Esperto di Calcio

25 agosto 2013

Storie di calcio: Santiago Canizares

Volevo scrivere la storia di un portiere fra i più pazzi e sfigati che io ricordi. Saltare un Mondiale perchè il dopobarba ti taglia il tendine d'Achille è, dal mio punto di vista, il non plus ultra della scarogna.
Stavo approcciando la storia, poi ho scoperto che Elio Goka l'aveva già scritta sul portale Fantagazzetta, e non ho potuto non dar spazio al mio giovane amico e collega.
La sua storia è bella, ben scritta ed appassionante. Impossibile non leggerla!

Capelli ossigenati, schizzati in una pettinatura cyber punk affollata di vertigini. Sguardo allucinato, ma in fondo di bravo ragazzo, con gli occhi fissi come se da un momento all’altro dovessero verificare gli effetti di una burla, di uno scherzo da prete appena compiuto. Un sistema di assi cartesiani mezzo sgangherato dove è meglio non andare a fare i conti e dove è meglio non fissare un punto perché si rischierebbe di non ritrovarlo più al suo posto. L’aria goliardica e scanzonata di uno che è un incrocio di emotività, e che non ha disdegnato di elaborare, talvolta a sue spese, il buio e la luce dello scherzo, qualche volta pure a sua insaputa.

In fondo, carriera lunga e gloriosa, tra i pali del Real campione d’Europa di fine anni ’90 e del Valencia delle meraviglie targato Cuper e poi Rafa Benitez.
Eppure le sue elaborazioni della curiosità di lui dicono di ridicolo e di commozione, di grottesco e di maldestro, ma pure di spontanea umanità.

Con José Santiago Canizares Ruiz non si va per ordine. Per lui l’ordine delle cose non esiste, perché ogni volta che ha creduto di seguirne uno, un minuto dopo gli arrivava l’emendamento imprevisto che gli cambiava la legge guida dei fatti suoi.
A cominciare dalla sua carriera, piena di successi, sì, ma soprattutto piena di sterzate improvvise, nel bene e nel male. I primi anni vissuti nella provincia spagnola del Castilla, dell’Elche, del Merida e del Celta Vigo, prima di cominciare i tre lustri divisi tra la Casa blanca del Real Madrid e il Valencia ancora più bianco di gloria di principio millennio. Titoli a volontà, scudetti, coppe e supercoppe, Champions e nazionale.

Ma per l’allegria e la spensieratezza di José arriva presto l’antidoto che turba la sua figura teatrale. Finale di Champions League 2001, stadio Meazza in San Siro, Milano. Di fronte il Bayern di Oliver Kahn e il Valencia di Canizares, macchina quasi perfetta allenata da Cuper.
La partita è tesa e combattuta, equilibrata e tattica, a tratti noiosa. Si arriva ai calci di rigore e Oliver Kahn ipnotizza più di mezzo Valencia, para tre penalty e regala la coppa ai bavaresi.

Durante i festeggiamenti, Canizares scoppia in un pianto a dirotto che fa presto il giro del mondo. In ginocchio José piange e si dispera come un bambino. La sua chioma bionda rock è il cappello alla delusione. E, in quel momento, l’eroe della serata, il "generale" Kahn, accompagnato da alcuni calciatori del Bayern, si abbassa ad abbracciare Canizares consolandolo invece che pensare di festeggiare. La solidarietà del portiere, la comprensione di chi sa cosa si passa in quei momenti, prendono il sopravvento, e quell’improvvisa cartolina rifà il giro del mondo, al punto da valere a Kahn il premio fair play e a Canizares la corona di campione dal cuore tenero mascherato da pittoresco guascone.
Uno che ha ricevuto botte, testate, che ha fatto il muso duro con Ibrahimovic, intimorendolo come farebbe un Sayan scappato da un cartone animato per fondarsi in un Valencia - Inter ai ferri corti.



Ma la sfortuna del portiere spagnolo, nonostante i tanti successi, si accanisce nuovamente sul numero 1 del Valencia. Alla vigilia del Campionato del Mondo del 2002, José si infortuna nella maniera più singolare possibile. In bagno una bottiglietta di dopobarba gli casca sul piede procurandogli delle lesioni al tendine. Impossibile essere disponibile per il Mundial e Canizares deve restare a casa, a tifare Spagna in tv, la stessa Spagna poi scandalosamente danneggiata nella partita contro i raccomandati coreani.

Le poche soddisfazioni ottenute con la nazionale, gli vengono indennizzate dal grande palmares affollato di trofei tra Real e Valencia, e quando Canizares lascia il calcio, nel 2008 (guarda caso vincendo come suo ultimo trofeo la "Coppa del re"), al pallone inizia subito a mancare. Ma la sua vena imprevedibile non smette di far parlare di sé, anche quando, da “abile” debuttante nella storia di twitter, pubblica le foto osè della moglie nuda nella cabina della doccia. Un marito fotografo con l’inconscio da web reporter di ultima generazione insomma. Ma pure quello è alla Canizares.

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