Esperto di Calcio

12 agosto 2013

Storie di calcio: Paolo Montero

Paolo Montero ed Edgar Davids, 5 maggio 2002
Stavo cercando lo spunto per un bel pezzo, su quel tipo di calcio che tanto mi manca. Da (ormai ex) difensore ruvido ed arcigno, ho lasciato il cuore sul pezzo dell'amico Alan Bisio, di Fantagazzetta. Il mio carissimo collega ha regalato un pezzo favoloso ad uno dei giocatori che più mi hanno emozionato, Paolo Montero. Solo un bianconero può apprezzarlo e non potrà mai dimenticarlo, ecco perchè ho deciso di riprendere il pezzo di Alan. Eccolo in tutto il suo splendore, tagliarlo sarebbe stato un delitto:

Io sono un duro però sono giusto, diceva l'Hartman di Full Metal Jacket, che infatti fece una brutta fine. Il paragone, un po' azzardato, ci rimanda al calciatore dell'odierno Memento: figlio... d'arte (il signor Julio Castillo ha disputato due campionati del mondo prima di finire a Milano a vendere birre e panini su un furgone per divertimento), esemplare mancino di zaguero central latino sotto il metro e ottanta, fisico rivedibile, ma gran senso della posizione, anticipo e piedi dolci, uno che quando giocava usciva palla al piede alla Hugo De Leon, e voleva solo vincere, non importa come. Maradona segna di mano contro l'Inghilterra? Fenomeno; Inzaghi si tuffa in area? Bravo lui. Per Paolo Rónald Iglesias Montero, il calcio è dei furbi, perché non è importante essere un esempio sul rettangolo verde, l'importante è esserlo nella vita, e Paolo il caldo, 83 ammonizioni e 22 rossi in carriera (recordman in Serie A), l'ha ampiamente dimostrato.



MANYA y DEA - Buoni voti a scuola, Pablito è innamorato del pallone, è il Penarol a svezzarlo e lanciarlo nel calcio che conta, mentre l'allenatore dei Carboneros, Luis Menotti, profetizza al giovane Montero un futuro alla Passarella. Nel 1992 arrivano le sirene italiane, è l'Atalanta a cercarlo complici gli ottimi rapporti tra il d.s. Previtali e l'allora entrenador degli Aurinegros. Maglietta della Lotto, manica lunga e capello riccio, Paolo sperimenta la Serie A a Bergamo allenato da Marcello Lippi, Guidolin e Mondonico. Ecco i primi 'vamos, vamos' prima di entrare in campo con la maglia della Dea, casacca che indosserà per quattro anni fatti di 114 incontriun golazoall'Ancona, un'Alfa Romeo 75 rossa, una finale di Coppa Italia persa contro Rui Costa e Batistuta, 30 gialli, 7 espulsioni e 15 giornate di squalifica. È quasi l'estate del 1996, manca un giorno alla finale di Champions League fra Juventus ed Ajax: capitan Vialli è dato per sicuro partente, ma la Signora ha già chiuso col Bordeaux perZinedine Zidane e Paolo Montero, quasi venticinquenne, promettente libero degli orobici. Saranno 9 le stagioni in bianconero, sempre indossando la mitica numero 4.

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Un giovanissimo Montero fronteggia Teddy Sheringham, 1995 (Getty Images)

JUVENTINITÀ E FOTOGRAFI - Nonostante la discutibile amicizia con qualche ultras del Torino, Paolo ammette d'essersi ammalato di juventinità sin da subito: 'sono diventato bianconero appena arrivato a Torino, mi sono reso conto quando odio ci fosse verso la Juventus dal resto delle tifoserie, così ho trasformato il loro odio in amore per la Juve, contro tutto e tutti e da allora, quella maglia, è diventata la mia corazza'. In bianconero vince praticamente tutto, tranne quella Champions League maledetta con ben tre finali perse giocate da titolare e persino un rigore sbagliato, parato da Dida nel 2003 a Manchester; la finale maledetta per eccellenza, più della doppietta di Riedle, più del fuorigioco di Mijatovic, anche perché giocata da terzino sinistro - avrei preferito giocare in porta, piuttosto - confesserà Montero. Spesso paragonato a Pasquale Bruno per la durezza degli interventi, Montero alla prima stagione in bianconero fa subito discutere: 13 ottobre 1996, l'immeritata sconfitta contro il Vicenza fa saltare i nervi, colpa di un fotografo, all'anagrafe Tranquillo Cortiana, che scatta qualche flash di troppo a Di Livio; Soldatinoreagisce e Montero non si fa pregare, gettando a terra il reporter causandogli, a leggere il referto medico, un ematoma dietro la testa, molto dolore alla schiena ed un braccio malandato, non male.

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Le tre finali di Montero contro i tre protagonisti, Shevchenko, Riedle, Mijatovic (Getty Images)

TE TIRO 'NA PIGNA - Preso di mira da Guida al Campionato ai tempi di Gene Gnocchi per l'eccessiva foga sul terreno di gioco (e neglio spogliatoi, chiedere a Toldo...), Paolo è entrato di diritto nel Fight Club del calcio. Le sue entrate decise hanno spesso stretto amicizia con le caviglie di Francesco Totti, le sue nocche hanno baciato le guance di Gigi Di Biago, i suoi gomiti hanno avuto rapporti non protetti con gli zigomi di Valerij Karpin (minuto 49.35 del video): quella sera di Uefa, con la qualificazione in bilico più che mai contro il Celta Vigo, Paolo fu cacciato per la gomitata di sinistro in pieno volto a Karpin davanti a guardalinee ed arbitro, con la Juve già in dieci uomini (fu espulso Conte). Disperazione? Macché, Paolo il caldo esce dalla bolgia del Balaidos zompettando come nella più classica delle corsette in rifinitura, sguardo tra il fiero e lo strafottente (come al quasi comico processo doping), bacio allo stemma della Juventus e mani parcheggiate a intervalli regolari sul pube, noblesse oblige.


I DURI HANNO DUE CUORI - La trasformazione di Montero, uomo vero, dal campo alla vita, è roba da far rabbrividire gente come il Dr. Jekyll e Bruce Banner: gli aneddoti, in parte raccontati dalla gustosa ed unica biografia del giocatore scritta Stefano Discreti ed Alvise Cagnazzo ("Montero, l'ultimo guerriero" - Bradipolibri, 2010), vanno dal tragico volo di Pessotto, quando Paolo molla tutto, prende il primo aereo dallUruguay e raggiunge il capezzale dell'ex compagno, alla fiaba senza lieto fine di Franco Ramallo. L'ex attaccante del Penarol, promesso al Torino per 14 miliardi nel 2001 e poi bidonato dalla dirigenza granata una volta giunto sotto la Mole senza soldi né casa, fu ospitato proprio da Pablo.  

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Montero nella partita fra vecchie glorie di Real e Juventus, qui con l'amico Zizou (Getty Images)

W (G)IULIANO, VIVA LAIN - Nonostante l'uruguagio dichiari di non esserci mai entrato, il flirt con la bella e provocante Sophiemassaggiatrice del Viva Lain, sembra cosa nota. Le serate più belle, però, le passa colplayboy Mark Iuliano (pronunciato Giuliano, come dall'ex cagliaritano Fabian O'Neill) e Zinedine Zidane al Murazzi a bere birra, qualche scazzottata in discoteca ogni tanto ed il ritorno a casa, in piena notte, dopo una partitella coi clochard in zona Porta Nuova che finiva sempre con un'abbondante elemosina od una distribuzione di biglietti per le gare della Juve al Delle Alpi, ovviamente in tribuna d'onore. Adesso Paolo Montero non gioca più, ha chiuso col calcio nel 2007, dopo un paio di stagioni tra San Lorenzo e Penarol.
Ora fa il procuratore col coetaneo Gustavo Mendez, ha sponsorizzato Emilio MacEachen al Parma ed il classe '88 Maximiliano Arias, detto Godzilla; del calcio giocato, più dei cartellini rossi, gli manca lo spogliatoio, ma si concede ancora le partite tra vecchie glorie, dove dimostra di non aver smarrito la voglia di vincere segnando anche un gol su assist di Pavel Nedved. Questo (e molto altro) era Paolo il caldo Montero, Terminator con carisma da vendere sul terreno di gioco, cuore grande e generoso fuori; diceva Ancelotti: "Paolo? Un galeotto mancato, ma con un suo codice d’onore"...

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