Ricordo bene un ragazzo biondo, mancino, con il goal nel sangue. Aveva una particolarità che spiccava su tutte, calciava rigori e punizioni senza bisogno di prendere alcuna rincorsa. Era capace di imprimere una forza e una traiettoria perfette al pallone, senza alcuno slancio in velocità. Il suo nome, ovviamente, è Giuseppe Signori, attaccante meraviglioso e calciatore di intelligenza tattica superiore.
Cresciuto calcisticamente nelle giovanili dell'Inter, Signori non ha occasioni di debuttare con i nerazzurri meneghini, che preferiscono puntare su altri cannonieri a metà anni '80. Capita così che Beppe, lombardo dal sinistro fatato, sale alla ribalta delle scene italiane con la maglia rossonera. Non parlo del Milan, ma del Foggia di Zeman. Una squadra meravigliosa, una delle più belle degli ultimi 30 anni di calcio.
Signori è il terminale offensivo di una squadra che sbalordisce l'intero paese con le sue giocate rapide e veloci. Il credo ultraoffensivo di Zeman è basato su un tridente meraviglioso, composto da Signori appunto e dalla coppia Baiano-Rambaudi. I tre fanno impazzire le difese dello Stivale, portando in alto il Foggia e dando a Signori, Zeman e Rambaudi il pass per il grande calcio.
La Lazio, infatti, porta tutti e tre a Roma, e la scelta si rivela azzeccata. Signori diventa ben presto l'idolo indiscusso della curva biancoceleste e bomber principe del campionato italiano. In tre anni consecutivi mette a segno qualcosa come 73 reti in Serie A, conquistando per tre volte consecutive il titolo di capocannoniere.
Nonostante la facilità con cui va in rete, Sacchi gli preferisce Baggio, Vialli e Casiraghi nella sua Nazionale. A Usa '94, quindi, Signori si trova costretto a giocare esterno di sinistra, agendo lontanissimo dalla porta. In semifinale con la Bulgaria il grande rifiuto. Sacchi lo chiama, gli parla e gli propone di giocare da esterno. Signori, bomber di razza, rifiuta. Beppe si gioca così non solo la semifinale, ma anche la finalissima con il Brasile di Romario e Bebeto, laddove il suo apporto sarebbe stato di grande aiuto.
Con un Baggio a mezzo servizio ed un caldo asfissiante, Signori sarebbe potuto essere il giusto grimaldello per scardinare la difesa verdeoro, ma al suo posto giocò Daniele Massaro. Il milanista, oltre ad una prova incolore, sbagliò anche uno dei rigori che condannarono l'Italia a guardare Dunga e compagni alzare al cielo la Coppa del Mondo.
Con un Baggio a mezzo servizio ed un caldo asfissiante, Signori sarebbe potuto essere il giusto grimaldello per scardinare la difesa verdeoro, ma al suo posto giocò Daniele Massaro. Il milanista, oltre ad una prova incolore, sbagliò anche uno dei rigori che condannarono l'Italia a guardare Dunga e compagni alzare al cielo la Coppa del Mondo.
Proprio i rigori erano l'arma in più di Signori, capace di realizzarli praticamente tutti. I tiri da fermo, punizioni comprese, erano una specialità della casa. Piede destro appiccicato il pallone e sinistro leggermente indietro, pronto a sferrare una saetta verso la porta.
Attaccante completo e dalla tecnica sopraffina, Signori non si può descrivere solo come uno specialista dei calci piazzati. In grado di fare reparto da solo, aveva dribbling e senso del goal. Lo sanno bene a Foggia e a Roma, ma anche a Bologna, dove Beppe Signori chiude di fatto la carriera. A fine anni '90 eredita la numero 10 di Roberto Baggio, il suo alterego nazionale e la sua "maledizione". Signori, da par suo, risponde trascinando i rossoblu per anni, andando costantemente in doppia cifra.
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