan, e nuovo idolo dei tifosi. Il suo sodalizio con i colori rossoneri, però, si spezza più in fretta del dovuto. Dopo appena tre stagioni, infatti, Bierhoff viene accantonato in favore dell'ucraino Andriy Shevchenko, ormai unica vera star dello scacchiere offensivo rossonero.
Valigie in mano, si traferisce al Monaco di Abidal, Giuly e Jugovic. Con i francesi non vive una stagione esaltante, svincolandosi a fine anno per chiudere la carriera nel Bel Paese. E' il Chievo Verona a dargli l'occasione di fare il suo "canto del cigno", realizzando le ultime 7 reti in Serie A.
Fortissimo nel gioco aereo e destro naturale, Bierhoff aveva una potenza innata. Non ho mai visto nessuno colpire di testa con tanta forza e precisione, diventando un giocatore indispensabile per i suoi club e per la Nazionale. Con la maglia della Germania, infatti, non solo si laurea Campione ad Euro96, ma realizza anche il goal decisivo nei tempi supplementari.Con un sinistro di collo, infatti, trafigge il portiere ceco con il golden goal che vale il titolo ai tedeschi, relegando Nedved e compagni ad un amaro secondo posto.
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